Cronaca Bianca


Nel SILENZIO di DIO

Quando il Silenzio parla

 

 

         Deve essere terribile! Proprio perché Lui, essendo e potendo tutto, tace!

La sua parola è manifestazione di sé: è il suo “esplicito”. Di conseguenza, più Dio “tace” = più è contenuto e più è se stesso. Se parla lo fa “sottovoce”, quasi con “pudore” … per non sprecare nulla di sé.

 

Nella sacra scrittura si racconta di un rigagnolo che poco per volta ingrandisce e diventa oceano, sommergendo tutto … Quel “rivolo” iniziale aveva in sé l’immensità dell’oceano. Così accade anche per il vento, che incomincia con un semplice “soffio” e può diventare un ciclone o una tromba marina, che spazza via ogni cosa.

 

Dio, la Sapienza Eterna, sa contenersi ed è per questo che diventa “contenitore” di  tutto l’extra, che a suo tempo  -  il “tempo di Dio”!  -  Egli riversa fuori di sé.

 

Quasi con pudore, come per tutto quello che riguarda direttamente Dio, tratteremo del suo Silenzio in tre momenti successivi:

 

in BENABE 56 : “Il Silenzio di Dio: per quale ragione?”

in BENABE 57 : “Il Silenzio di Dio alla pari

e in BENABE 58 : “Il Silenzio di Dio … parlante”.

 

Innanzi tutto dobbiamo considerare che il Silenzio dà sicurezza, rivelandoci che Dio ci ha fatto “liberi”, come dei piccoli “dei”, con il suo DNA che al momento della nascita terrena è dato gratuitamente all’anima creata “A Sua Immagine”; per cui, come Lui, … siamo liberi.

 

Il Silenzio di Dio: per quale ragione?

 

Il Silenzio” indica assenza di qualsiasi operazione: è un vuoto sempre in attesa di essere riempito. E’ come le Beatitudini - la “magna carta” del cristianesimo - che presentano tutte una base di ”kenosi”, di “diminuzione”, di annientamento.

 

Solo nel silenzio ogni parola, rumore o suono o … beatitudine viene messa in evidenza. Tutto risalta sullo sfondo del Silenzio, che è in continuo dono … a condizione che l’uomo   -  piccolo nel creato, ma quanto mai grande davanti a Dio  -  si metta a sua disposizione e faccia da “eco” al Suo Silenzio.

 

Tutto ha una ragione di essere, anche e specie il Silenzio di Dio; e questo sua quiete ci interpella nella proporzione in cui ci accorgiamo di lui e soffriamo per poterlo acquisire.

 

Il neonato al suo primo venire alla luce “vagisce”! Con quel “vagito” egli conferma che il respiro irrora una nuova vita ed assicura i presenti che tutto è cominciato bene.  Ma con quel “vagito” il neonato sembra anche pronunciare un “perché?”, in cui sono concentrati tutti gli innumerevoli “perché?” che dovrà vivere e patire nella sua vita!

 

Perché il Silenzio di Dio? Esso è come una preparazione e un’attesa degli innumerevoli  “silenzi” che incontreremo e che avranno una risposta idonea e solida confrontandosi con il suo Silenzio.

 

Il “perché” del Silenzio di Dio risiede nel fatto che Egli non vuole influenzare la nostra libertà, che gli é sacra! Dio, essendo Padre, dà ad ognuno di noi la sua completa fiducia; dopotutto ha messo in noi la Sua Voce, che è la nostra Coscienza, ed è proprio in questa   -  nell’assoluto silenzio  -   che ognuno può sentire chiaramente la Voce del Padre.

 

Dio, che ha in sé ogni sorta di vita, è nel Silenzio più profondo che dà la vita  e provvede ad ogni vita. Il silenzio di Dio sostiene e spiega ogni nostro perché, che ha un senso e un giusto valore solo se può trovare una eco nel Suo Silenzio.

 

Il Silenzio di Dio vuole essere “alla pari” con il mio silenzio

 

Il Silenzio di Dio” si confronta sempre col “parlare di Dio”: l’uno completa l’altro, l’uno richiede l’altro. Il Silenzio di Dio è come un “sintesi”: Dio è sempre UNO!

 

Per “stuzzicare” la Parola di Dio non c’è altro che richiederla con “tante parole”, “dentro di noi”, nel silenzio della nostra anima. E dal momento che il “piccolo silenzio” è sempre in sintonia col “grande silenzio”, questo sempre ascolta quello, perché tra loro c’è sempre accordo!

 

Per me, per noi, è nelle difficoltà che troviamo con chi ci sta accanto che mostriamo se siamo “alla pari” col Silenzio di Dio. Non ci resta che chiederglielo con sollecitudine. Il Silenzio di Dio ci mostra la grandezza di Dio, ma anche  -  in un gradino molto inferiore  -  di essere un po’ “alla pari” con Lui.

 

Nella presentazione del suo libro: “Siamo Dio. Siamo qui per ricordare di essere Dio”,  Bruno Franchi tra l’altro scrive: “… Se quindi non c’è una prova sulla sua esistenza ( “di Dio” N.T.) perché l’uomo crede in un Dio silenzioso e invisibile che non ha mai parlato e non interviene mai nelle faccende terrene? Può dunque il Padre di tutti, come viene definito, lasciare liberi i suoi figli di fare quello che vogliono? Se si prende l’esempio terreno, la madre e il padre accudiscono i loro figli fin quando sono piccoli e li educano in funzione di quello che sono, e chi ama i propri figli li difende e li protegge a costo della sua vita. Non c’è bisogno di scriverlo, ma chi ha dei figli sa che farebbe qualsiasi cosa per loro, per non vederli soffrire; come mai allora Dio non si comporta come un Padre e una Madre terrena?”.

 

Rispondo semplicemente: “Caro scrittore, non sono d’accordo con le tue affermazioni, proprio oggi, in cui la famiglia è letteralmente scompaginata… Se siamo arrivati a questo, la ragione è che davanti al “bullismo” dei figli nella scuola primaria e secondaria, invece di aiutare gli insegnanti ad educare, i genitori non fanno che difenderli ed esasperarli maggiormente … Sarebbe stato meglio se i padri e le madri, di fronte alle prevaricazioni dei figli, avessero risposto con un “silenzio” parlante, come sa fare così bene il nostro Dio, che tutto vede e a tutto provvede …”.

 

Dal “Silenzio di Dio” all’affermazione che “Dio che non esiste” il passo è breve: si va, semplicemente, dal momento presente … all’eternità. A chi appartiene questo “Silenzio”? Egli è l’Essere perfettissimo, Creatore del macro e micro cosmo, ed essendo noi così piccoli davanti a Lui, dobbiamo guardarci bene dal darGli consigli … Quello che ha fatto, lo ha fatto sempre bene, ed è molto, molto di più, di quello che i nostri genitori hanno fatto per noi … Proprio e solo per darci fiducia, ci ha messo in mano la possibilità di essere completamente “liberi”, potendogli dire di sì o di no …

Ma noi, facendo di testa nostra  -  nei nostri progenitori  -  abbiamo guadagnato la venuta di Gesù, che ci ha parlato del Padre intimamente. Così ora sappiamo che Dio ci parla proprio con il “suo Silenzio”.

 

Allora, “perché Dio non parla?” Per rispetto.  Solo nel vero silenzio,  nell’intimo di noi, della nostra coscienza, sentiamo parlare fortemente e chiaramente il “silenzio di Dio”. E come! E sappiamo bene che quando Dio parla ed esce dal suo silenzio, ci sconvolge. Il problema è che non sappiamo fare silenzio in noi! Provare per credere.

 

Ma è vero che Dio è silenzioso? Tanti vedono come frutto del Suo Silenzio lo scatenarsi periodico degli elementi naturali : dai terremoti ai maremoti, alle inondazioni. Ma ancor più dei cataclismi che sconvolgono la terra, ci sono le catastrofi spirituali, quando sentiamo il tumulto in noi, nella nostra anima. Ognuno ne ha fatto l’esperienza, forse a insaputa di coloro che gli erano vicino … e alcuni sono stati portati via da quelle “inondazioni”.

 

Il “Silenzio di Dio” fa paura e, a volte , per “scaramanzia” non se ne vuole parlare, nemmeno sussurrare!

Intanto, sia che ne parliamo sia che ne tacciamo, Dio c’è quotidianamente in ogni momento presente, dandoci l’aria da respirare e la luce per vedere. Mettiamoci d’accordo nell’accettare il “Silenzio di Dio” nell’aria che respiriamo e nella luce che ci fa vedere.

 

 

Il Silenzio di Dio … parlante

 

Tutto quello che Dio è e fa é sempre a nostro beneficio, essendo Padre, come Gesù, venuto tra noi, ha rivelato nel suo messaggio evangelico.

 

Il Silenzio di Dio afferma qualcosa di globale, di indissolubile, di indivisibile, che non si può manomettere. Esso esclude assolutamente ogni possibile particolarità: è aperto a tutti, non avendo limiti.

 

Chi tace, acconsente!”. Dio è Dio e io posso averlo solo se mi lascio prendere dalla sua Luce, che sempre è in simbiosi con il suo Silenzio; sono due prerogative ineffabili, prettamente di Dio solo.

 

Dio ha tutto in sé e sa come farsi capire da noi uomini; non ha bisogno della Parola, che è il veicolo naturale di intesa. Per Lui c’è “tutt’altro”: la “non parola”, dato che Lui è dappertutto e non c’è vuoto che gli sia inaccessibile.

 

Come c’è stato il Verbo  -  la Parola del Padre  -  che si è fatto uomo ed è venuto in mezzo a noi; così in Gesù c’è il Silenzio di Dio che per semplice desiderio umano  -  vero e forte desiderio!  -  quasi obbliga Dio a tramutare il suo Silenzio in Parola.

Per questo, se lo desideriamo intensamente, il Suo Silenzio  -   divenuto Parola  -  lo si può ascoltare nella profondità della coscienza.

 

Andiamo in una chiesa o contempliamo la natura: lì, nel profondo silenzio dell’anima, sentiamo il Suo Silenzio che diventa Parola molto intelligibile! Basta intensamente volerlo … con la volontà di un bambino, che da suo padre sa ottenere tutto.

 

Così il Silenzio di Dio diventa veramente parlante! Facciamone la prova!

 

Il Silenzio di Dio è il luogo ideale perché la Parola si manifesti e si faccia sentire. Ma perché ciò avvenga è richiesto il nostro silenzio umano, specialmente se sofferto. Solo allora i due silenzi si attraggono e diventano uno. Solo allora il primo  -  quello di Dio  - , che è il più “valido ed energetico”, parla e come!

 

L’Ex

 

 

 

       

 

 



 

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Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE Piazza San Pietro, Mercoledì 22 ottobre 2025

Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. IV. La Risurrezione di Cristo e le sfide del mondo attuale. 2. La Risurrezione di Cristo, risposta alla tristezza dell’essere umano

Cari fratelli e sorelle, buongiorno! E benvenuti tutti!

La risurrezione di Gesù Cristo è un evento che non si finisce mai di contemplare e di meditare, e più lo si approfondisce, più si resta pieni di meraviglia, si viene attratti, come da una luce insostenibile e al tempo stesso affascinante. È stata un’esplosione di vita e di gioia che ha cambiato il senso dell’intera realtà, da negativo a positivo; eppure non è avvenuta in modo eclatante, men che meno violento, ma mite, nascosto, si direbbe umile.

Oggi rifletteremo su come la risurrezione di Cristo può guarire una delle malattie del nostro tempo: la tristezza. Invasiva e diffusa, la tristezza accompagna le giornate di tante persone. Si tratta di un sentimento di precarietà, a volte di disperazione profonda che invade lo spazio interiore e che sembra prevalere su ogni slancio di gioia.

La tristezza sottrae senso e vigore alla vita, che diventa come un viaggio senza direzione e senza significato. Questo vissuto così attuale ci rimanda al celebre racconto del Vangelo di Luca (24,13-29) sui due discepoli di Emmaus. Essi, delusi e scoraggiati, se ne vanno da Gerusalemme, lasciandosi alle spalle le speranze riposte in Gesù, che è stato crocifisso e sepolto. Nelle battute iniziali, questo episodio mostra come un paradigma della tristezza umana: la fine del traguardo su cui si sono investite tante energie, la distruzione di ciò che appariva l’essenziale della propria vita. La speranza è svanita, la desolazione ha preso possesso del cuore. Tutto è imploso in brevissimo tempo, tra il venerdì e il sabato, in una drammatica successione di eventi.

Il paradosso è davvero emblematico: questo triste viaggio di sconfitta e di ritorno all’ordinario si compie lo stesso giorno della vittoria della luce, della Pasqua che si è pienamente consumata. I due uomini danno le spalle al Golgota, al terribile scenario della croce ancora impresso nei loro occhi e nel loro cuore. Tutto sembra perduto. Occorre tornare alla vita di prima, col profilo basso, sperando di non essere riconosciuti.

A un certo punto, si affianca ai due discepoli un viandante, forse uno dei tanti pellegrini che sono stati a Gerusalemme per la Pasqua. È Gesù risorto, ma loro non lo riconoscono. La tristezza annebbia il loro sguardo, cancella la promessa che il Maestro aveva fatto più volte: che sarebbe stato ucciso e che il terzo giorno sarebbe risuscitato. Lo sconosciuto si accosta e si mostra interessato alle cose che loro stanno dicendo. Il testo dice che i due «si fermarono, col volto triste» (Lc 24,17). L’aggettivo greco utilizzato descrive una tristezza integrale: sul loro viso traspare la paralisi dell’anima.

Gesù li ascolta, lascia che sfoghino la loro delusione. Poi, con grande franchezza, li rimprovera di essere «stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!» (v. 25), e attraverso le Scritture dimostra che il Cristo doveva soffrire, morire e risorgere. Nei cuori dei due discepoli si riaccende il calore della speranza, e allora, quando ormai scende la sera e arrivano alla meta, invitano il misterioso compagno a restare con loro.

Gesù accetta e siede a tavola con loro. Poi prende il pane, lo spezza e lo offre. In quel momento i due discepoli lo riconoscono… ma Lui subito sparisce dalla loro vista (vv. 30-31). Il gesto del pane spezzato riapre gli occhi del cuore, illumina di nuovo la vista annebbiata dalla disperazione. E allora tutto si chiarisce: il cammino condiviso, la parola tenera e forte, la luce della verità… Subito si riaccende la gioia, l’energia scorre di nuovo nelle membra stanche, la memoria torna a farsi grata. E i due tornano in fretta a Gerusalemme, per raccontare tutto agli altri.

“Il Signore è veramente Risorto” (cfr v. 34). In questo avverbio, veramente, si compie l’approdo certo della nostra storia di esseri umani. Non a caso è il saluto che i cristiani si scambiano nel giorno di Pasqua. Gesù non è risorto a parole, ma con i fatti, con il suo corpo che conserva i segni della passione, sigillo perenne del suo amore per noi. La vittoria della vita non è una parola vana, ma un fatto reale, concreto.

La gioia inattesa dei discepoli di Emmaus ci sia di dolce monito quando il cammino si fa duro. È il Risorto che cambia radicalmente la prospettiva, infondendo la speranza che riempie il vuoto della tristezza. Nei sentieri del cuore, il Risorto cammina con noi e per noi. Testimonia la sconfitta della morte, afferma la vittoria della vita, nonostante le tenebre del Calvario. La storia ha ancora molto da sperare in bene.

Riconoscere la Risurrezione significa cambiare sguardo sul mondo: tornare alla luce per riconoscere la Verità che ci ha salvato e ci salva. Sorelle e fratelli, restiamo vigili ogni giorno nello stupore della Pasqua di Gesù risorto. Lui solo rende possibile l’impossibile!

LEONE XIV