Cronaca Bianca


La pianta grassa

Inserto al numero 54 di BENABE

 

LA PIANTA GRASSA

 

         Ho davanti a me una pianta grassa, il cosiddetto "cuscino della suocera", che per le sue qualità, esterne ed interne, mi interroga fortemente e, nello stesso tempo, mi propone il "curriculum vitae" di un vero cristiano. E´ una allegoria, più o meno come tutte le parabole che Gesù narra qua e là nel suo messaggio evangelico. Questa semplice pianta grassa vuole dirmi cose che altrimenti non potrei capire e approfondire.

 

         L´uso di immagini, attinte dal quotidiano o inventate per esemplificare il messaggio, serve a comunicare la Buona Novella in modo più chiaro e incisivo di quanto potrebbe farlo un´esposizione concettuale. Nelle sue parabole Gesù non risparmia all´ascoltatore l´esigenza di cercare il senso della narrazione. Anzi, Gesù stesso va oltre il racconto, invita a lasciarsi interpellare, evitando di fermarsi all´ascolto "passivo".

 

        La spirale è quella curva piana che ha la proprietà di avvolgersi in infiniti giri intorno ad un punto. Un tipo particolare di spirale è la spirale logaritmica  (o spirale aurea). Un esempio di applicazione di questo tipo di spirale si trova nella struttura di alcune piante grasse, soprattutto nelle cactacee. Le spine, e a volte addirittura le coste delle piante, sono disposte a forma di spirale. Nelle immagini si vedono delle cactacee con le spirali formate dalle spine, evidenziate dal colore bianco. Si tratta di 15 spirali che si avvolgono in senso orario. Analogamente si possono distinguere altre spirali, in senso antiorario.

 

         Mentre osservo queste linee sento chiaramente l´invito a ricordare che il mio vivere cristiano deve essere tutto come una "spirale" attorno a Colui che mi ha fatto a Sua Immagine: uno per tutti e tutti per uno, per giungere a quel "tutti per tutti", che è la realizzazione della parola di Gesù: "Che tutti siano uno!".

 

         L'echinocactus, più noto come palla d'oro o cuscino della suocera, rientra in un genere che comprende 10 specie di cactus con forma globosa o cilindrica.  Allo stato spontaneo tale pianta raggiunge un diametro di 90 cm., ma può assumere dimensioni notevoli (più di 70 cm) anche in appartamento, dopo molti anni.

 

Altre informazioni

 

         In tutto il mondo si calcola che esistano più di diecimila specie di piante grasse, suddivise in circa venticinque famiglie, tra le quali spicca per numero e per notorietà quella delle cactacee. L'elemento che accomuna la famiglia delle cactacee è costituito da una specie di cuscinetto feltroso, dal quale emergono spine, aculei, setole, peli, in grado di sostituire i nodi che hanno le altre piante.

 

Le cactacee sono tipiche del continente americano e si estendono dal Canada alla Patagonia; sono soprattutto diffuse nelle steppe, nelle praterie e nei semideserti.

 

·    Ogni pianta grassa preferisce l´ambiente in cui è nata, ma si adatta più o meno ad ogni territorio, prendendo forme sempre nuove, a seconda della sua esposizione all´aria o alla sorgente di luce a cui sottosta; per questo la pianta si allunga, si restringe o si contorce … in barba al suo coltivatore.

 

. Cresce facilmente in qualsiasi clima anche avverso, passando indenne dall´estate all´inverno, e rimane in vita anche nelle estreme temperature di secco, di caldo o di freddo. Ha in sé, infatti, tutto il necessario per vivere, sia liquido che solido.

 

·   Non ha bisogno di tanta acqua e può restare all´ "asciutto" per tanto tempo, vivendo dell´acqua che ha in se stessa.

 

Gli innesti tra piante grasse di famiglie differenti avvengono con semplicità : basta avvicinare le due parti "scorticate" per un certo tempo. Tra loro c´è attinenza e non "rigetto".

 

Prepariamoci ad una operazione chirurgica (!?) su una pianta grassa e precisamente su un "cuscino della suocera" : mettiamo attorno al collo un ampio tovagliolo, per non sporcarci troppo, e prendiamo una forchetta e un coltello. Fare un varco nella corazza di aculei domanda un po´ di tempo, cercando di non rovinare la massa carnosa e gelatinosa. E´ questa che interessa, perché su di essa si possono fare tanti innesti quanti se ne vogliono fare ...  Tutte le piante grasse  -  e ci sono migliaia di qualità  -   si possono innestare tra loro. Provare per credere.

 

A questo punto ci tengo a mettere in rilievo due parabole, utilissime per capire la nostra "parte spirituale".

 

La corazza e la polpa carnosa e gelatinosa si confanno a quasi tutti le piante grasse. Come sempre, una parte è per l´altra e, in questo caso specifico, la corazza è per la polpa e viceversa. In tutta la natura vegetale il famoso "comandamento nuovo dell´amore reciproco"  lo si vive assieme. Il mio corpo ha bisogno di proteggersi e c´è l´intelligenza che lo assiste; ma la mia parte spirituale  -  l´anima  -  senza corazza non ce la farà a difendersi dal male che in mille maniere la soffoca … Saranno gli aculei della preghiera e delle opere di bene a "corazzarla".  Per un cristiano la corazza é la difesa della propria identità, e consiste nel non venire mai a patteggiamenti  e trattative con il male, che si insinua in mille maniere e forme. Col male non si tratta mai, ma solo si mostra la corazza.

 

Gli innesti poi, così facili a farsi nelle piante grasse, per noi cristiani significano che dobbiamo sempre essere pronti a "farci uno" con l´altro, per comprenderlo e portarlo alla sequela di Gesù, che è solo e tutto bene.

La pianta grassa, quindi, potrebbe diventare una "mascotte" per ogni cristiano, per me innanzi tutto.

 

         Che ne dici, lettore? Sei d´accordo?          

                      

          L´Ex

 

 

 

 



 

Versione senza grafica
Versione PDF


<<<  Torna alla pagina precedente

Home - Cerca  
Messaggio Cristiano
Udienza Generale - Piazza San Pietro Mercoledì, 10 Settembre 2025

Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. III. La Pasqua di Gesù. 6. La morte. «Gesù, dando un forte grido, spirò» (Mc 15,37)

Cari fratelli e sorelle,
buongiorno e grazie per la vostra presenza, una bella testimonianza!

Oggi contempliamo il vertice della vita di Gesù in questo mondo: la sua morte in croce. I Vangeli attestano un particolare molto prezioso, che merita di essere contemplato con l’intelligenza della fede. Sulla croce, Gesù non muore in silenzio. Non si spegne lentamente, come una luce che si consuma, ma lascia la vita con un grido: «Gesù, dando un forte grido, spirò» (Mc 15,37). Quel grido racchiude tutto: dolore, abbandono, fede, offerta. Non è solo la voce di un corpo che cede, ma il segno ultimo di una vita che si consegna.

Il grido di Gesù è preceduto da una domanda, una delle più laceranti che possano essere pronunciate: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». È il primo verso del Salmo 22, ma sulle labbra di Gesù assume un peso unico. Il Figlio, che ha sempre vissuto in intima comunione con il Padre, sperimenta ora il silenzio, l’assenza, l’abisso. Non si tratta di una crisi di fede, ma dell’ultima tappa di un amore che si dona fino in fondo. Il grido di Gesù non è disperazione, ma sincerità, verità portata al limite, fiducia che resiste anche quando tutto tace.

In quel momento, il cielo si oscura e il velo del tempio si squarcia (cfr Mc 15,33.38). È come se il creato stesso partecipasse a quel dolore, e insieme rivelasse qualcosa di nuovo: Dio non abita più dietro un velo, il suo volto è ora pienamente visibile nel Crocifisso. È lì, in quell’uomo straziato, che si manifesta l’amore più grande. È lì che possiamo riconoscere un Dio che non resta distante, ma attraversa fino in fondo il nostro dolore.

Il centurione, un pagano, lo capisce. Non perché ha ascoltato un discorso, ma perché ha visto morire Gesù in quel modo: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!» (Mc 15,39). È la prima professione di fede dopo la morte di Gesù. È il frutto di un grido che non si è disperso nel vento, ma ha toccato un cuore. A volte, ciò che non riusciamo a dire a parole lo esprimiamo con la voce. Quando il cuore è pieno, grida. E questo non è sempre un segno di debolezza, può essere un atto profondo di umanità.

Noi siamo abituati a pensare al grido come a qualcosa di scomposto, da reprimere. Il Vangelo conferisce al nostro grido un valore immenso, ricordandoci che può essere invocazione, protesta, desiderio, consegna. Addirittura, può essere la forma estrema della preghiera, quando non ci restano più parole. In quel grido, Gesù ha messo tutto ciò che gli restava: tutto il suo amore, tutta la sua speranza.

Sì, perché anche questo c’è, nel gridare: una speranza che non si rassegna. Si grida quando si crede che qualcuno possa ancora ascoltare. Si grida non per disperazione, ma per desiderio. Gesù non ha gridato contro il Padre, ma verso di Lui. Anche nel silenzio, era convinto che il Padre era lì. E così ci ha mostrato che la nostra speranza può gridare, persino quando tutto sembra perduto.

Gridare diventa allora un gesto spirituale. Non è solo il primo atto della nostra nascita – quando veniamo al mondo piangendo –: è anche un modo per restare vivi. Si grida quando si soffre, ma pure quando si ama, si chiama, si invoca. Gridare è dire che ci siamo, che non vogliamo spegnerci nel silenzio, che abbiamo ancora qualcosa da offrire.

Nel viaggio della vita, ci sono momenti in cui trattenere tutto dentro può consumarci lentamente. Gesù ci insegna a non avere paura del grido, purché sia sincero, umile, orientato al Padre. Un grido non è mai inutile, se nasce dall’amore. E non è mai ignorato, se è consegnato a Dio. È una via per non cedere al cinismo, per continuare a credere che un altro mondo è possibile.

Cari fratelli e sorelle, impariamo anche questo dal Signore Gesù: impariamo il grido della speranza quando giunge l’ora della prova estrema. Non per ferire, ma per affidarci. Non per urlare contro qualcuno, ma per aprire il cuore. Se il nostro grido sarà vero, potrà essere la soglia di una nuova luce, di una nuova nascita. Come per Gesù: quando tutto sembrava finito, in realtà la salvezza stava per iniziare. Se manifestata con la fiducia e la libertà dei figli di Dio, la voce sofferta della nostra umanità, unita alla voce di Cristo, può diventare sorgente di speranza per noi e per chi ci sta accanto.

LEONE XIV