Il Cantico delle Creature

La tua preghiera per le vocazioni

E se tuo figlio ti chiedesse di diventare frate?

 

La tua preghiera per le vocazioni, e se tuo figlio ti chiedesse di diventare frate?

 

Questa mattina, durante la celebrazione dell´Eucaristia presieduta dal Custode generale fr. Mauro M. Gambetti presso l´altare della chiesa superiore della Basilica di San Francesco, i rispettivi Ministri e Custodi provinciali hanno ricevuto la professione temporanea nell´Ordine nostro dei novizi che hanno così concluso "l´anno della prova" presso il Sacro Convento. Nove nuovi frati che San Francesco chiama doni di Dio e fratelli. Oggi in occasione della professione dei voti di castità, povertà e obbedienza dei neo professi vi invitiamo a condividere la nostra gioia per questi nuovi frati e vi invitiamo a pregare per noi e per il loro cammino. ponendoci anche una domanda "provocatoria": e se uno dei nostri figli ci chiedesse di diventare frate o prete ... cosa gli risponderesti?




 

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Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE Piazza San Pietro, Mercoledì, 28 maggio 2025

SALUTO DEL SANTO PADRE LEONE XIV
AI CICLISTI DEL GIRO D’ITALIA
AL PASSAGGIO NELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO

Piazza dei Protomartiri Romani
Domenica, 1° giugno 2025

Buongiorno a tutti! Benvenuti in Vaticano!

È un piacere potervi salutare in questa ultima tappa del Giro d’Italia. Spero che per tutti voi sia veramente una giornata bellissima. Sappiate che siete modelli per i giovani di tutto il mondo. Tanto, veramente, si ama il Giro d’Italia e non soltanto in Italia. Il ciclismo è tanto importante, come lo sport in generale. Vi ringrazio per tutto quello che fate, e siate modelli davvero! E spero che, come avete imparato a curare il corpo, anche lo spirito sia sempre benedetto e che siate sempre attenti a tutto l’essere umano: corpo, mente, cuore e spirito. Che Dio vi benedica!

May God bless all of you on this last part of the Giro d’Italia. Congratulations to all of you and may you know that you are always welcome here in the Vatican, you are always welcomed by the Church which represents God’s love for all people.

And may the blessing of Almighty God, the Father, the Son and the Holy Spirit come upon all of you and remain with you forever.

Congratulations! Tanti auguri a tutti!

Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. II. La vita di Gesù. Le parabole. 7. Il samaritano. Passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione (Lc 10,33b)

Cari fratelli e sorelle,

continuiamo a meditare su alcune parabole del Vangelo che sono un’occasione per cambiare prospettiva e aprirci alla speranza. La mancanza di speranza, a volte, è dovuta al fatto che ci fissiamo su un certo modo rigido e chiuso di vedere le cose, e le parabole ci aiutano a guardarle da un altro punto di vista.

Oggi vorrei parlarvi di una persona esperta, preparata, un dottore della Legge, che ha bisogno però di cambiare prospettiva, perché è concentrato su sé stesso e non si accorge degli altri (cfr Lc 10,25-37). Egli infatti interroga Gesù sul modo in cui si “eredita” la vita eterna, usando un’espressione che la intende come un diritto inequivocabile. Ma dietro questa domanda si nasconde forse proprio un bisogno di attenzione: l’unica parola su cui chiede spiegazioni a Gesù è il termine “prossimo”, che letteralmente vuol dire colui che è vicino.

Per questo Gesù racconta una parabola che è un cammino per trasformare quella domanda, per passare dal chi mi vuole bene? al chi ha voluto bene? La prima è una domanda immatura, la seconda è la domanda dell’adulto che ha compreso il senso della sua vita. La prima domanda è quella che pronunciamo quando ci mettiamo nell’angolo e aspettiamo, la seconda è quella che ci spinge a metterci in cammino.

La parabola che Gesù racconta ha, infatti, come scenario proprio una strada, ed è una strada difficile e impervia, come la vita. È la strada percorsa da un uomo che scende da Gerusalemme, la città sul monte, a Gerico, la città sotto il livello del mare. È un’immagine che già prelude a ciò che potrebbe succedere: accade infatti che quell’uomo viene assalito, bastonato, derubato e lasciato mezzo morto. È l’esperienza che capita quando le situazioni, le persone, a volte persino quelli di cui ci siamo fidati, ci tolgono tutto e ci lasciano in mezzo alla strada.

La vita però è fatta di incontri, e in questi incontri veniamo fuori per quello che siamo. Ci troviamo davanti all’altro, davanti alla sua fragilità e alla sua debolezza e possiamo decidere cosa fare: prendercene cura o fare finta di niente. Un sacerdote e un levita scendono per quella medesima strada. Sono persone che prestano servizio nel Tempio di Gerusalemme, che abitano nello spazio sacro. Eppure, la pratica del culto non porta automaticamente ad essere compassionevoli. Infatti, prima che una questione religiosa, la compassione è una questione di umanità! Prima di essere credenti, siamo chiamati a essere umani.

Possiamo immaginare che, dopo essere rimasti a lungo a Gerusalemme, quel sacerdote e quel levita abbiano fretta di tornare a casa. È proprio la fretta, così presente nella nostra vita, che molte volte ci impedisce di provare compassione. Chi pensa che il proprio viaggio debba avere la priorità, non è disposto a fermarsi per un altro.

Ma ecco che arriva qualcuno che effettivamente è capace di fermarsi: è un samaritano, uno quindi che appartiene a un popolo disprezzato (cfr 2Re 17). Nel suo caso, il testo non precisa la direzione, ma dice solo che era in viaggio. La religiosità qui non c’entra. Questo samaritano si ferma semplicemente perché è un uomo davanti a un altro uomo che ha bisogno di aiuto.

La compassione si esprime attraverso gesti concreti. L’evangelista Luca indugia sulle azioni del samaritano, che noi chiamiamo “buono”, ma che nel testo è semplicemente una persona: il samaritano si fa vicino, perché se vuoi aiutare qualcuno non puoi pensare di tenerti a distanza, ti devi coinvolgere, sporcare, forse contaminare; gli fascia le ferite dopo averle pulite con olio e vino; lo carica sulla sua cavalcatura, cioè se ne fa carico, perché si aiuta veramente se si è disposti a sentire il peso del dolore dell’altro; lo porta in un albergo dove spende dei soldi, “due denari”, più o meno due giornate di lavoro; e si impegna a tornare ed eventualmente a pagare ancora, perché l’altro non è un pacco da consegnare, ma qualcuno di cui prendersi cura.

Cari fratelli e sorelle, quando anche noi saremo capaci di interrompere il nostro viaggio e di avere compassione? Quando avremo capito che quell’uomo ferito lungo la strada rappresenta ognuno di noi. E allora la memoria di tutte le volte in cui Gesù si è fermato per prendersi cura di noi ci renderà più capaci di compassione.

Preghiamo, dunque, affinché possiamo crescere in umanità, così che le nostre relazioni siano più vere e più ricche di compassione. Chiediamo al Cuore di Cristo la grazia di avere sempre di più i suoi stessi sentimenti.

LEONE XIV