Cronaca Bianca


"Con l´incontro Francesco-Kirill si realizza il sogno di Giovanni Paolo II"

Petr Humeniuk, responsabile internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre per la Russia, commenta lo storico evento

 

Patriarch_Kirill_of_Moscow

 

“Qui a Mosca vi è stata una risposta estremamente positiva all’annuncio dell’incontro, anche da parte dei media locali. Su Pervyj kanal, la principale emittente televisiva del paese, vengono trasmesse costantemente immagini di Papa Francesco”. Con queste parole Petr Humeniuk, responsabile internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre per i progetti nella Federazione russa, ha commentato la reazione nel paese al prossimo incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill.

 

La Fondazione pontificia sostiene in Russia sia la Chiesa cattolica che quella ortodossa e al tempo stesso finanzia progetti atti a promuovere il dialogo ecumenico. È stato Giovanni Paolo II a chiedere al fondatore di ACS, padre Werenfried van Straaten, di realizzare progetti anche a sostegno della Chiesa ortodossa russa. Un aiuto, iniziato nei primi anni Novanta e mai interrotto, che ha contribuito ad un avvicinamento tra Roma e Mosca.

 

“Questo incontro è per noi un ulteriore incentivo a continuare nella stessa direzione che seguiamo ormai da 25 anni – prosegue il responsabile ACS per la Russia -. Al tempo stesso vogliamo cercare nuove forme di collaborazione, sulla base dei nuovi orizzonti che si apriranno dopo il 12 febbraio e che riguardano da vicino entrambe le Chiese sorelle. Ad esempio la battaglia contro la persecuzione anticristiana e quella in difesa della famiglia”.

 

Secondo Humeniuk, che frequenta assiduamente la Federazione Russa ed ha stretti contatti con i rappresentanti locali di entrambe le Chiese, il motivo dell’improvvisa accelerazione nei tempi di organizzazione dell’incontro è stata proprio la situazione dei cristiani in Medio Oriente, come confermano le recenti dichiarazioni del Metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca.

 

“In una conferenza nella capitale russa – spiega il responsabile ACS – Hilarion ha parlato apertamente di genocidio dei cristiani in Medio Oriente e in Africa centrale ed ha espresso la necessità di una maggiore cooperazione tra le Chiese cristiane”.

 

Humeniuk ha avuto modo di seguire da vicino il processo che ha portato alla realizzazione del colloquio tra Papa Francesco e Kirill. “Si realizza un sogno che già Giovanni Paolo II aveva a cuore. Ci sono voluti molti anni e molto lavoro per realizzare questo evento, ma l’incontro non è mai stato in forse. Ogni volta che ne abbiamo parlato Hilarion mi ha sempre detto che la data si avvicinava ogni giorno di più”, conclude poi il responsabile ACS per la Russia.

 

Papa e Kirill

 

È un nuovo capitolo di storia quello che si scriverà il prossimo 12 febbraio, quando Papa Francesco incontrerà il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill a L’Avana, Cuba. Un incontro storico che era nel cuore di Benedetto XVI ma ancora prima di Giovanni Paolo II, senza però mai realizzarsi.

 

Ad annunciarlo, questa mattina, padre Federico Lombardi in Sala Stampa vaticana leggendo un comunicato congiunto della Santa Sede e del Patriarcato di Mosca, in cui si annuncia che: “Per grazia di Dio, Sua Santità Papa Francesco e Sua Santità, si incontreranno il 12 febbraio”. 

 

L’evento avrà luogo a Cuba, un “territorio neutro” – ha sottolineato Lombardi – dove il Papa farà scalo prima del suo viaggio in Messico, e dove il Patriarca sarà in visita ufficiale, invitato da Raul Castro nel maggio dello scorso anno, durante la sua visita a Mosca. Visita dopo la quale Kirill fece tappa a Roma e incontrò il Pontefice, dichiarando poco dopo alla stampa: “Se continua così potrei tornare alla religione cattolica”.

 

Non è chiaro se e quale ruolo abbia rivestito Castro per l’incontro; ciò che è certo è che l’appuntamento tra il Vescovo di Roma e il Vescovo della cosiddetta “terza Roma” (la seconda è Costantinopoli), comprenderà un colloquio personale presso una sala privata dell’aeroporto internazionale José Martí dell’Avana, e si concluderà con la firma di una dichiarazione comune. In programma anche uno scambio dei doni, al quale sarà presente Castro, e due brevi discorsi del Papa e del Patriarca.

 

“Non si tratta di testi con discorsi lunghi preparati”, ha spiegato Lombardi, “ma saranno espressione personale dei sentimenti per questa bellissima occasione”. Il portavoce vaticano ha inoltre ricordato ai giornalisti che “questo incontro dei Primati della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa russa è stato preparato da lungo tempo, almeno due anni; sarà il primo nella storia e segnerà una tappa importante nelle relazioni tra le due Chiese”.

 

Nel comunicato congiunto si legge infatti: “La Santa Sede e il Patriarcato di Mosca auspicano che sia anche un segno di speranza per tutti gli uomini di buona volontà. Invitano tutti i cristiani a pregare con fervore affinché Dio benedica questo incontro, che possa produrre buoni frutti”.

 

Secondo il programma, il colloquio tra Francesco e Kirill durerà un paio d’ore: dalle 14.20 fino alle 16. Come in un flashback, Raul Castro sarà ai piedi della scala dell’aereo papale per accogliere il Santo Padre sulla pista dell’aeroporto. Il presidente cubano accompagnerà poi Bergoglio nella sala privata per il colloquio – alla presenza di due interpreti da russo e spagnolo – con il Patriarca, che giungerà invece a Cuba l’11 febbraio.

 

Castro resterà fuori la porta per poi rientrare al momento dello scambio dei doni, della presentazione delle delegazioni e della firma dell’importante documento che sarà poi reso pubblico in diverse lingue. Un testo “ampio”, ha detto padre Lombardi, che secondo le prima dichiarazioni del portavoce della Chiesa ortodossa verterà principalmente sul tema della persecuzione dei cristiani nel mondo.

 

Il tutto dovrebbe esaurirsi in tre ore, al termine delle quali Castro riaccompagnerà il Papa all’aereo con il quale raggiungerà Città del Messico “nell’orario previsto”. L’incontro con Kirill, infatti, “non intaccherà minimamente il programma del Papa in Messico” ha spiegato Lombardi, sottolineando che la scelta di tenerlo a Cuba è nata, oltre che da esigenze logistiche, anche dal fatto che si trattasse di un luogo “neutro”, ma “significativo per le due parti”. L’isola caraibica, di fatto, oltre ad essere “un crocevia nel mondo di oggi e nei suoi sviluppi”, è anche “un luogo ben conosciuto alla Chiesa Ortodossa Russa ma anche alla Santa Sede”, dopo le visite di tre Papi dal 1998 a oggi (l’ultima di Francesco nel settembre 2014). 

 

Grande gioia per la notizia è stata espressa dal patriarca ecumenico Bartolomeo I che, appena informato, “ha manifestato la sua soddisfazione per questo abbraccio tra il capo della Chiesa cattolica e quello della comunità ortodossa più numerosa del mondo”. Si conta infatti – anche secondo gli ultimi dati del Cesnur – che da Mosca dipendano circa due terzi degli oltre 200 milioni di ortodossi nel mondo.

 

Dell’importanza di questo evento “si potrebbe parlare per ore” ha aggiunto poi Lombardi, ricordando come questo incontro “non è improvvisato”, ma “preparato da lungo tempo”. Da due anni circa dopo l’elezione di Bergoglio, anche se è da decenni che si lavora “per maturare possibilità concrete affinché questo avvenisse”.

 

Da quando, cioè, Giovanni Paolo II espresse come “sogno nel cassetto”, dopo il viaggio in Cina, di abbracciare il capo della Chiesa ortodossa russa. All’epoca di Wojtyla si era pensato anche di organizzare l’appuntamento in capitali europee “neutre” (tipo Vienna o Budapest), ha detto Lombardi; ma questo non avvenne mai anche perché alla base degli impedimenti c’erano alcune questioni spinose.

 

Prima fra tutte quella dell’uniatismo. È questa la denominazione comunemente usata per indicare le Chiese dell’Oriente europeo tornate in comunione con la Chiesa cattolica di Roma, tra il XV ed il XVI secolo, dette per questo motivo anche Chiese greco-cattoliche, proprio ad indicare la compresenza di obbedienza al Vescovo di Roma e l’utilizzo del rito di tradizione greca e costantinopolitana.

 

Sul tema Papa Bergoglio era già intervenuto rispondendo ad una domanda del corrispondente dell’agenzia russa Tass, durante il volo di ritorno da Istanbul nel novembre 2014. “Le Chiese cattoliche orientali hanno diritto di esistere, è vero”, aveva detto il Santo Padre, “ma l’uniatismo è una parola di un’altra epoca. Oggi non si può parlare così. Si deve trovare un’altra strada”. E se ora l’incontro si farà “evidentemente sui diversi punti sono stati maturati i termini giusti”, ha evidenziato padre Lombardi.

 

Nella succitata conferenza stampa, Papa Francesco aveva inoltre già paventato l’ipotesi di un incontro con Kirill. “Io – aveva dichiarato – gli ho fatto sapere e anche lui è d’accordo, c’è la volontà di trovarci. Gli ho detto: io vengo dove tu vuoi. Tu mi chiami e io vengo. E anche lui ha la stessa volontà”. “In questi ultimi tempi, con il problema della guerra (in Ucraina ndr), il poveretto ha tanti problemi lì, che il viaggio e l’incontro con il papa è passato in secondo piano”, aveva aggiunto il Pontefice,  “ma tutti e due vogliamo incontrarci e vogliamo andare avanti”. Un desiderio che oggi si realizza.

 

E a chi domandava la possibilità di una visita del Papa a Mosca, padre Lombardi ha risposto lapidario: “È la prima volta dopo secoli che il Papa incontra il Patriarca della Chiesa ortodossa russa. Io credo che la notizia sia abbastanza grossa, non ci erano riusciti per moltissimo tempo… Quindi prendiamo il nuovo, il bello e grande che c’è. Una volta che l’incontro si sarà svolto iniziamo a pensare al resto. Diamo tempo al tempo, lasciamo fare alla storia i passi necessari”.

 

 

Intervista al Patriarca Bartolomeo I

29 ottobre 2015

Intervista al Patriarca Bartolomeo I

 

 

 

 

 

Il video integrale dell’intervista rilasciata da Patriarca ecumenico di Costantinopoli dopo il conferimento del dottorato h.c. dall’Istituto Universiario Sophia a Loppiano.

 

 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
ALL'ARCIVESCOVO DI FIRENZE, 
GRAN CANCELLIERE DELL'ISTITUTO UNIVERSITARIO “SOPHIA”, 
IN OCCASIONE DEL CONFERIMENTO DEL DOTTORATO “HONORIS CAUSA” 
AL PATRIARCA ECUMENICO

SUA SANTITÀ BARTOLOMEO I

(Patriarca di Costantinopoli)

 

Em.mo 
Sig. Card. Giuseppe Betori 
Arcivescovo di Firenze 
Gran Cancelliere dell’Istituto Universitario “Sophia”

 

In occasione del conferimento del Dottorato honoris causa in “Cultura dell’Unità” a Sua Santità Bartolomeo I, Arcivescovo di Costantinopoli e Patriarca Ecumenico, da parte dell’Istituto Universitario “Sophia” di Loppiano, desidero assicurare la mia spirituale vicinanza e porgere un cordiale saluto a tutti i presenti.

 

Rivolgo un ricordo particolare all’amato fratello Bartolomeo, al quale rinnovo sentimenti di viva stima e di sentito apprezzamento, rallegrandomi per la presente iniziativa che, oltre a costituire un doveroso riconoscimento per il suo impegno nella promozione della cultura dell’unità, contribuisce favorevolmente al cammino comune delle nostre Chiese verso la piena e visibile unità, alla quale tendiamo con dedizione e perseveranza.

 

Nell’auspicare che l’Istituto Universitario “Sophia”, seguendo il carisma proprio del Movimento dei Focolari e aperto all’azione dello Spirito, continui a essere un luogo d’incontro e di dialogo tra culture e religioni diverse, assicuro il mio orante ricordo e, mentre chiedo di pregare per me, invio a tutti i presenti la mia Benedizione.

 

Franciscus PP

 

 

Dall’Istituto Universitario Sophia «per il suo servizio all’unità della famiglia umana»

 

Verrà assegnato al Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo I, il primo dottorato h.c. in Cultura dell’unità dell’Istituto Universitario Sophia, il giovane centro accademico con sede a Loppiano (Firenze) fondato da Chiara Lubich per affrontare con pertinenza e incisività la transizione culturale in atto. Il conferimento avrà luogo il 26 ottobre prossimo alle 17.00 all’Auditorium del Centro internazionale dei Focolari.

 

Pioniere del dialogo ecumenico e costruttore di pace, il Patriarca è figura di riferimento nel complesso panorama contemporaneo. D’importanza storica alcune tappe recenti che l’hanno visto protagonista di un cammino d’unità su più fronti: la dichiarazione congiunta con Papa Francesco redatta a conclusione del pellegrinaggio a Gerusalemme, il 25 maggio 2014, in cui hanno sottoscritto l’impegno delle rispettive Chiese “verso l’unità per la quale Cristo Signore ha pregato il Padre, ‘perché siano una sola cosa’”; la sua presenza in Vaticano, l’8 giugno 2014, assieme al Presidente Abu Mazen e al Presidente Shimon Peres, per pregare con il Papa per la pace in Terra santa. Bartolomeo I è anche noto come leader spirituale del movimento cristiano per l’ambiente. Il suo pensiero è stato riportato ampiamente da Papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’. Il 3 dicembre prossimo, a margine della Conferenza ONU a Parigi sul cambiamento climatico, gli è stata affidata la predicazione nella celebrazione ecumenica per la salvaguardia del Creato presso la cattedrale di Notre-Dame.

 

La motivazione del Dottorato h.c. – «Oggi il mondo ha bisogno di figure che cerchino l’unità della famiglia umana – ha spiegato il teologo Piero Coda, preside dell’Istituto Universitario – «e il Patriarca svolge un’azione costante e illuminata a servizio di una cultura che mira a riportare la fraternità al centro della storia dell’umanità». La motivazione specifica che: «il Patriarca ecumenico di Costantinopoli si è accreditato quale convinto e attivo protagonista nel cammino ecumenico verso la piena unità dei cristiani e nel dialogo tra le persone di diverse religioni e convinzioni, distinguendosi nella promozione della giustizia, della pace, del rispetto dell’ambiente e della natura, in conformità alla visione dell’umanità, della storia e del cosmo custodita e attualizzata dalla tradizione spirituale e teologica dell’Oriente cristiano».

 

Il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e i Focolari – La storia ha inizio con l’incontro tra il Patriarca Athenagoras I e Chiara Lubich. «Era il 13 giugno del 1967 – racconta la Lubich –, mi ha accolto come se mi avesse sempre conosciuta e ha voluto che gli narrassi i contatti del Movimento con luterani e anglicani». Sono stati ventitré gli incontri, tra il 1967 e il 1972, di Athenagoras I con la fondatrice dei Focolari, che è così diventata messaggera tra Papa Paolo VI e il Patriarca. I rapporti sono poi continuati con il suo successore Demetrio I.

 

I contatti con l’attuale Patriarca ecumenico Bartolomeo I sono proseguiti nello stesso spirito di amicizia spirituale. Pochi giorni prima della morte della Lubich (14 marzo 2008) Sua Santità Bartolomeo I le ha fatto visita all’ospedale Gemelli di Roma: «Ho voluto venire qui per portare il saluto mio personale e del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli alla carissima Chiara Lubich, che tanto ha dato e dà con la sua vita alla Chiesa intera. Le ho pure impartito con riconoscenza la mia benedizione. Sono felice di averla incontrata». Due anni dopo ha accolto al Fanar Maria Voce, neoeletta presidente dei Focolari: «Deo gratias per la vostra amicizia, per la vostra visita, per i frutti del vostro Movimento, per la continuazione di quest’opera di Dio che rende gloria al Suo nome».

 

L’attuale evento s’inserisce nella cornice del 50° anniversario della nascita della cittadella di Loppiano e mette un altro tassello al rapporto di stima e collaborazione tra il Patriarcato di Costantinopoli e il Movimento dei Focolari. Sarà possibile seguire l’evento anche in diretta internet su www.loppiano.it

 

Victoria Gómez (+39) 335 7003675 – Benjamim Ferreira (+39) 348 4754063

                

                

 

Giornata di amicizia fra copti e cattolici

 

Il 10 maggio si ricorda l’incontro tra il Vescovo di Roma e il capo della chiesa copta, la più grande chiesa cristiana in Egitto. Una via da percorrere insieme verso l’unità visibile. Il commento di Sherin, focolarina della Chiesa copta.
 
 

PapaFrancesco-PapaTwadrosII (2)10 maggio 2013. Papa Francesco e Papa Tawadros II si incontrano in Vaticano, in ricordo dello storico appuntamento di 40 anni prima tra i loro predecessori, Papa Paolo VI e Papa Shenouda III. Da lì era partita una dichiarazione comune sull’unica fede professata da chiese con tradizioni diverse. «Sono convinto – aveva affermato papa Francesco – che, con la guida dello Spirito Santo, la nostra perseverante preghiera, il nostro dialogo e la volontà di costruire giorno per giorno la comunione nell’amore vicendevole ci consentiranno di porre nuovi e importanti passi verso la piena unità».

 

«Io credo nella diversità nell’unità – aveva dichiarato Papa Tawadros II in un’intervista – Se entro in un giardino in cui i fiori sono tutti rossi e della stessa altezza, è una noia. Invece se entro in un giardino e trovo una rosa rossa, un’altra gialla e una terza bianca e vedo alberi di diversa altezza, questa diversità esprime bellezza e anche forza. Mentre sto seduto con voi, sono ricco dei miei fratelli in Cristo».

 

«Sono parole di chi ha il coraggio d’amare i fratelli – commenta Sherin, focolarina copta – e di accorciare le distanze ed i tempi per una comprensione e condivisione nuova dopo anni di lontananza, permettendo alle due Chiese di intraprendere una via di pace e di fraternità. Non sarà possibile cancellare queste parole della memoria né della storia dell’ecumenismo finché la chiesa godrà un giorno della piena unità dei suoi figli».

 

Quello di maggio 2013 è stato il primo viaggio di Papa Tawadros II dopo la sua elezione, che ha voluto fosse per fare visita al successore di San Pietro, papa Francesco. Era la seconda visita storica del Papa dei Copti al Papa di Roma, accorciando sempre più la distanza fra le due Chiese.

 

ChiesaCopta (4)«È vivo nella mia mente l’incontro di questi due grandi uomini di Dio guidati dallo Spirito Santo a condurre i loro greggi verso l’unica Chiesa, che ci sarà nel tempo di Dio. Il ricordo dell’abbraccio fraterno e dell’amore scambievole visibile fra loro mi invade di una gioia immensa. Festeggio con i fratelli delle due Chiese quest’occasione e con entusiasmo guardo al futuro prossimo e ho fiducia nei passi che ci avvicineranno sempre di più, è una grande gioia per tutta la Chiesa!

 

Questo mi sprona a vivere di più per l’unità, prospettiva che mi ha affascinato anni fa quando ho conosciuto il Movimento dei Focolari, dove ho trovato la “Perla preziosa” del Vangelo per la quale si vende tutto.

 

In focolare, condivido questa vita con sorelle di varie Chiese, dove sperimentiamo la gioia del Risorto, segno di quello che sarà la Chiesa nella piena unità. Nella vita quotidiana preghiamo, lavoriamo, ed anche condividiamo momenti di sofferenza – come diceva Papa Francesco parlando dell’ecumenismo della sofferenza – che ci fanno crescere nell’amore e nel rispetto reciproco, credendo che Gesù sulla Croce ha superato ogni divisione ed ha colmato ogni vuoto. Sono felice di condividere quest’esperienza con tanti altri nel mondo che pregano e vivono affinché quest’unità sia sperimentata e vissuta da tutti».

 

Sherin, Focolare di Sohag (Egitto)

 

 

 



 

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Messaggio Cristiano
GIUBILEO DEI MOVIMENTI, DELLE ASSOCIAZIONI E DELLE NUOVE COMUNITÀ

OMELIA DEL SANTO PADRE LEONE XIV

Piazza San Pietro
Domenica, 8 giugno 2025

Fratelli e sorelle,

«È spuntato a noi gradito il giorno nel quale […] il Signore Gesù Cristo, glorificato con la sua ascesa al cielo dopo la risurrezione, inviò lo Spirito Santo» (S. Agostino, Discorso 271, 1). E anche oggi si ravviva ciò che accadde nel Cenacolo: come un vento impetuoso che ci scuote, come un fragore che ci risveglia, come un fuoco che ci illumina, discende su di noi il dono dello Spirito Santo (cfr At 2,1-11).

Come abbiamo ascoltato dalla prima Lettura, lo Spirito opera qualcosa di straordinario nella vita degli Apostoli. Essi, dopo la morte di Gesù, si erano rinchiusi nella paura e nella tristezza, ma ora ricevono finalmente uno sguardo nuovo e un’intelligenza del cuore che li aiuta a interpretare gli eventi accaduti e a fare l’intima esperienza della presenza del Risorto: lo Spirito Santo vince la loro paura, spezza le catene interiori, lenisce le ferite, li unge di forza e dona loro il coraggio di uscire incontro a tutti ad annunciare le opere di Dio.

Il brano degli Atti degli Apostoli ci dice che a Gerusalemme, in quel momento, c’era una moltitudine di svariate provenienze, eppure, «ciascuno li udiva parlare nella propria lingua» (v. 6). Ecco che, allora, a Pentecoste le porte del cenacolo si aprono perché lo Spirito apre le frontiere. Come afferma Benedetto XVI: «Lo Spirito Santo dona di comprendere. Supera la rottura iniziata a Babele – la confusione dei cuori, che ci mette gli uni contro gli altri – e apre le frontiere. […] La Chiesa deve sempre nuovamente divenire ciò che essa già è: deve aprire le frontiere fra i popoli e infrangere le barriere fra le classi e le razze. In essa non vi possono essere né dimenticati né disprezzati. Nella Chiesa vi sono soltanto liberi fratelli e sorelle di Gesù Cristo» (Omelia a Pentecoste, 15 maggio 2005).

Ecco un’immagine eloquente della Pentecoste sulla quale vorrei soffermarmi con voi a meditare.

Lo Spirito apre le frontiere anzitutto dentro di noi. È il Dono che dischiude la nostra vita all’amore. E questa presenza del Signore scioglie le nostre durezze, le nostre chiusure, gli egoismi, le paure che ci bloccano, i narcisismi che ci fanno ruotare solo intorno a noi stessi. Lo Spirito Santo viene a sfidare, in noi, il rischio di una vita che si atrofizza, risucchiata dall’individualismo. È triste osservare come in un mondo dove si moltiplicano le occasioni di socializzare, rischiamo di essere paradossalmente più soli, sempre connessi eppure incapaci di “fare rete”, sempre immersi nella folla restando però viaggiatori spaesati e solitari.

E invece lo Spirito di Dio ci fa scoprire un nuovo modo di vedere e vivere la vita: ci apre all’incontro con noi stessi oltre le maschere che indossiamo; ci conduce all’incontro con il Signore educandoci a fare esperienza della sua gioia; ci convince – secondo le stesse parole di Gesù appena proclamate – che solo se rimaniamo nell’amore riceviamo anche la forza di osservare la sua Parola e quindi di esserne trasformati. Apre le frontiere dentro di noi, perché la nostra vita diventi uno spazio ospitale.

Lo Spirito, inoltre, apre le frontiere anche nelle nostre relazioni. Infatti, Gesù dice che questo Dono è l’amore tra Lui e il Padre che viene a prendere dimora in noi. E quando l’amore di Dio abita in noi, diventiamo capaci di aprirci ai fratelli, di vincere le nostre rigidità, di superare la paura nei confronti di chi è diverso, di educare le passioni che si agitano dentro di noi. Ma lo Spirito trasforma anche quei pericoli più nascosti che inquinano le nostre relazioni, come i fraintendimenti, i pregiudizi, le strumentalizzazioni. Penso anche – con molto dolore – a quando una relazione viene infestata dalla volontà di dominare sull’altro, un atteggiamento che spesso sfocia nella violenza, come purtroppo dimostrano i numerosi e recenti casi di femminicidio.

Lo Spirito Santo, invece, fa maturare in noi i frutti che ci aiutano a vivere relazioni vere e buone: «Amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22). In questo modo, lo Spirito allarga le frontiere dei nostri rapporti con gli altri e ci apre alla gioia della fraternità. E questo è un criterio decisivo anche per la Chiesa: siamo davvero la Chiesa del Risorto e i discepoli della Pentecoste soltanto se tra di noi non ci sono né frontiere e né divisioni, se nella Chiesa sappiamo dialogare e accoglierci reciprocamente integrando le nostre diversità, se come Chiesa diventiamo uno spazio accogliente e ospitale verso tutti.

Infine, lo Spirito apre le frontiere anche tra i popoli. A Pentecoste gli Apostoli parlano le lingue di coloro che incontrano e il caos di Babele viene finalmente pacificato dall’armonia generata dallo Spirito. Le differenze, quando il Soffio divino unisce i nostri cuori e ci fa vedere nell’altro il volto di un fratello, non diventano occasione di divisione e di conflitto, ma un patrimonio comune da cui tutti possiamo attingere, e che ci mette tutti in cammino, insieme, nella fraternità.

Lo Spirito infrange le frontiere e abbatte i muri dell’indifferenza e dell’odio, perché “ci insegna ogni cosa” e ci “ricorda le parole di Gesù” (cfr Gv 14,26); e, perciò, per prima cosa insegna, ricorda e incide nei nostri cuori il comandamento dell’amore, che il Signore ha posto al centro e al culmine di tutto. E dove c’è l’amore non c’è spazio per i pregiudizi, per le distanze di sicurezza che ci allontanano dal prossimo, per la logica dell’esclusione che vediamo emergere purtroppo anche nei nazionalismi politici.

Proprio celebrando la Pentecoste, Papa Francesco osservava che «oggi nel mondo c’è tanta discordia, tanta divisione. Siamo tutti collegati eppure ci troviamo scollegati tra di noi, anestetizzati dall’indifferenza e oppressi dalla solitudine» (Omelia, 28 maggio 2023). E di tutto questo sono tragico segno le guerre che agitano il nostro pianeta. Invochiamo lo Spirito dell’amore e della pace, perché apra le frontiere, abbatta i muri, dissolva l’odio e ci aiuti a vivere da figli dell’unico Padre che è nei cieli.

Fratelli e sorelle, è la Pentecoste che rinnova la Chiesa, rinnova il mondo! Il vento gagliardo dello Spirito venga su di noi e in noi, apra le frontiere del cuore, ci doni la grazia dell’incontro con Dio, allarghi gli orizzonti dell’amore e sostenga i nostri sforzi per la costruzione di un mondo in cui regni la pace.

Maria Santissima, Donna della Pentecoste, Vergine visitata dallo Spirito, Madre piena di grazia, ci accompagni e interceda per noi.

LEONE XIV