Domenica 19 Maggio 2024
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Cronaca Bianca


"Con l´incontro Francesco-Kirill si realizza il sogno di Giovanni Paolo II"

Petr Humeniuk, responsabile internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre per la Russia, commenta lo storico evento

 

Patriarch_Kirill_of_Moscow

 

“Qui a Mosca vi è stata una risposta estremamente positiva all’annuncio dell’incontro, anche da parte dei media locali. Su Pervyj kanal, la principale emittente televisiva del paese, vengono trasmesse costantemente immagini di Papa Francesco”. Con queste parole Petr Humeniuk, responsabile internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre per i progetti nella Federazione russa, ha commentato la reazione nel paese al prossimo incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill.

 

La Fondazione pontificia sostiene in Russia sia la Chiesa cattolica che quella ortodossa e al tempo stesso finanzia progetti atti a promuovere il dialogo ecumenico. È stato Giovanni Paolo II a chiedere al fondatore di ACS, padre Werenfried van Straaten, di realizzare progetti anche a sostegno della Chiesa ortodossa russa. Un aiuto, iniziato nei primi anni Novanta e mai interrotto, che ha contribuito ad un avvicinamento tra Roma e Mosca.

 

“Questo incontro è per noi un ulteriore incentivo a continuare nella stessa direzione che seguiamo ormai da 25 anni – prosegue il responsabile ACS per la Russia -. Al tempo stesso vogliamo cercare nuove forme di collaborazione, sulla base dei nuovi orizzonti che si apriranno dopo il 12 febbraio e che riguardano da vicino entrambe le Chiese sorelle. Ad esempio la battaglia contro la persecuzione anticristiana e quella in difesa della famiglia”.

 

Secondo Humeniuk, che frequenta assiduamente la Federazione Russa ed ha stretti contatti con i rappresentanti locali di entrambe le Chiese, il motivo dell’improvvisa accelerazione nei tempi di organizzazione dell’incontro è stata proprio la situazione dei cristiani in Medio Oriente, come confermano le recenti dichiarazioni del Metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca.

 

“In una conferenza nella capitale russa – spiega il responsabile ACS – Hilarion ha parlato apertamente di genocidio dei cristiani in Medio Oriente e in Africa centrale ed ha espresso la necessità di una maggiore cooperazione tra le Chiese cristiane”.

 

Humeniuk ha avuto modo di seguire da vicino il processo che ha portato alla realizzazione del colloquio tra Papa Francesco e Kirill. “Si realizza un sogno che già Giovanni Paolo II aveva a cuore. Ci sono voluti molti anni e molto lavoro per realizzare questo evento, ma l’incontro non è mai stato in forse. Ogni volta che ne abbiamo parlato Hilarion mi ha sempre detto che la data si avvicinava ogni giorno di più”, conclude poi il responsabile ACS per la Russia.

 

Papa e Kirill

 

È un nuovo capitolo di storia quello che si scriverà il prossimo 12 febbraio, quando Papa Francesco incontrerà il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill a L’Avana, Cuba. Un incontro storico che era nel cuore di Benedetto XVI ma ancora prima di Giovanni Paolo II, senza però mai realizzarsi.

 

Ad annunciarlo, questa mattina, padre Federico Lombardi in Sala Stampa vaticana leggendo un comunicato congiunto della Santa Sede e del Patriarcato di Mosca, in cui si annuncia che: “Per grazia di Dio, Sua Santità Papa Francesco e Sua Santità, si incontreranno il 12 febbraio”. 

 

L’evento avrà luogo a Cuba, un “territorio neutro” – ha sottolineato Lombardi – dove il Papa farà scalo prima del suo viaggio in Messico, e dove il Patriarca sarà in visita ufficiale, invitato da Raul Castro nel maggio dello scorso anno, durante la sua visita a Mosca. Visita dopo la quale Kirill fece tappa a Roma e incontrò il Pontefice, dichiarando poco dopo alla stampa: “Se continua così potrei tornare alla religione cattolica”.

 

Non è chiaro se e quale ruolo abbia rivestito Castro per l’incontro; ciò che è certo è che l’appuntamento tra il Vescovo di Roma e il Vescovo della cosiddetta “terza Roma” (la seconda è Costantinopoli), comprenderà un colloquio personale presso una sala privata dell’aeroporto internazionale José Martí dell’Avana, e si concluderà con la firma di una dichiarazione comune. In programma anche uno scambio dei doni, al quale sarà presente Castro, e due brevi discorsi del Papa e del Patriarca.

 

“Non si tratta di testi con discorsi lunghi preparati”, ha spiegato Lombardi, “ma saranno espressione personale dei sentimenti per questa bellissima occasione”. Il portavoce vaticano ha inoltre ricordato ai giornalisti che “questo incontro dei Primati della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa russa è stato preparato da lungo tempo, almeno due anni; sarà il primo nella storia e segnerà una tappa importante nelle relazioni tra le due Chiese”.

 

Nel comunicato congiunto si legge infatti: “La Santa Sede e il Patriarcato di Mosca auspicano che sia anche un segno di speranza per tutti gli uomini di buona volontà. Invitano tutti i cristiani a pregare con fervore affinché Dio benedica questo incontro, che possa produrre buoni frutti”.

 

Secondo il programma, il colloquio tra Francesco e Kirill durerà un paio d’ore: dalle 14.20 fino alle 16. Come in un flashback, Raul Castro sarà ai piedi della scala dell’aereo papale per accogliere il Santo Padre sulla pista dell’aeroporto. Il presidente cubano accompagnerà poi Bergoglio nella sala privata per il colloquio – alla presenza di due interpreti da russo e spagnolo – con il Patriarca, che giungerà invece a Cuba l’11 febbraio.

 

Castro resterà fuori la porta per poi rientrare al momento dello scambio dei doni, della presentazione delle delegazioni e della firma dell’importante documento che sarà poi reso pubblico in diverse lingue. Un testo “ampio”, ha detto padre Lombardi, che secondo le prima dichiarazioni del portavoce della Chiesa ortodossa verterà principalmente sul tema della persecuzione dei cristiani nel mondo.

 

Il tutto dovrebbe esaurirsi in tre ore, al termine delle quali Castro riaccompagnerà il Papa all’aereo con il quale raggiungerà Città del Messico “nell’orario previsto”. L’incontro con Kirill, infatti, “non intaccherà minimamente il programma del Papa in Messico” ha spiegato Lombardi, sottolineando che la scelta di tenerlo a Cuba è nata, oltre che da esigenze logistiche, anche dal fatto che si trattasse di un luogo “neutro”, ma “significativo per le due parti”. L’isola caraibica, di fatto, oltre ad essere “un crocevia nel mondo di oggi e nei suoi sviluppi”, è anche “un luogo ben conosciuto alla Chiesa Ortodossa Russa ma anche alla Santa Sede”, dopo le visite di tre Papi dal 1998 a oggi (l’ultima di Francesco nel settembre 2014). 

 

Grande gioia per la notizia è stata espressa dal patriarca ecumenico Bartolomeo I che, appena informato, “ha manifestato la sua soddisfazione per questo abbraccio tra il capo della Chiesa cattolica e quello della comunità ortodossa più numerosa del mondo”. Si conta infatti – anche secondo gli ultimi dati del Cesnur – che da Mosca dipendano circa due terzi degli oltre 200 milioni di ortodossi nel mondo.

 

Dell’importanza di questo evento “si potrebbe parlare per ore” ha aggiunto poi Lombardi, ricordando come questo incontro “non è improvvisato”, ma “preparato da lungo tempo”. Da due anni circa dopo l’elezione di Bergoglio, anche se è da decenni che si lavora “per maturare possibilità concrete affinché questo avvenisse”.

 

Da quando, cioè, Giovanni Paolo II espresse come “sogno nel cassetto”, dopo il viaggio in Cina, di abbracciare il capo della Chiesa ortodossa russa. All’epoca di Wojtyla si era pensato anche di organizzare l’appuntamento in capitali europee “neutre” (tipo Vienna o Budapest), ha detto Lombardi; ma questo non avvenne mai anche perché alla base degli impedimenti c’erano alcune questioni spinose.

 

Prima fra tutte quella dell’uniatismo. È questa la denominazione comunemente usata per indicare le Chiese dell’Oriente europeo tornate in comunione con la Chiesa cattolica di Roma, tra il XV ed il XVI secolo, dette per questo motivo anche Chiese greco-cattoliche, proprio ad indicare la compresenza di obbedienza al Vescovo di Roma e l’utilizzo del rito di tradizione greca e costantinopolitana.

 

Sul tema Papa Bergoglio era già intervenuto rispondendo ad una domanda del corrispondente dell’agenzia russa Tass, durante il volo di ritorno da Istanbul nel novembre 2014. “Le Chiese cattoliche orientali hanno diritto di esistere, è vero”, aveva detto il Santo Padre, “ma l’uniatismo è una parola di un’altra epoca. Oggi non si può parlare così. Si deve trovare un’altra strada”. E se ora l’incontro si farà “evidentemente sui diversi punti sono stati maturati i termini giusti”, ha evidenziato padre Lombardi.

 

Nella succitata conferenza stampa, Papa Francesco aveva inoltre già paventato l’ipotesi di un incontro con Kirill. “Io – aveva dichiarato – gli ho fatto sapere e anche lui è d’accordo, c’è la volontà di trovarci. Gli ho detto: io vengo dove tu vuoi. Tu mi chiami e io vengo. E anche lui ha la stessa volontà”. “In questi ultimi tempi, con il problema della guerra (in Ucraina ndr), il poveretto ha tanti problemi lì, che il viaggio e l’incontro con il papa è passato in secondo piano”, aveva aggiunto il Pontefice,  “ma tutti e due vogliamo incontrarci e vogliamo andare avanti”. Un desiderio che oggi si realizza.

 

E a chi domandava la possibilità di una visita del Papa a Mosca, padre Lombardi ha risposto lapidario: “È la prima volta dopo secoli che il Papa incontra il Patriarca della Chiesa ortodossa russa. Io credo che la notizia sia abbastanza grossa, non ci erano riusciti per moltissimo tempo… Quindi prendiamo il nuovo, il bello e grande che c’è. Una volta che l’incontro si sarà svolto iniziamo a pensare al resto. Diamo tempo al tempo, lasciamo fare alla storia i passi necessari”.

 

 

Intervista al Patriarca Bartolomeo I

29 ottobre 2015

Intervista al Patriarca Bartolomeo I

 

 

 

 

 

Il video integrale dell’intervista rilasciata da Patriarca ecumenico di Costantinopoli dopo il conferimento del dottorato h.c. dall’Istituto Universiario Sophia a Loppiano.

 

 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
ALL'ARCIVESCOVO DI FIRENZE, 
GRAN CANCELLIERE DELL'ISTITUTO UNIVERSITARIO “SOPHIA”, 
IN OCCASIONE DEL CONFERIMENTO DEL DOTTORATO “HONORIS CAUSA” 
AL PATRIARCA ECUMENICO

SUA SANTITÀ BARTOLOMEO I

(Patriarca di Costantinopoli)

 

Em.mo 
Sig. Card. Giuseppe Betori 
Arcivescovo di Firenze 
Gran Cancelliere dell’Istituto Universitario “Sophia”

 

In occasione del conferimento del Dottorato honoris causa in “Cultura dell’Unità” a Sua Santità Bartolomeo I, Arcivescovo di Costantinopoli e Patriarca Ecumenico, da parte dell’Istituto Universitario “Sophia” di Loppiano, desidero assicurare la mia spirituale vicinanza e porgere un cordiale saluto a tutti i presenti.

 

Rivolgo un ricordo particolare all’amato fratello Bartolomeo, al quale rinnovo sentimenti di viva stima e di sentito apprezzamento, rallegrandomi per la presente iniziativa che, oltre a costituire un doveroso riconoscimento per il suo impegno nella promozione della cultura dell’unità, contribuisce favorevolmente al cammino comune delle nostre Chiese verso la piena e visibile unità, alla quale tendiamo con dedizione e perseveranza.

 

Nell’auspicare che l’Istituto Universitario “Sophia”, seguendo il carisma proprio del Movimento dei Focolari e aperto all’azione dello Spirito, continui a essere un luogo d’incontro e di dialogo tra culture e religioni diverse, assicuro il mio orante ricordo e, mentre chiedo di pregare per me, invio a tutti i presenti la mia Benedizione.

 

Franciscus PP

 

 

Dall’Istituto Universitario Sophia «per il suo servizio all’unità della famiglia umana»

 

Verrà assegnato al Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo I, il primo dottorato h.c. in Cultura dell’unità dell’Istituto Universitario Sophia, il giovane centro accademico con sede a Loppiano (Firenze) fondato da Chiara Lubich per affrontare con pertinenza e incisività la transizione culturale in atto. Il conferimento avrà luogo il 26 ottobre prossimo alle 17.00 all’Auditorium del Centro internazionale dei Focolari.

 

Pioniere del dialogo ecumenico e costruttore di pace, il Patriarca è figura di riferimento nel complesso panorama contemporaneo. D’importanza storica alcune tappe recenti che l’hanno visto protagonista di un cammino d’unità su più fronti: la dichiarazione congiunta con Papa Francesco redatta a conclusione del pellegrinaggio a Gerusalemme, il 25 maggio 2014, in cui hanno sottoscritto l’impegno delle rispettive Chiese “verso l’unità per la quale Cristo Signore ha pregato il Padre, ‘perché siano una sola cosa’”; la sua presenza in Vaticano, l’8 giugno 2014, assieme al Presidente Abu Mazen e al Presidente Shimon Peres, per pregare con il Papa per la pace in Terra santa. Bartolomeo I è anche noto come leader spirituale del movimento cristiano per l’ambiente. Il suo pensiero è stato riportato ampiamente da Papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’. Il 3 dicembre prossimo, a margine della Conferenza ONU a Parigi sul cambiamento climatico, gli è stata affidata la predicazione nella celebrazione ecumenica per la salvaguardia del Creato presso la cattedrale di Notre-Dame.

 

La motivazione del Dottorato h.c. – «Oggi il mondo ha bisogno di figure che cerchino l’unità della famiglia umana – ha spiegato il teologo Piero Coda, preside dell’Istituto Universitario – «e il Patriarca svolge un’azione costante e illuminata a servizio di una cultura che mira a riportare la fraternità al centro della storia dell’umanità». La motivazione specifica che: «il Patriarca ecumenico di Costantinopoli si è accreditato quale convinto e attivo protagonista nel cammino ecumenico verso la piena unità dei cristiani e nel dialogo tra le persone di diverse religioni e convinzioni, distinguendosi nella promozione della giustizia, della pace, del rispetto dell’ambiente e della natura, in conformità alla visione dell’umanità, della storia e del cosmo custodita e attualizzata dalla tradizione spirituale e teologica dell’Oriente cristiano».

 

Il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e i Focolari – La storia ha inizio con l’incontro tra il Patriarca Athenagoras I e Chiara Lubich. «Era il 13 giugno del 1967 – racconta la Lubich –, mi ha accolto come se mi avesse sempre conosciuta e ha voluto che gli narrassi i contatti del Movimento con luterani e anglicani». Sono stati ventitré gli incontri, tra il 1967 e il 1972, di Athenagoras I con la fondatrice dei Focolari, che è così diventata messaggera tra Papa Paolo VI e il Patriarca. I rapporti sono poi continuati con il suo successore Demetrio I.

 

I contatti con l’attuale Patriarca ecumenico Bartolomeo I sono proseguiti nello stesso spirito di amicizia spirituale. Pochi giorni prima della morte della Lubich (14 marzo 2008) Sua Santità Bartolomeo I le ha fatto visita all’ospedale Gemelli di Roma: «Ho voluto venire qui per portare il saluto mio personale e del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli alla carissima Chiara Lubich, che tanto ha dato e dà con la sua vita alla Chiesa intera. Le ho pure impartito con riconoscenza la mia benedizione. Sono felice di averla incontrata». Due anni dopo ha accolto al Fanar Maria Voce, neoeletta presidente dei Focolari: «Deo gratias per la vostra amicizia, per la vostra visita, per i frutti del vostro Movimento, per la continuazione di quest’opera di Dio che rende gloria al Suo nome».

 

L’attuale evento s’inserisce nella cornice del 50° anniversario della nascita della cittadella di Loppiano e mette un altro tassello al rapporto di stima e collaborazione tra il Patriarcato di Costantinopoli e il Movimento dei Focolari. Sarà possibile seguire l’evento anche in diretta internet su www.loppiano.it

 

Victoria Gómez (+39) 335 7003675 – Benjamim Ferreira (+39) 348 4754063

                

                

 

Giornata di amicizia fra copti e cattolici

 

Il 10 maggio si ricorda l’incontro tra il Vescovo di Roma e il capo della chiesa copta, la più grande chiesa cristiana in Egitto. Una via da percorrere insieme verso l’unità visibile. Il commento di Sherin, focolarina della Chiesa copta.
 
 

PapaFrancesco-PapaTwadrosII (2)10 maggio 2013. Papa Francesco e Papa Tawadros II si incontrano in Vaticano, in ricordo dello storico appuntamento di 40 anni prima tra i loro predecessori, Papa Paolo VI e Papa Shenouda III. Da lì era partita una dichiarazione comune sull’unica fede professata da chiese con tradizioni diverse. «Sono convinto – aveva affermato papa Francesco – che, con la guida dello Spirito Santo, la nostra perseverante preghiera, il nostro dialogo e la volontà di costruire giorno per giorno la comunione nell’amore vicendevole ci consentiranno di porre nuovi e importanti passi verso la piena unità».

 

«Io credo nella diversità nell’unità – aveva dichiarato Papa Tawadros II in un’intervista – Se entro in un giardino in cui i fiori sono tutti rossi e della stessa altezza, è una noia. Invece se entro in un giardino e trovo una rosa rossa, un’altra gialla e una terza bianca e vedo alberi di diversa altezza, questa diversità esprime bellezza e anche forza. Mentre sto seduto con voi, sono ricco dei miei fratelli in Cristo».

 

«Sono parole di chi ha il coraggio d’amare i fratelli – commenta Sherin, focolarina copta – e di accorciare le distanze ed i tempi per una comprensione e condivisione nuova dopo anni di lontananza, permettendo alle due Chiese di intraprendere una via di pace e di fraternità. Non sarà possibile cancellare queste parole della memoria né della storia dell’ecumenismo finché la chiesa godrà un giorno della piena unità dei suoi figli».

 

Quello di maggio 2013 è stato il primo viaggio di Papa Tawadros II dopo la sua elezione, che ha voluto fosse per fare visita al successore di San Pietro, papa Francesco. Era la seconda visita storica del Papa dei Copti al Papa di Roma, accorciando sempre più la distanza fra le due Chiese.

 

ChiesaCopta (4)«È vivo nella mia mente l’incontro di questi due grandi uomini di Dio guidati dallo Spirito Santo a condurre i loro greggi verso l’unica Chiesa, che ci sarà nel tempo di Dio. Il ricordo dell’abbraccio fraterno e dell’amore scambievole visibile fra loro mi invade di una gioia immensa. Festeggio con i fratelli delle due Chiese quest’occasione e con entusiasmo guardo al futuro prossimo e ho fiducia nei passi che ci avvicineranno sempre di più, è una grande gioia per tutta la Chiesa!

 

Questo mi sprona a vivere di più per l’unità, prospettiva che mi ha affascinato anni fa quando ho conosciuto il Movimento dei Focolari, dove ho trovato la “Perla preziosa” del Vangelo per la quale si vende tutto.

 

In focolare, condivido questa vita con sorelle di varie Chiese, dove sperimentiamo la gioia del Risorto, segno di quello che sarà la Chiesa nella piena unità. Nella vita quotidiana preghiamo, lavoriamo, ed anche condividiamo momenti di sofferenza – come diceva Papa Francesco parlando dell’ecumenismo della sofferenza – che ci fanno crescere nell’amore e nel rispetto reciproco, credendo che Gesù sulla Croce ha superato ogni divisione ed ha colmato ogni vuoto. Sono felice di condividere quest’esperienza con tanti altri nel mondo che pregano e vivono affinché quest’unità sia sperimentata e vissuta da tutti».

 

Sherin, Focolare di Sohag (Egitto)

 

 

 



 

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Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE, 15 Maggio 2024

Catechesi. I vizi e le virtù. 19. La carità

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi parleremo della terza virtù teologale, la carità. Le altre due, ricordiamo, erano la fede e la speranza: oggi parleremo della terza, la carità. Essa è il culmine di tutto l’itinerario che abbiamo compiuto con le catechesi sulle virtù. Pensare alla carità allarga subito il cuore, allarga la mente, corre alle parole ispirate di San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi. Concludendo quell’inno stupendo, San Paolo cita la triade delle virtù teologali ed esclama: «Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità» (1 Cor 13,13).

Paolo indirizza queste parole a una comunità tutt’altro che perfetta nell’amore fraterno: i cristiani di Corinto erano piuttosto litigiosi, c’erano divisioni interne, c’è chi pretende di avere sempre ragione e non ascolta gli altri, ritenendoli inferiori. A questi tali Paolo ricorda che la scienza gonfia, mentre la carità edifica (cfr 1 Cor 8,1). L’Apostolo poi registra uno scandalo che tocca perfino il momento di massima unione di una comunità cristiana, vale a dire la “cena del Signore”, la celebrazione eucaristica: anche lì ci sono divisioni, e c’è chi se ne approfitta per mangiare e bere escludendo chi non ha niente (cfr 1 Cor 11,18-22). Davanti a questo, Paolo dà un giudizio netto: «Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore» (v. 20), avete un altro rituale, che è pagano, non è la cena del Signore.

Chissà, forse nella comunità di Corinto nessuno pensava di aver commesso peccato e quelle parole così dure dell’Apostolo suonavano un po’ incomprensibili per loro. Probabilmente tutti erano convinti di essere brave persone, e se interrogati sull’amore, avrebbero risposto che certo l’amore era per loro un valore molto importante, come pure l’amicizia e la famiglia. Anche ai nostri giorni l’amore è sulla bocca di tutti, è sulla bocca di tanti “influencer” e nei ritornelli di tante canzoni. Si parla tanto dell’amore, ma cos’è l’amore?

“Ma l’altro amore?”, sembra chiedere Paolo ai suoi cristiani di Corinto. Non l’amore che sale, ma quello che scende; non quello che prende, ma quello che dona; non quello che appare, ma quello che si nasconde. Paolo è preoccupato che a Corinto – come anche oggi tra noi – si faccia confusione e che della virtù teologale dell’amore, quella che viene solo da Dio, in realtà non ci sia alcuna traccia. E se anche a parole tutti assicurano di essere brave persone, di voler bene alla propria famiglia e ai propri amici, in realtà dell’amore di Dio sanno ben poco.

I cristiani dell’antichità avevano a disposizione diverse parole greche per definire l’amore. Alla fine, è emerso il vocabolo “agape”, che normalmente traduciamo con “carità”. Perché in verità i cristiani sono capaci di tutti gli amori del mondo: anche loro si innamorano, più o meno come capita a tutti. Anche loro sperimentano la benevolenza che si prova nell’amicizia. Anche loro vivono l’amor di patria e l’amore universale per tutta l’umanità. Ma c’è un amore più grande, un amore che proviene da Dio e si indirizza verso Dio, che ci abilita ad amare Dio, a diventare suoi amici, ci abilita ad amare il prossimo come lo ama Dio, col desiderio di condividere l’amicizia con Dio. Questo amore, a motivo di Cristo, ci spinge là dove umanamente non andremmo: è l’amore per il povero, per ciò che non è amabile, per chi non ci vuole bene e non è riconoscente. È l’amore per ciò che nessuno amerebbe; anche per il nemico. Anche per il nemico. Questo è “teologale”, questo viene da Dio, è opera dello Spirito Santo in noi.

Predica Gesù, nel discorso della montagna: «Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso» (Lc 6,32-33). E conclude: «Amate invece i vostri nemici – noi siamo abituati a sparlare dei nemici – amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi» (v. 35). Ricordiamo questo: “Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperare nulla”. Non dimentichiamo questo!

In queste parole l’amore si rivela come virtù teologale e assume il nome di carità. L’amore è carità. Ci accorgiamo subito che è un amore difficile, anzi impossibile da praticare se non si vive in Dio. La nostra natura umana ci fa amare spontaneamente ciò che è buono e bello. In nome di un ideale o di un grande affetto possiamo anche essere generosi e compiere atti eroici. Ma l’amore di Dio va oltre questi criteri. L’amore cristiano abbraccia ciò che non è amabile, offre il perdono – quanto è difficile perdonare! quanto amore ci vuole per perdonare! –, l’amore cristiano benedice quelli che maledicono, mentre noi siamo abituati, davanti a un insulto o a una maledizione, a rispondere con un altro insulto, con un’altra maledizione. È un amore così ardito da sembrare quasi impossibile, eppure è la sola cosa che resterà di noi. L’amore è la “porta stretta” attraverso cui passare per entrare nel Regno di Dio. Perché alla sera della vita non saremo giudicati sull’amore generico, saremo giudicati proprio sulla carità, sull’amore che noi abbiamo avuto in concreto. E Gesù ci dice questo, tanto bello: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Questa è la cosa bella, la cosa grande dell’amore. Avanti e coraggio!

Papa Francesco