BE NA BE sono tre sillabe che, nella lingua "sango" del Centrafrica, significano "cuore a cuore": un cuore che diventa tutt´uno con un altro.

L´Ex, quando si trovava nella diocesi di Bouar, per ventidue anni ha dato alle stampe un bollettino di collegamento tra le parrocchie: TEGNBI = "stare assieme" (36 numeri). Ritornato in patria nel 2003, ebbe la nostalgia di continuare quel giornalino trasformandolo in BE NA BE, rimasto al di sopra di ogni razza e continente.

Al lettore attento non sfugge che lo stampato di strada ne ha fatta tanta, al servizio di tutti, come elemento di unità e di sostegno nelle difficoltà.

L´Ex del primo BENABE, con gioia e meraviglia, sente di non essere più solo e desidera annunciare, con la vita e le parole, che siamo tutti degli amati e sorretti – personalmente e assieme – dal Padre comune.

Lettore, vuoi venire con noi?


 Lo SPECCHIO

 Un infinito TESORO

 CALENDARIO 2025

 Pensieri Logici (1)

 E' TUTTA ROBA SUA!

 Tutto parla di Dio

 SEMPLICEMENTE

 Vuoi ascoltare la Voce di Dio?

 La vera crisi è l'anemia spirituale

 Padre Umberto Vallarino, 6/O9/1927, 27 Aprile 2O23

 9O* 6 Settembre 2O17

 Io sono: quando non sono!

 BUCO NERO

 72* del mio Sacerdozio, 17 Febbraio 2O23

 Di tutto un po´

 Ritorno alle origini

 Eccomi

 Preghiera del parco

 Il mistero del dolore

 70° del mio Sacerdozio, 17 Febbraio 2021

 I TRE FRATELLI VALLARINO

 MEGLIO TARDI CHE MAI

 SPRAZZI di vita missionaria

 Per il 91esimo compleanno

 In Centrafrica in un tempo che fu

 Per il 90° Compleanno

 LAUDATO SI'

 Le piante grasse dei Cappuccini

 Numero 72 - Maggio 2013

 Numero 71 - Marzo 2013

 Numero 70 - Febbraio 2013

 Numero 69 - Novembre 2012

 Numero 68 - Settembre 2012

 Numero 67 - Luglio 2012

 Numero 66 - Maggio 2012

 Numero 65- Aprile 2012

 Numero 64 - Febbraio 2012

 Numero 63 - Gennaio 2012

 Numero 62 - Novembre 2011

 Numero 61 - Settembre 2011

 Numero 60 - Agosto 2011

 Numero 59 - Luglio 2011

 Numero 58 - Maggio 2011

 Numero 57 - Marzo 2011

 Numero 56 - Febbraio 2011

 Numero 55 - Gennaio 2011

 Numero 54 - Dicembre 2010

 Numero 53 - Ottobre 2010

 Numero 52 - Settembre 2010

 Numero 51 - Agosto 2010

 Numero 50 - Luglio 2010

 Numero 49 - Giugno 2010

 Numero 48 - Aprile 2010

 Numero 47 - Marzo 2010

 Numero 46 - Febbraio 2010

 Numero 45 - Gennaio 2010

 Numero 44 - Dicembre 2009

 Numero 43 - Ottobre 2009

 Numero 42 - Settembre 2009

 Numero 41 - Agosto 2009

 Numero 40 - Luglio 2009

 Numero 39 - Giugno 2009

 Numero 38 - Maggio 2009

 Numero 37 - Aprile 2009

 Numero 36 - Febbraio 2009

 Numero 35 - Gennaio 2009

 Numero 34 - Dicembre 2008

 Numero 33 - Novembre 2008

 Numero 32 - Settembre 2008

 Numero 31 - Agosto 2008

 Numero 30 - Giugno 2008

 Numero 29 - Maggio 2008

 Numero 28 - Aprile 2008

 Numero 27 - Febbraio 2008

 Numero 26 - Dicembre 2007

 Numero 25 - Ottobre 2007

 Numero 24 - Agosto 2007

 Numero 23 - Giugno 2007

 Numero 22 - Aprile 2007

 Numero 21 - Febbraio 2007

Home - Cerca  
Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE Piazza San Pietro, Mercoledì 22 ottobre 2025

Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. IV. La Risurrezione di Cristo e le sfide del mondo attuale. 2. La Risurrezione di Cristo, risposta alla tristezza dell’essere umano

Cari fratelli e sorelle, buongiorno! E benvenuti tutti!

La risurrezione di Gesù Cristo è un evento che non si finisce mai di contemplare e di meditare, e più lo si approfondisce, più si resta pieni di meraviglia, si viene attratti, come da una luce insostenibile e al tempo stesso affascinante. È stata un’esplosione di vita e di gioia che ha cambiato il senso dell’intera realtà, da negativo a positivo; eppure non è avvenuta in modo eclatante, men che meno violento, ma mite, nascosto, si direbbe umile.

Oggi rifletteremo su come la risurrezione di Cristo può guarire una delle malattie del nostro tempo: la tristezza. Invasiva e diffusa, la tristezza accompagna le giornate di tante persone. Si tratta di un sentimento di precarietà, a volte di disperazione profonda che invade lo spazio interiore e che sembra prevalere su ogni slancio di gioia.

La tristezza sottrae senso e vigore alla vita, che diventa come un viaggio senza direzione e senza significato. Questo vissuto così attuale ci rimanda al celebre racconto del Vangelo di Luca (24,13-29) sui due discepoli di Emmaus. Essi, delusi e scoraggiati, se ne vanno da Gerusalemme, lasciandosi alle spalle le speranze riposte in Gesù, che è stato crocifisso e sepolto. Nelle battute iniziali, questo episodio mostra come un paradigma della tristezza umana: la fine del traguardo su cui si sono investite tante energie, la distruzione di ciò che appariva l’essenziale della propria vita. La speranza è svanita, la desolazione ha preso possesso del cuore. Tutto è imploso in brevissimo tempo, tra il venerdì e il sabato, in una drammatica successione di eventi.

Il paradosso è davvero emblematico: questo triste viaggio di sconfitta e di ritorno all’ordinario si compie lo stesso giorno della vittoria della luce, della Pasqua che si è pienamente consumata. I due uomini danno le spalle al Golgota, al terribile scenario della croce ancora impresso nei loro occhi e nel loro cuore. Tutto sembra perduto. Occorre tornare alla vita di prima, col profilo basso, sperando di non essere riconosciuti.

A un certo punto, si affianca ai due discepoli un viandante, forse uno dei tanti pellegrini che sono stati a Gerusalemme per la Pasqua. È Gesù risorto, ma loro non lo riconoscono. La tristezza annebbia il loro sguardo, cancella la promessa che il Maestro aveva fatto più volte: che sarebbe stato ucciso e che il terzo giorno sarebbe risuscitato. Lo sconosciuto si accosta e si mostra interessato alle cose che loro stanno dicendo. Il testo dice che i due «si fermarono, col volto triste» (Lc 24,17). L’aggettivo greco utilizzato descrive una tristezza integrale: sul loro viso traspare la paralisi dell’anima.

Gesù li ascolta, lascia che sfoghino la loro delusione. Poi, con grande franchezza, li rimprovera di essere «stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!» (v. 25), e attraverso le Scritture dimostra che il Cristo doveva soffrire, morire e risorgere. Nei cuori dei due discepoli si riaccende il calore della speranza, e allora, quando ormai scende la sera e arrivano alla meta, invitano il misterioso compagno a restare con loro.

Gesù accetta e siede a tavola con loro. Poi prende il pane, lo spezza e lo offre. In quel momento i due discepoli lo riconoscono… ma Lui subito sparisce dalla loro vista (vv. 30-31). Il gesto del pane spezzato riapre gli occhi del cuore, illumina di nuovo la vista annebbiata dalla disperazione. E allora tutto si chiarisce: il cammino condiviso, la parola tenera e forte, la luce della verità… Subito si riaccende la gioia, l’energia scorre di nuovo nelle membra stanche, la memoria torna a farsi grata. E i due tornano in fretta a Gerusalemme, per raccontare tutto agli altri.

“Il Signore è veramente Risorto” (cfr v. 34). In questo avverbio, veramente, si compie l’approdo certo della nostra storia di esseri umani. Non a caso è il saluto che i cristiani si scambiano nel giorno di Pasqua. Gesù non è risorto a parole, ma con i fatti, con il suo corpo che conserva i segni della passione, sigillo perenne del suo amore per noi. La vittoria della vita non è una parola vana, ma un fatto reale, concreto.

La gioia inattesa dei discepoli di Emmaus ci sia di dolce monito quando il cammino si fa duro. È il Risorto che cambia radicalmente la prospettiva, infondendo la speranza che riempie il vuoto della tristezza. Nei sentieri del cuore, il Risorto cammina con noi e per noi. Testimonia la sconfitta della morte, afferma la vittoria della vita, nonostante le tenebre del Calvario. La storia ha ancora molto da sperare in bene.

Riconoscere la Risurrezione significa cambiare sguardo sul mondo: tornare alla luce per riconoscere la Verità che ci ha salvato e ci salva. Sorelle e fratelli, restiamo vigili ogni giorno nello stupore della Pasqua di Gesù risorto. Lui solo rende possibile l’impossibile!

LEONE XIV