Igino Giordani: perfetto nell´amore
18 aprile 2015
Il 18 aprile ricorre il 35° anniversario della morte di Igino Giordani. Vogliamo, in questa occasione, lasciar parlare di lui Chiara Lubich, accanto alla quale “Foco” visse come primo focolarino sposato e cofondatore dei Focolari.
«Non si può dire qui chi è stato Igino Giordani per il Movimento dei Focolari. Basti pensare che egli è un cofondatore del Movimento stesso. Ora essere fondatori o anche cofondatori di un’Opera che la Chiesa riconosce sua, comporta un’azione così molteplice e complessa della grazia di Dio, impulsi così vari e validi dello Spirito Santo, comportamenti, da parte del soggetto, così decisivi per l’Opera ed il più delle volte imprevisti perché suggeriti dall’Alto, richiesta di sofferenze spesso penetranti e prolungate nel tempo, elargizioni di grazie di luce e di amore, non ordinarie, che è meglio affidare alla storia della Chiesa e dei Movimenti spirituali che l’abbelliscono di secolo in secolo, la rivelazione di questa figura.
Si può dire qualcosa, anche se non è facile, di Igino Giordani focolarino.
Il focolarino fa ogni cosa, prega, lavora, soffre, per arrivare a questo traguardo: esser perfetto nell’amore. Ebbene ci sembra proprio di dover affermare che Giordani ha raggiunto questa mèta. Per quanto noi possiamo giudicare, egli è stato perfetto nell’amore.
Ha impersonato quindi il nome di battaglia col quale era chiamato nel Movimento: Foco, fuoco, e cioè quel amore verso Dio e il prossimo, soprannaturale e naturale, che sta alla base ed al vertice della vita cristiana, contribuendo in maniera unica a mantener viva in mezzo a tutti noi la realtà della “parola di vita” che gli era stata indicata al suo ingresso nel Movimento: “Amatevi a vicenda come io ho amato voi”.
Quelli che hanno conosciuto a fondo Igino Giordani, sono concordi nel costatare e nell’affermare che egli ha vissuto le beatitudini.
“Puro di cuore” in maniera eccezionale, ha aperto a persone coniugate di ambo i sessi, di varie parti del mondo, la possibilità d’una originale consacrazione a Dio, pur nello stato matrimoniale, mediante una verginità spirituale, effetto della più ardente carità.
Questa purezza di cuore gli affinò i sentimenti più sacri e li potenziò. Aveva un tenerissimo amore per la sua sposa. Ed alla fine della vita commuoveva ed impressionava l’intensità dell’affetto verso i suoi quattro figlioli. Così per i suoi nipoti. Era un padre perfetto, un nonno perfetto e un uomo tutto di Dio.
E’ stato “povero in spirito” con un distacco completo non solo da tutto ciò che possedeva, ma soprattutto da tutto ciò che era.
Era carico di misericordia. Vicino a lui anche il più misero peccatore si sentiva perdonato ed il più povero si sentiva re.
Una delle caratteristiche più spiccate, come documenta anche la sua storia di uomo politico, è stata quella di “operatore di pace”.
Ed era arrivato a possedere tale mitezza da far capire come il Vangelo dica che chi ha questa virtù possiede la terra: egli con la più nobile gentilezza, con quel modo di trattare, con quelle parole tutte sue che aveva per ognuno, conquistava tutti quelli che avvicinava. Chiunque si sentiva a suo agio, considerato con dignità, anche i giovani riuscivano a stabilire con lui un rapporto da pari a pari. E si costatava come, soprattutto negli ultimi anni, irradiasse, parlando, qualcosa di soprannaturale.
“Aveva fame e sete della giustizia” per la quale ha combattuto tutta la vita. Ed ha subìto persecuzioni per il nome di Dio, per cui oggi lo crediamo in possesso del Suo Regno.
Ma molte altre parole del Vangelo fanno ricordare la sua figura.
Da lui si comprende cosa significhi quella conversione che Gesù chiede, per cui occorre farsi bambini. Cristiano di prim’ordine, dotto, apologeta, apostolo, quando gli è parso d’incontrare una polla d’acqua genuina, che sgorgava dalla Chiesa, ha saputo “vendere tutto” per seguire Gesù che lo chiamava a dissetarsi di quell’acqua.
Avendo molto sofferto per quell’emarginazione spirituale in cui gli sembrava di scorgere ai suoi tempi il laicato, ambiva con tutto il suo grande cuore ad abbattere pareti divisorie fra persone che stavano nello stato di perfezione ed altri – aggiungeva scherzando – in quello di imperfezione. In pratica, egli era sensibilissimo ai segni dei tempi, anzi era lui stesso un segno dei tempi, di questi tempi in cui lo Spirito Santo chiama tutto il popolo di Dio alla santità.
Quando Igino Giordani aveva incontrato il Movimento era formato soltanto da persone vergini. È stato lui a spalancarlo ai coniugati, che al suo seguito hanno avvertito la fame di santità e di consacrazione, mandando ad effetto quel progetto, prima soltanto intravisto, d’una convivenza di vergini e coniugati, per quanto è a questi consentito, sull’immagine della famiglia di Nazareth. Giordani è stato uno dei più grandi doni che il cielo abbia fatto al Movimento dei Focolari».
(tratto da: Chiara Lubich, Igino Giordani focolarino, «Città Nuova» n. 9-10 maggio 1980)
La Comunità locale di Savona del Movimento dei Focolari
in collaborazione con
Associazione Igino Giordani del Ponente ligure
commemora
IGINO GIORDANI
A 35 ANNI DAL SUO AD-DIO
convegno
sabato 18 aprile 2015
Convento Frati Cappuccini
Via San Francesco 16, Savona
(parcheggio all'interno)
ore 17 Santa Messa
a seguire convegno
relatore
ROSANGELA CALZIA
In occasione del 35° anniversario della morte dell'onorevole Igino Giordani, di cui è in atto la causa di beatificazione, l'associazione a lui dedicata organizza un convegno per sabato 18 Aprile, presso il convento dei Padri Cappuccini di Savona.
L'incontro avrà inizio alle ore 17, con la partecipazione alla S. Messa nella chiesa del convento, a cui seguirà, alle ore 18, nel salone, la conferenza della dott.ssa Rosangela Calzia Ferrari. Si concluderà con un momento di condivisione insieme.
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La cattedrale di Frascati è gremita, nonostante l’orario di punta di un giorno feriale, il 27 gennaio, giorno della Memoria, in cui il mondo ricorda la tragedia della Shoah. Ed è perché “l’umanità e la storia possano conoscere nuovi sviluppi di pace” che Maria Voce auspica il riconoscimento dell’esemplarità di Chiara Lubich. Sì, perché “il suo sguardo e il suo cuore erano mossi da un amore universale, capace di abbracciare tutti gli uomini al di là di ogni differenza, sempre proteso a realizzare il testamento di Gesù”, “Che tutti siano uno”.
Un prolungato applauso manifesta la riconoscenza a papa Francesco, che nel suo messaggio esorta a “far conoscere al popolo di Dio la vita e le opere di colei che, accogliendo l’invito del Signore ha acceso per la Chiesa una nuova luce sul cammino verso l’unità”. Maria Voce a nome del popolo dei Focolari assicura “l’impegno a continuare a diffondere quella luce nuova che il Papa ha indicato” parlando della figura di Chiara.
La diretta streaming ha permesso di poter seguire l’evento, con traduzione simultanea in inglese, francese, portoghese e spagnolo. Oltre 18mila gli accessi contemporanei, con punti che hanno radunato anche centinaia di persone (come alla Mariapoli Ginetta in Brasile, o alla cittadella di Loppiano in Toscana).
Mons. Raffaello Martinelli, vescovo di Frascati
“Il compito che ci attende non è facile”, dichiara il vescovo di Frascati, mons. Raffaello Martinelli, “ma è un servizio che vogliamo rendere alla Chiesa per offrire una testimonianza di fede, speranza e carità attraverso l’opera e la vita di una delle sue figlie”.
Sono molte le presenze internazionali, a partire dai cardinali Tarcisio Bertone, Ennio Antonelli, Joao Braz De Aviz, Miloslav Vlk; i vescovi presenti, fra cui Carlos Tissera dall’Argentina e Brendan Leahy dall’Irlanda; e la presenza ecumenica, con l’Archimandrita Simeon Catsinas, della Chiesa ortodossa di Roma in rappresentanza del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, e padre Gabriel, parroco rumeno-ortodosso di Rocca di Papa, inviato dal vescovo rumeno-ortodosso d’Italia, Siluan.
Tra gli amici di Chiara Lubich sono presenti fondatori e rappresentanti di altri movimenti. Non ha voluto mancare il mondo musulmano, a testimoniare la volontà di un dialogo che continua in questo momento così critico, col direttore dell’Istituto Tevere Cenap Mustafa Aydin, della Turchia. Dal Giappone, in rappresentanza del movimento Buddhista Rissho Kosei-Kai, il dott. Mizumo. Con la fascia tricolore sono presenti diversi sindaci dei comuni limitrofi, una delegazione da Trento, città natale di Chiara, e un gruppo di familiari della Serva di Dio.
“Chiara parla di vivere il Vangelo ed essere fedeli a Dio”, racconta João, giovane brasiliano, “penso che non possiamo essere fedeli senza mirare alla santità, che è quello che Dio vuole”. E Francesca, 13 anni: “Chiara mi ha colpito per la sua grande fede che sembrerebbe difficile far arrivare a dei ragazzi, invece lei ce la comunicava con una semplicità stupenda”.
La cerimonia. È con una serie di atti giuridici che si apre una causa di canonizzazione, ma, sottolinea il vescovo di Frascati – “vogliamo trasformarli in meditazione”, e per questo la cerimonia si è aperta con la recita dei vespri. In un clima solenne si sono espletati gli adempimenti per l’insediamento del tribunale, ad incominciare dalla lettura del “supplice libello” con cui il Movimento dei Focolari nel dicembre 2013 ha chiesto l’apertura della causa. Lungo i sei anni trascorsi dalla morte di Chiara Lubich – spiega il documento – «è cresciuta in maniera continua e stabile e si è diffusa sempre di più in tutto il mondo tra i fedeli l’opinione circa la purità e integrità di vita della Serva di Dio, le virtù da lei praticate in grado eroico, nonché le grazie e i favori ricevuti da Dio attraverso la sua intercessione». A seguire, la lettura del nulla osta della Congregazione delle Cause dei Santi e la costituzione del tribunale.
Sarà Mons. Angelo Amati, delegato episcopale, a condurre questa fase dell’inchiesta diocesana, coadiuvato dal Rev. Emmanuele Faweh Kazah, nigeriano, come Promotore di Giustizia, e dal notaio Patrizia Sabatini, che già aveva lavorato nei mesi precedenti alla raccolta di una cinquantina di testimonianze, onde evitare che si perdessero quelle di chi ha «permesso fin dal primo momento di testimoniare la bellezza e la possibilità di percorrere insieme, in unità, il cammino verso l’unica meta», così Maria Voce nel ricordare i primi compagni e compagne di Chiara, alcuni dei quali presenti alla cerimonia.
La postulazione nominata dalla presidente dei Focolari è formata dal postulatore don Silvestre Marques, portoghese, e dai vice postulatori, l’italiana Lucia Abignente e Waldery Hilgeman, olandese. Il Tribunale ha stabilito già la sessione successiva per ascoltare, il 12 febbraio prossimo, la testimonianza di Maria Voce, prima di un elenco di circa 100 nomi.
Rivedi la diretta: http://live.focolare.org/reply.asp
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Un pensiero di Chiara Lubich nel giorno di Santa Chiara che riporta ogni cristiano a mettere al primo posto Dio.
«A noi, quando eravamo giovani come voi, come la maggior parte di voi, ha fatto sempre una grande impressione una frase che santa Chiara ha detto a san Francesco quando san Francesco l’ha praticamente trascinata nella sua strada e san Francesco le ha detto: “Figliola, che cosa desideri?” Qui c’era da aspettarsi di tutto cioè che lei dicesse: “Io voglio seguirti nella via della povertà, io voglio farmi suora, voglio rinchiudermi in un convento”, ecc. Invece lei ha proprio imbroccato. “Figliola, che cosa desideri?” e lei ha detto: “Dio”. Desiderava Dio perché sceglieva Dio perché Dio l’aveva scelta.
È la stessa scelta che abbiamo fatto anche noi all’inizio del Movimento, abbiamo fatto una scelta unica: Dio! Sopra i bombardamenti e tutte le cose è emerso Dio, abbiamo creduto in Dio, abbiamo fatto di Dio l’ideale della nostra vita. E vediamo come è sempre nuovo perché questa scelta di Dio ci fa posporre un po’ tutte quelle ricchezze che noi magari andiamo accumulando anche senza accorgerci. Magari siamo ricchi del focolare, siamo ricchi delle cose, siamo ricchi della testa, degli studi, siamo ricchi, non so, dei nostri parenti, siamo ricchi magari del nostro sacerdozio, siamo ricchi magari di qualcosa ancora di più. Ecco, tutto questo il nostro ideale che è Gesù abbandonato, che è niente, che s’è fatto niente, ce lo fa posporre per mettere Dio prima e il resto farlo tutto per volontà di Dio. Questo ci ricorda ancora oggi santa Chiara. Lei l’ha fatto scegliendo la via della povertà; noi lo facciamo scegliendo la via dell’unità, avendo sempre Gesù in mezzo a noi, il Risorto e Gesù in noi attraverso l’amore a Gesù abbandonato».
Mollens, 11 agosto 1987
Fonte: www.centrochiaralubich.org
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Nel 6° anniversario della sua morte, la fondatrice dei Focolari (1920-2008) è ricordata in molte città del mondo. Il 20 marzo a Roma, personalità di diverse religioni rifletteranno su “Chiara e le Religioni. Insieme verso l’unità della famiglia umana”.
Un’ampia riflessione sta attraversando l’attuale dibattito sul contributo che la donna può e deve dare alla vita della Chiesa. È a questo proposito che viene spesso chiamata in causa Chiara Lubich, per il suo patrimonio di spiritualità, di pensiero e di opere.
Oggi, nel 6° anniversario della sua scomparsa, in molte città del mondo la si ricorda in tanti modi, confrontandosi con la sua eredità.
Sul contributo da lei dato all’incremento del dialogo ecumenico si riflette a Pretoria (Sudafrica) con il Dr Kobus Gerber, Segretario Generale della Dutch Reformed Church, come pure a Melbourne e a Perth (Australia). Il tema della famiglia, una delle passioni di Chiara, è al centro di diverse manifestazioni, come a Lussemburgo e Siviglia (Spagna), in preparazione anche al prossimo Sinodo straordinario di ottobre in Vaticano. A Perugia (Italia), il sindaco Waldimiro Boccali dedicherà una via alla beata Chiara Luce Badano, figlia spirituale della Lubich, e alla stessa Chiara sarà dedicata una strada di Porto Alegre in Brasile, dove – nella sala del Consiglio comunale – si tiene l’esposizione “Chiara Lubich, protagonista di tempi nuovi”.
E poi eventi di carattere culturale, presentazioni di libri, concerti… Saranno moltissime le comunità dei Focolari, in piccoli centri come nelle metropoli, che si raccoglieranno a ringraziare Dio per aver dato Chiara Lubich come dono all’umanità; spesso insieme ai vescovi, come a Sidney (Australia) con il cardinale George Pell, a Wellington (Nuova Zelanda) con l’Arcivescovo John Dew, a Olomuc (Cechia) con l’arcivescovo Jan Graubner. Del suo contributo al dialogo interreligioso si parla al Noor Center, Centro Islamico di Toronto (Canada), in città dell’Europa, Medio Oriente e Africa.
“Chiara e le Religioni. Insieme verso l’unità della famiglia umana”, sarà invece il tema del convegno di giovedì 20 marzo a Roma, presso l’Aula Magna della Pontificia Università Urbaniana. Un ricordo di Chiara Lubich tracciato da personalità di varie religioni, che hanno avuto un contatto personale con lei. Si terrà a conclusione di un simposio interreligioso, a Castelgandolfo, con la partecipazione di cristiani e fedeli di altre tradizioni religiose, quali ebraismo, islam, induismo, buddhismo, shintoismo, sikhismo.
Questo 6° anniversario porta in filigrana lo svolgersi delle fasi preliminari alla causa di beatificazione per Chiara Lubich, dopo che il 7 dicembre 2013, Maria Voce, attuale Presidente dei Focolari, ha firmato la richiesta formale di avvio al vescovo di Frascati, mons. Raffaello Martinelli. Un atto – aveva detto allora Maria Voce rivolgendosi al Movimento – che «invita tutti noi a una santità ancora più grande, a costruirla giorno per giorno nella nostra vita, per contribuire a far emergere quella “santità di popolo” a cui Chiara tendeva».
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ROMA, 12 Marzo 2014 (Zenit.org) - Un’ampia riflessione sta attraversando l’attuale dibattito sul contributo che la donna può e deve dare alla vita della Chiesa. È a questo proposito che spesso viene chiamata in causa Chiara Lubich, morta il 14 marzo 2008, per il suo patrimonio di spiritualità, di pensiero e di opere. Il 6° anniversario della sua morte verrà ricordata in molte città del mondo sotto diversi profili e per confrontarsi con la sua eredità.
Sul suo contributo all’incremento del dialogo ecumenico si rifletterà a Pretoria (Sudafrica) con il Dr Kobus Gerber, Segretario Generale della Dutch Reformed Church, come pure a Melbourne (Australia) e altrove. Il tema della famiglia, una delle passioni della Lubich, sarà al centro di manifestazioni a Lussemburgo, Lublino (Polonia) e Siviglia (Spagna), in vista anche del Sinodo straordinario ad ottobre in Vaticano. Una via cittadina le verrà intitolata a Porto Alegre (Brasile), mentre a Perugia (Italia) ne sarà dedicata un’altra alla beata Chiara Luce Badano, figlia spirituale della Lubich. Eventi di carattere ecclesiale o culturale, presentazioni di libri, concerti musicali si terranno da molte parti.
Moltissime le comunità dei Focolari che si raccoglieranno per ringraziare Dio d’aver dato Chiara Lubich in dono all’umanità, in piccoli centri come nelle metropoli, spesso insieme ai vescovi, come a Sidney (Australia) con il cardinale Pell, a Wellington (Nuova Zelanda) con l’arcivescovo Dew, a Olomuc (Cechia) con l'arcivescovo Graubner, a Mestre con il Patriarca di Venezia mons. Moraglia o a Lisbona (Portogallo) con il Patriarca mons. Clemente. Del suo contributo al dialogo interreligioso si parlerà al Noor Center, Centro Islamico di Toronto (Canada), a Montevideo (Uruguay) e in molte altre città dell’Europa, Medio Oriente e Africa.
“Chiara e le Religioni. Insieme verso l’unità della famiglia umana” sarà il tema del convegno di giovedì 20 marzo a Roma, presso l’Aula Magna della Pontificia Università Urbaniana. Un ricordo della Lubich tracciato da personalità di varie religioni, che hanno avuto un contatto personale con lei. Si svolgerà a conclusione di un simposio interreligioso di tre giorni, a Castelgandolfo, con la partecipazione di cristiani e fedeli di altre tradizioni religiose, quali ebraismo, islam, induismo, buddhismo, shintoismo, sikhismo.
Questo 6° anniversario porta in filigrana lo svolgersi delle fasi preliminari della causa di beatificazione di Chiara Lubich, dopo che il 7 dicembre 2013, Maria Voce, attuale Presidente dei Focolari, ne ha firmato la richiesta formale al vescovo di Frascati, mons. Raffaello Martinelli. Un atto – aveva detto allora Voce rivolgendosi al Movimento – che «invita tutti noi a una santità ancora più grande, a costruirla giorno per giorno nella nostra vita, per contribuire a far emergere quella “santità di popolo” a cui Chiara tendeva».
Diversi gli atti procedurali compiuti in questi tre mesi da mons. Martinelli, tra cui l’approvazione della nomina del postulatore fatta dall'attore della causa, e successivamente l'approvazione delle nomine di due vice-postulatori, e le nomine rispettive dei censori teologi, della commissione storica e di un tribunale ad hoc che provvederà a raccogliere testimonianze e prove che altrimenti potrebbero perdersi.
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Un incoraggiamento ad un ulteriore impegno morale e spirituale per il bene dell'umanità: è con questo spirito che la presidente dei Focolari Maria Voce annuncia la decisione di chiedere l’apertura della causa di beatificazione di Chiara Lubich.
Il Movimento dei Focolari chiede l’apertura della causa di beatificazione e canonizzazione di Chiara Lubich – 7 Dicembre 2013.
È nella data simbolica del 7 dicembre, che la presidente dei Focolari Maria Voce annuncia l’imminente presentazione della richiesta al Vescovo di Frascati, mons. Raffaello Martinelli, di aprire la causa di beatificazione di Chiara Lubich.
7 dicembre 1943: data che ricorda la nascita del Movimento dei Focolari. In realtà, in quel giorno, come lei stessa racconta, Chiara Lubich non aveva in mente la fondazione di alcunché, ma solo il desiderio di seguire Dio.
7 dicembre 2013: sono passati 70 anni, e i frutti e le conseguenze impensate di quella donazione si sono manifestate in molti modi. La nascita di un’Opera, i Focolari appunto; il riconoscimento alla figura di Chiara di essere portatrice di un carisma, a beneficio di molti, e la sua fedeltà ad esso. Il giorno dei suoi funerali, il 18 marzo 2008, migliaia di persone da tutto il mondo le hanno reso omaggio, e le testimonianze di appartenenti a varie Chiese cristiane, fedeli di altre religioni, esponenti della cultura e del mondo laico e politico hanno sottolineato l’impatto del carisma di Chiara nella loro vita personale, e per il mondo che ciascuno rappresentava.
Il monaco buddista Phramaha Thongratana Thavorn prima delle esequie di Chiara Lubich – 18 Marzo 2008
«L’eredità di Chiara è una delle più grandi benedizioni spirituali del nostro tempo», ha affermato il rabbino di Gerusalemme David Rosen. E Samuel Kobia, già segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese: «Concentrandosi sulla spiritualità dell’unità, [lei] ha avuto un profondo impatto sul movimento ecumenico». «Chiara non è solo vostra, è anche nostra. Anzi, lei è del mondo intero», sono le parole di Phramaha Thongratana Thavorn, monaco buddista tailandese. «La sua esperienza di un cristianesimo scevro da ogni dogmatismo e tutto risolto nel mandatum novum [comandamento nuovo] è così una grande lezione per credenti e non credenti», scrive il filosofo Massimo Cacciari.
Nella Chiesa cattolica è consuetudine presentare ai propri fedeli, come stimolo di vita cristiana, persone che si sono distinte per una particolare testimonianza di fede e di amore verso Dio. Questo avviene in seguito ad un processo canonico di verifica, che guarda anche al patrimonio di vita, di pensiero e di azione della persona, e che può essere iniziato non prima di cinque anni dalla morte.
In questi anni, pensando a Chiara e alla sua eredità, persone comuni e autorevoli, cattolici e appartenenti ad altre chiese, religioni e culture – pur nella diversità delle loro rispettive visioni – hanno espresso l’augurio che potesse avvenire così anche per lei. Un riconoscimento volto ad incoraggiare maggiormente cristiani e non, ad un ulteriore impegno morale e spirituale per il bene dell’umanità. Uno stimolo a far proprio il desiderio, ripetutamente espresso da Chiara, di santificarsi insieme, per proporre alla Chiesa non la santità di un individuo, ma la santità del popolo.
In un’intervista a Città Nuova del Marzo 2013, il copresidente dei Focolari, Giancarlo Faletti, alla domanda sulla diversa visione sulla proclamazione di santità di una persona da parte dei cristiani non cattolici, che pure fanno parte del Movimento, così rispondeva: «Penso che questa nuova esperienza non abbia da arricchirsi della possibile grandezza celebrativa della beatificazione o canonizzazione, ma abbia da evidenziare la presenza di Dio in una persona, intuire cosa ha operato in lei», e – attraverso la sua testimonianza – in tanti.
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ROMA, 07 Dicembre 2013 (Zenit.org) - Nella data in cui ricorre il 70° anniversario della nascita del Movimento dei Focolari, la presidente Maria Voce ha annunciato l’imminente presentazione al vescovo di Frascati, mons. Raffaello Martinelli, della richiesta formale di avvio della causa di canonizzazione di Chiara Lubich, la fondatrice scomparsa il 14 marzo 2008 a Rocca di Papa.
“Questo atto – ha detto Maria Voce – invita tutti noi a una santità ancora più grande, a costruire questa santità giorno per giorno nella nostra vita per contribuire a far emergere quella santità collettiva, santità di popolo, a cui Chiara tendeva”.
Da più parti persone comuni e autorevoli, cattolici e appartenenti ad altre chiese, religioni e culture, avevano espresso l’augurio che tale domanda nei confronti di Chiara Lubich fosse inoltrata. Un riconoscimento – si precisava – che potrà incoraggiare in molti un ulteriore e personale impegno spirituale e morale per il bene dell’umanità.
E’ consuetudine nella Chiesa cattolica presentare ai propri fedeli, come stimolo di vita cristiana, figure di persone che si sono distinte per una particolare testimonianza di fede e di amore verso Dio. Ciò avviene dopo un processo canonico di verifica sulla vita, sulle virtù eroiche e sulla fama di santità e di segni, da iniziarsi trascorsi almeno cinque anni dalla loro morte.
Il 7 dicembre del 1943 è ricordato come la data ufficiale della nascita, a Trento, del Movimento dei Focolari, realtà che nel tempo avrebbe assunto rilevanza e sviluppi allora del tutto impensabili. In quel giorno Chiara Lubich si consacrò a Dio nella chiesetta del Colleggetto dei Padri Cappuccini, momento estremamente significativo, ma personale: di fatto, quel passo avrebbe dato vita ad una comunità di persone, le più varie, ispirata dal Vangelo, aperta alla città di Trento, prima, e, molto presto, al mondo, una comunità planetaria di oltre 2 milioni di persone.
Chiara, più tardi, spiegava così il senso del loro agire, di quell’impegno che allora, in tempo di guerra, da personale divenne subito comunitario: «Il tutto era partito con un programma ben preciso: volevamo concorrere a risolvere il problema sociale della nostra città».
58 anni dopo Chiara Lubich tornando a Trento, nel 2001, segna una tappa storica nel suo rapporto con la sua città natale che lei invita ad essere «ardente d’amore», ricordando uno sguardo che agli albori del Movimento lei e le sue compagne avevano gettato sulla città: «Mi trovavo in un punto alto della città e, contemplando il suo panorama, ho avvertito in cuore un forte desiderio: vedere Trento tutta accesa d’amore, dell’amore vero, di quello che lega fratello a fratello, quello che il carisma dell’unità avrebbe potuto realizzare. E quest’idea dava – ricordo – pienezza al mio cuore… ».
In occasione del 70° anniversario, il Movimento intende offrire alla città di Trento un evento che nel ricordare quel passo compiuto, in totale solitudine, dalla allora maestra Silvia Lubich, possa presentare ai nostri concittadini alcuni dei frutti maturati in 70 anni da quel seme sparso in tutto il mondo grazie alla spiritualità dell’unità.
In modo particolare, si intende, con l’evento del 7 dicembre, dare voce e spazio a tanti che, ciascuno con il proprio specifico apporto e con il proprio specifico stile, concorrono, come diceva Chiara, a costruire la fraternità. Per questo, porteranno il loro saluto e la loro testimonianza, cittadini comuni e rappresentanti delle istituzioni trentine: Comune, Provincia Autonoma di Trento, Regione, e con essi la Cooperazione e l’Arcidiocesi, tutti impegnati nel proprio ambito a rendere Trento più solidale, più ospitale, più modello di convivenza.
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Ormai alle porte del 7 dicembre, quando si compiono 70 anni dalla nascita del Movimento dei Focolari, continuiamo a ripercorrere la sua storia dagli inizi a Trento, durante la seconda guerra mondiale.
Nei mesi successivi Chiara si trova ad avvicinare delle giovani, alcune delle quali vogliono seguire la sua stessa strada: Natalia Dallapiccola dapprima, poi Doriana Zamboni e Giosi Guella; quindi Graziella De Luca e le due sorelle Gisella e Ginetta Calliari; un’altra coppia di sorelle, le Ronchetti, Valeria e Angelella; Bruna Tomasi, Marilen Holzhauser e Aletta Salizzoni… E tutto ciò accade nonostante la strada del focolare sia tutt’altro che definita, fatto salvo il “radicalismo evangelico assoluto” di Chiara.
In quei mesi la guerra infuria anche a Trento. Rovine, macerie, morti. Chiara e le sue nuove compagne si ritrovano nei rifugi antiaerei a ogni allarme aereo. È forte il desiderio di stare insieme, di mettere in pratica il Vangelo, dopo quella folgorante intuizione che le aveva portate a mettere Dio amore al centro della loro giovane vita. «Ogni avvenimento ci toccava profondamente – dirà più tardi Chiara –. La lezione che Dio ci offriva attraverso le circostanze era chiara: tutto è vanità delle vanità, tutto passa. Ma, contemporaneamente, Dio metteva nel mio cuore, per tutte, una domanda, e con essa la risposta: “Ma ci sarà un ideale che non muore, che nessuna bomba può far crollare e a cui dare tutte noi stesse?”. Sì, Dio. Decidemmo di far di Lui l’ideale della nostra vita».
Nella cantina della casa di Natalia Dallapiccola, al lume di candela, leggono il Vangelo, come ormai è loro abitudine. Lo aprono a caso, e capitano sulla preghiera di Gesù prima di morire: «Padre, che tutti siano una cosa sola» (Gv 17, 21). È un testo evangelico straordinario e complesso, il testamento di Gesù, studiato dagli esegeti e dai teologi di tutta la cristianità; ma in quell’epoca un po’ dimenticato, perché misterioso ai più. E poi la parola “unità” è entrata nel vocabolario dei comunisti, che in certo senso ne reclamano il monopolio. «Ma quelle parole sembrarono illuminarsi ad una ad una – scriverà Chiara –, e ci misero in cuore la convinzione che per “quella” pagina del Vangelo eravamo nate».
Pochi mesi prima, il 24 gennaio, un sacerdote chiede: «Sapete qual è stato il più grande dolore di Gesù?». Secondo la mentalità comune dei cristiani di allora, le ragazze rispondono: «Quello patito nell’orto degli ulivi». Ma il sacerdote replica: «No, Gesù ha sofferto di più quando in croce ha gridato: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”» (Mt 27,46). Impressionata da quelle parole, appena rimaste sole, Chiara dice alla sua compagna: «Abbiamo una vita sola, spendiamola meglio che possiamo! Se il più grande dolore di Gesù è stato l’abbandono da parte del Padre suo, noi seguiremo Gesù abbandonato». Da quel momento per Chiara lui sarà lo sposo, unico, della vita.
Il conflitto nel frattempo non lascia tregua. Le famiglie delle ragazze sono in gran parte sfollate nelle valli di montagna. Ma esse hanno deciso di rimanere a Trento: chi obbligata dal lavoro o dallo studio, chi, come Chiara, per non abbandonare le tante persone che cominciano ad aggregarsi. Trova un tetto al numero 2 di piazza Cappuccini, periferia di Trento, dove lei e alcune delle sue nuove amiche – dapprima Natalia Dallapiccola, poi via via le altre – si trasferiscono. È il primo focolare: un modesto appartamento di due locali nello slargo alberato ai piedi della chiesa dei cappuccini: lo chiamano semplicemente, “la casetta”.
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Il prossimo 7 dicembre si compiono 70 anni dalla nascita del Movimento dei Focolari, l’avventura dell’unità, come la definì Chiara Lubich. Ripercorriamo la sua storia dagli inizi a Trento, durante la seconda guerra mondiale.
Silvia, questo il nome di battesimo di Chiara Lubich, nasce a Trento il 22 gennaio 1920, seconda di quattro figli, Gino, Liliana e Carla. Il padre Luigi, commerciante di vini, ex tipografo antifascista e socialista, irriducibile avversario politico di Benito Mussolini. La madre, Luigia, è animata da una forte fede tradizionale. Il fratello maggiore, Gino, dopo gli studi di medicina partecipa alla Resistenza nelle celebri Brigate Garibaldi, per poi dedicarsi al giornalismo, a scrivere sull’allora quotidiano del Partito Comunista, L’Unità.
A 18 anni, Silvia ottiene a pieni voti il diploma di maestra elementare. Avrebbe desiderato studiare, e per questo tenta di essere ammessa all’Università Cattolica. Invano: finisce trentaquattresima su trentatré posti di ammissione gratuita disponibili. Sì, perché a casa Lubich non ci sono soldi sufficienti per permetterle di continuare gli studi in un’altra città. Silvia così è costretta a lavorare. Dall’anno scolastico 1940-1941 insegna all’Opera serafica di Trento.
Il punto di partenza decisivo della sua esperienza umano-divina si rivelerà, nel 1939, un viaggio: «Sono invitata ad un convegno di studentesse cattoliche a Loreto – scrive Chiara –, dove è custodita secondo la tradizione, in una grande chiesa-fortezza, la casetta della Sacra famiglia di Nazareth… Seguo in un college un corso con tutte le altre; ma, appena posso, corro lì. Mi inginocchio accanto al muro annerito dalle lampade. Qualcosa di nuovo e di divino m’avvolge, quasi mi schiaccia. Contemplo col pensiero la vita verginale dei tre (…). Ogni pensiero mi pesa addosso, mi stringe il cuore, le lacrime cadono senza controllo. Ad ogni intervallo del corso, corro sempre lì. È l’ultimo giorno. La chiesa è gremita di giovani. Mi passa un pensiero chiaro, che mai si cancellerà: sarai seguita da una schiera di vergini».
Tornata a Trento, Chiara ritrova la sua scolaresca e il parroco che tanto l’aveva seguita in quei mesi. Questi, appena la vede raggiante, una ragazza veramente felice, le chiede se ha trovato la sua strada. La risposta di Chiara è apparentemente (per lui) deludente, perché la giovane donna sa dire solo quali sono le vocazioni che non avverte come “sue”, cioè quelle tradizionali: né convento, né matrimonio, né consacrazione nel mondo. Nulla di più.
Negli anni dalla visita a Loreto del 1939, e fino al 1943, continua a studiare, lavorare e impegnarsi al servizio della Chiesa locale. All’atto di farsi terziaria francescana, aveva assunto il nome di Chiara.
Nel 1943, ormai ventitreenne, mentre si reca a prendere il latte a un paio di chilometri da casa, in località Madonna Bianca, al posto delle sorelline che avevano declinato l’invito della mamma per il troppo freddo, avverte, proprio sotto un ponte della ferrovia, che Dio la chiama: «Datti tutta a me». Chiara non perde tempo, e con una lettera chiede il permesso di compiere un atto di totale donazione a Dio, a un cappuccino sacerdote, padre Casimiro Bonetti. L’ottiene, dopo un colloquio approfondito. E il 7 dicembre 1943, alle 6 di mattina, si consacra. Quel giorno, Chiara non aveva in cuore nessuna intenzione di fondare qualcosa: semplicemente «sposava Dio». E questo era tutto per lei. Solo più tardi si attribuì a quella data l’inizio simbolico del Movimento dei Focolari.
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