Martedì 22 Ottobre 2024
Contempliamo qui le meraviglie del creato
Amore al fratello!ContattiLa Parola di DioBlog
Letture e meditazioni


Il bosone di Higgs: questione di scienza

La metafisica si muove su livelli diversi

CHE COSA È IL BOSONE DI HIGGS E COSA RAPPRESENTA LA SUA SCOPERTA PER LA COMUNITÀ SCIENTIFICA? PERCHÉ È COSI IMPORTANTE?

 

Lo sviluppo di acceleratori di particelle, che funzionano come potentissimi microscopi, ha permesso di studiare la struttura dei protoni e neutroni e di scoprire i quark e altre particelle elementari. I fisici teorici hanno studiato come rappresentare in un modello unitario le diverse particelle e le forze con cui queste interagiscono. E´ cosi nato il Modello Standard (MS) che descrive i costituenti elementari della materia e le forze fondamentali che li legano ma i conti tornano solo ipotizzando che le particelle elementari abbiano massa 0. Ciò è in contrasto con gli esperimenti. Per superare questa difficoltà il fisico inglese Peter Higgs postulò nel 1964 l´esistenza di un campo nuovo (di Higgs) dalla cui interazione con le particelle nasceva la massa. Introducendo questo campo nel MS la teoria rimane valida e le particelle acquistano la massa giusta. Ma come verificare ciò sperimentalmente? Higgs, per analogia con gli altri campi, ipotizzò che dovesse esistere una particella legata a quel campo appunto il bosone di Higgs. I tentativi di osservare questa particella sono durati 48 anni e solo la disponibilità al CERN di Ginevra di LHC il più grande acceleratore del mondo ha permesso di creare le condizioni perché si formasse questa particella. L´averla rivelata rappresenta la conferma sperimentale dell´ipotesi di Higgs e quindi della validità del MS. Questi esperimenti rappresentano un grande successo sia della scienza e del suo modo di procedere sia della tecnologia che è stata capace di realizzare al CERN un acceleratore unico al mondo e dei sistemi di rivelazione e trattamento dati che sono quanto di più avanzato e complesso abbia mai prodotto l´uomo.

 

PERCHÉ DA ALCUNI È STATA DEFINITA LA PARTICELLA DI DIO?

 

Il premio Nobel Leon Lederman voleva intitolare un suo scritto divulgativo sul bosone di Higgs (1993) "The Goddamn Particle: se l´universo è la risposta quale è la domanda". L´editore sembra abbia modificato "the Goddamn particle" cioè la "dannata particella" in "the God Particle" la particella di Dio certamente più attraente per il gran pubblico. La sovraesposizione mediatica cosi acquisita dal bosone di Higgs lo ha reso molto popolare e ha forse favorito la concessione di finanziamenti per la sua ricerca, ma tale particella con Dio non ha proprio nulla a che fare!

 

DOPO IL BOSONE DI HIGGS COSA CI ASPETTA?

 

Individuato a 126 Gev il bosone di Higgs si apre adesso un periodo di grande interesse per la fisica delle particelle e per l´astrofisica. E´ ora necessario misurare le proprietà di questa particella, la sua precisa natura, se essa rappresenta soltanto il completamento del MS oppure le sue caratteristiche permetteranno di capire di più quel 96% dell´Universo che rimane oscuro. Ci vorrà ancora molto tempo, molta ricerca, molto impegno, ma è certo che la finestra che si è aperta farà fare un grande passo in avanti alla nostra conoscenza della struttura fondamentale della materia e getterà nuova luce sui misteri dell´Universo.

 

QUESTA SCOPERTA SCIENTIFICA PUÒ LIMITARE LA RIFLESSIONE METAFISICA?

 

Certamente no! La scienza studia infatti la realtà naturale, osservabile e misurabile, procede creando modelli e verificandone sperimentalmente la validità e la capacità predittiva. Per la scienza è determinante l´aderenza e il rispetto dei fatti. Affermava Planck: "Quanto più un pensatore è ricco di idee e di fantasia tanto più è necessario che si ponga in mente che i fatti sono il fondamento senza il quale la scienza non può esistere e tanto più coscienziosamente deve chiedersi se egli li apprezza come si deve". La riflessione metafisica (filosofica o teologica) si muove su livelli diversi di conoscenza e se è vero che concetti metafisici sono e sono stati utili alla scienza (p.e. Concetti come la contingenza del tempo e dello spazio, la simmetria, l´unitarietà etc.) non credo che argomenti scientifici possano essere utilizzati nelle riflessioni metafisiche come lo sono nella scienza. Solo nell´integrazione dell´esperienza, della conoscenza e della coscienza in ciascuno di noi nasce l´unicità della persona e la sua specificità nel rapporto con la metafisica e in particolare con la fede. James Clerk Maxwell, il grande fisico scozzese, uno dei padri della fisica moderna, riteneva che lo scienziato nella sua attività di comprensione della natura riproducesse in certo modo lo schema dell´azione creativa di Dio. "Felice l´uomo - egli scrisse - che può riconoscere nel lavoro di oggi una parte non isolata del lavoro della vita e una realizzazione del lavoro dell´Eternità. I fondamenti della sua fiducia sono immutabili perché egli è stato fatto partecipe dell´infinito. Egli lavora strenuamente per compiere le sue imprese quotidiane perché il presente gli è dato in possesso. Cosi l´uomo dovrebbe essere una personificazione del processo divino della natura e portare alla luce l´unione dell´infinito col finito, senza togliere valore alla sua esistenza temporale, anzi ricordando che solo in essa è possibile l´azione individuale e tuttavia senza escludere dalla sua visione ciò che è eterno, sapendo che il tempo è un mistero di cui l´uomo non può sostenere la contemplazione se non lo illumina l´eterna verità".

 

* Professore Emerito di Fisica Sperimentale
Università di Firenze



 

Versione senza grafica
Versione PDF


<<<  Torna alla pagina precedente

Home - Cerca  
Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE Piazza San Pietro - Mercoledì, 9 Ottobre 2024

Ciclo di Catechesi. Lo Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza. 8. «Tutti furono colmati di Spirito Santo». Lo Spirito Santo negli Atti degli Apostoli

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nel nostro itinerario di catechesi sullo Spirito Santo e la Chiesa, oggi facciamo riferimento al Libro degli Atti degli Apostoli.

Il racconto della discesa dello Spirito Santo a Pentecoste inizia con la descrizione di alcuni segni preparatori – il vento fragoroso e le lingue di fuoco –, ma trova la sua conclusione nell’affermazione: «E tutti furono colmati di Spirito Santo» (At 2,4). San Luca – che ha scritto gli Atti degli Apostoli – mette in luce che lo Spirito Santo è Colui che assicura l’universalità e l’unità della Chiesa. L’effetto immediato dell’essere “colmati di Spirito Santo” è che gli Apostoli «cominciarono a parlare in altre lingue» e uscirono dal Cenacolo per annunciare Gesù Cristo alla folla (cfr At 2,4ss).

Così facendo, Luca ha voluto mettere in risalto la missione universale della Chiesa, come segno di una nuova unità tra tutti i popoli. In due modi vediamo che lo Spirito lavora per l’unità. Da un lato, spinge la Chiesa verso l’esterno, perché possa accogliere un numero sempre maggiore di persone e di popoli; dall’altro lato, la raccoglie al suo interno per consolidare l’unità raggiunta. Le insegna a estendersi in universalità e a raccogliersi in unità. Universale e una: questo è il mistero della Chiesa.

Il primo dei due movimenti – l’universalità – lo vediamo in atto nel capitolo 10 degli Atti, nell’episodio della conversione di Cornelio. Il giorno di Pentecoste gli Apostoli avevano annunciato Cristo a tutti i giudei e gli osservanti della legge mosaica, a qualsiasi popolo appartenessero. Ci vuole un’altra “pentecoste”, molto simile alla prima, quella in casa del centurione Cornelio, per indurre gli Apostoli ad allargare l’orizzonte e far cadere l’ultima barriera, quella tra giudei e pagani (cfr At 10-11).

A questa espansione etnica si aggiunge quella geografica. Paolo – si legge sempre negli Atti degli Apostoli (cfr 16,6-10) – voleva annunciare il Vangelo in una nuova regione dell’Asia Minore; ma, è scritto, «lo Spirito Santo glielo aveva impedito»; voleva passare in Bitinia «ma lo Spirito di Gesù non lo permise». Si scopre subito il perché di questi sorprendenti divieti dello Spirito: la notte seguente l’Apostolo riceve in sogno l’ordine di passare in Macedonia. Il Vangelo usciva così dalla nativa Asia ed entrava in Europa.

Il secondo movimento dello Spirito Santo – quello che crea l’unità – lo vediamo in atto nel capitolo 15 degli Atti, nello svolgimento del cosiddetto concilio di Gerusalemme. Il problema è come far sì che l’universalità raggiunta non comprometta l’unità della Chiesa. Lo Spirito Santo non opera sempre l’unità in maniera repentina, con interventi miracolosi e risolutivi, come a Pentecoste. Lo fa anche – e nella maggioranza dei casi – con un lavorio discreto, rispettoso dei tempi e delle divergenze umane, passando attraverso persone e istituzioni, preghiera e confronto. In maniera, diremmo oggi, sinodale. Così infatti avvenne, nel concilio di Gerusalemme, per la questione degli obblighi della Legge mosaica da imporre ai convertiti dal paganesimo. La sua soluzione fu annunciata a tutta la Chiesa con le ben note parole: «Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi...» (At 15,28).

Sant’Agostino spiega l’unità operata dallo Spirito Santo con una immagine, divenuta classica: «Ciò che è l’anima per il corpo umano, lo Spirito Santo lo è per il corpo di Cristo che è la Chiesa» [1]. L’immagine ci aiuta a capire una cosa importante. Lo Spirito Santo non opera l’unità della Chiesa dall’esterno; non si limita a comandare di essere uniti. È Lui stesso il “vincolo di unità”. È Lui che fa l’unità della Chiesa.

Come sempre, concludiamo con un pensiero che ci aiuta a passare dall’insieme della Chiesa a ciascuno di noi. L’unità della Chiesa è l’unità tra persone e non si realizza a tavolino, ma nella vita. Si realizza nella vita. Tutti vogliamo l’unità, tutti la desideriamo dal profondo del cuore; eppure essa è tanto difficile da ottenere che, anche all’interno del matrimonio e della famiglia, l’unione e la concordia sono tra le cose più difficili da raggiungere e più ancora da mantenere.

Il motivo – per cui è difficile l’unità tra noi – è che ognuno vuole, sì, che si faccia l’unità, ma intorno al proprio punto di vista, senza pensare che l’altro che gli sta davanti pensa esattamente la stessa cosa circa il “suo” punto di vista. Per questa via, l’unità non fa che allontanarsi. L’unità di vita, l’unità di Pentecoste, secondo lo Spirito, si realizza quando ci si sforza di mettere al centro Dio, non sé stessi. Anche l’unità dei cristiani si costruisce così: non aspettando che gli altri ci raggiungano là dove noi siamo, ma muovendoci insieme verso Cristo.

Chiediamo allo Spirito Santo che ci aiuti ad essere strumenti di unità e di pace.

[1] Discorsi, 267, 4

Papa Francesco