Papà Nino era nato a Milazzo il 16 giugno 1921, tre giorni dopo la grande festa di S.Antonio, di cui porta il nome: gli è sempre stato caro questo fatto, e ci teneva moltissimo; diceva con gioia: “hanno festeggiato il mio santo ancor prima che nascessi!”. Era il terzo di cinque fratelli. La sua famiglia viveva la fede in Dio non solo nel rispetto della tradizione ma in un’atmosfera di sereno amore vicendevole. Il padre, capofamiglia tradizionale ma amorevolissimo verso la moglie ed i figli dirigeva lo stabilimento di estrazione e lavorazione della pietra pomice ad Acquacalda, sull’isola di Lipari: per questo la famiglia visse un certo numero di anni sull’isola. L’infanzia di papà Nino si è svolta lì, a stretto contatto con il mare, che è sempre stato “il suo elemento”, il suo ambiente prediletto, nell’amore per il quale ha cresciuto anche noi figli. Ricordando il periodo della sua infanzia isolana, papà scriveva: ” … Di quel periodo ricordo la mia vita libera a contatto con una natura meravigliosa!”.
Questo suo amore immenso per la natura, “il Creato” – splendido dono di Dio, da amare e rispettare – è sempre stato un elemento importantissimo nelle esperienze che con la mamma ci faceva vivere: come era bello vedere il suo entusiasmo nell’insegnarci a nuotare, a pescare… vedere i sui tuffi, la sua cattura dei polpi… Ci sarebbero da raccontare tanti bei ricordi ed aneddoti!
Papà ci ha insegnato ad amare ed imparare dalla natura… a tutto tondo, anche accompagnandoci negli ambienti a lui meno familiari della campagna e delle distese invernali innevate (ove peraltro lui era proprio un “pesce fuor d’acqua”!), per amore, per farci contenti.
E poi, negli anni dell’adolescenza?
Quando il padre dovette lasciare l’azienda (che era passata ad un proprietario tedesco), la famiglia tornò a Milazzo: qui papà Nino compì gli studi delle medie, e poi quelli delle superiori, come perito tecnico-meccanico, nella città di Messina.
A Milazzo suo padre aveva fatto costruire una bella casa, vicina alla Spiaggia di Ponente, “tutta di ghiaia fine e lucida come chicchi di riso” (che spesso, scherzosamente, lui paragonava alle spiagge liguri in varie zone, fatte da grossi sassi un po’ scomodi…).
Il periodo milazzese dell’adolescenza è quello di cui papà ci narrava l’armonia famigliare, i frequenti incontri con i numerosi parenti, il giardino pieno “di ogni tipo di frutta”, a cominciare da una celeberrima generosissima pianta di fichi… Tutti ricordi ammantati da un’aura di serenità semplice e di pace, momenti festosi, un “idillio” che subì una brusca interruzione nel suo animo e nella vita concreta con lo scoppio della guerra.
Ma com’è stato che Nino è venuto al Nord?
È appunto con la guerra che papà venne al nord, mandato nella zona di Torino (a Chivasso), nel genio ferrovieri. A quel lungo periodo, tutto vissuto dunque lontano sua terra, risalgono i suoi ricordi di grandi momenti di dolore, tra la vita dura imposta dalla situazione, la solitudine ed il drammatico distacco dalla famiglia lontana e di cui aveva rare notizie, oltre alla precarietà della vita che sperimentava sotto i bombardamenti (nei suoi scritti trovati di recente, ricordava come questi duri momenti fossero stati importantissimi nel fargli sentire la chiamata ad un rapporto più profondo e totalitario con Dio).
Proprio in questo difficile periodo, poi, avvenne un fatto che si impresse indelebile nell’esperienza di papà. A Milazzo (dunque mentre lui era lontano, a Torino, sotto le armi durante la guerra), suo padre, poco più che cinquantenne venne investito da un camion militare che stava sbandando dalla strada e morì salvando una nonna con il nipotino in braccio che stavano per esserne travolti. Questo esempio di amore eroico del papà per il prossimo, segnò moltissimo la sua vita e i suoi sentimenti, imprimendogli nell’anima l’importanza di vivere l’attimo presente “con solennità”, in una continua tensione alla custodia dell’ amore e della pace.
Papà ci ha trasmesso questo insieme di valori con il costante richiamo, come cosa sacra, al salutarsi sempre bene (prima di uscire, prima di andare a dormire la sera…) ed alla necessità costante – ogni qual volta ci fossero state incomprensioni, liti, dissapori – di riconciliarsi sempre, sempre, sempre e con tutti, perdonando gli altri e, reciprocamente, chiedendo scusa, per primi: sempre fare la Pace.
Poi venne un’altra dura sofferenza: per una malattia contratta in quel periodo dovette stare per vario tempo all’ospedale militare e nonostante avesse infine praticamente perso un polmone, visse grazie a Dio una vita lunga e sana.
Subito dopo la guerra, per cercare lavoro, papà fece un concorso alle poste.
Non era certo il suo lavoro ideale: ci raccontava spesso che da bambino aveva pensato “mai farò quel lavoro, a mettere timbri tutto il giorno…!!”. Il concorso lo vinse, anche con il massimo punteggio, e solo dopo scoprì che, come invalido di guerra, avrebbe avuto comunque diritto all’assunzione; quindi, sorridendo (ma anche con una punta di soddisfazione e quasi di orgoglio) ci faceva notare che l’impiego l’aveva però conquistato con le sue forze.
E quanto alla vita spirituale?
In questo periodo giovanile doloroso si era fatta strada la sua ricerca di un più profondo e ricco rapporto con Dio: sentiva il desiderio di una fede più grande, ricca, profonda. Un caro collega civile conosciuto durante il suo servizio militare nel genio ferrovieri, con una trentina d’anni in più di lui, fu la sua figura “paterna” di riferimento in quegli anni. Era un uomo molto retto e pio e si prese cura di lui anche dal punto di vista spirituale, lo aiutò nella formazione e lo avviò alla cresima, in cui gli fu padrino un giovane e caro commilitone. Papà divenne in questo periodo molto devoto a Maria e in particolare ci parlò qualche volta di un santuario mariano (quello della “Madonna delle ghiaie di Bonate”), ove era stato in pellegrinaggio ed ove aveva chiesto a Maria la grazia della sua guarigione.
E con voi figli come era papà Nino?
Lui era totalmente dedicato a noi figli, in tutto. Papà (come pure la mamma Ida… uguali!) è sempre stato di una generosità gratuita e naturale, che ha cercato di farci respirare come bella e gioiosa condotta di vita. Quante volte un bel dono arrivato in famiglia… prendeva subito altre strade, diretto a persone bisognose di beni o di affetto…; e noi figli spesso protestavamo, scoprendolo, ma… che ricchezza e gioia vera, crescendo, ci è rimasta nel cuore ripensando a quegli episodi!. Era perfetto papà? Certo che no, era molto umano! Ad esempio, era di temperamento iroso, focoso, capace di accendersi come un fiammifero (… del resto noi 4 figli eravamo delle piccole belve…); insofferente alle discussioni e istintivamente portato a cessarle in fretta ed autoritariamente: “… Chi comanda in questa famiglia?!”… “…Siamo allo sbando!”… “… Non s’è mai visto!… nelle altre famiglie queste cose non succedono”… MA POI, SEMPRE, SEMPRE, SEMPRE CHIEDEVA SCUSA… A volte anche con persone estranee potevano svolgersi scene di dissapori molto teatrali… e talvolta davvero inspiegabili:… “Ma che figura”, dicevamo noi figli, “non sarebbe stato meglio non discutere?…”.
Ovviamente, anche dopo episodi del genere, cercava sempre la riconciliazione, sapendo tornare indietro a chiedere scusa (anche quando, come per lo più accadeva, aveva in realtà ragione lui…). L’importante era la pace.
E come è stato il suo incontro con il Movimento dei Focolari?
Dopo la fine della guerra e la completa guarigione, papà raggiunse la madre e i fratelli ancora non sposati che nel frattempo si erano trasferiti nelle Marche. Ad Ascoli Piceno conobbe la famiglia Santanché, e grazie a loro incontrò l’Ideale di Chiara. Quando ne parlava, papà ci raccontava di essere rimasto davvero, “edificato” da questa bella famiglia.
Da quel momento in avanti, la vita di papà è stata segnata dall’impegno a vivere per l’unità: in famiglia, in focolare, con tutti i prossimi che incontrava…
Ringraziamo Lucia per queste preziose notizie, e in particolare per il dono di alcune esperienze personali di Nino che ha rintracciato fra le sue carte.
A cura di Franco Pizzorno