Martedì 23 Aprile 2024
Contempliamo qui le meraviglie del creato
Amore al fratello!ContattiLa Parola di DioBlog
Africa di ieri e di oggi


Storia ufficiosa del Centrafrica

La vita e l'ambiente degli abitanti nel nord-ovest centrafricano

Nei vari “servizi” del sito, fin dal suo inizio, sono alla portata di tutti gli scritti spirituali che l’Ex ha composto nella foresta centrafricana.

 

L’Ex per vari anni ha anche contattato gli anziani autoctoni, per avere notizie dettagliate sugli usi e costumi degli avi e sulle brutte avventure da loro vissute in seguito alle razzie, che sono terminate definitivamente solo nel 1927. Su questi argomenti l’Ex ha stampato una serie di “CAHIERS TENGBI” in lingua francese.

 

Ora, dopo sette anni di silenzio (in cui l’Ex era un po’ mortificato per tanto lavoro rimasto nell’oblio), ecco che improvvisamente gli scritti sono stati ripresi e presentati a Bouar, nel Centrafrica, dove già erano convalidati da un magnifico museo. Tutto è opera di un volontario francese: ALAIN DEGRAS.

 

I nostri lettori del sito www.benabe.org d’ora in poi potranno pescare a piene mani fra tante notizie inedite, sulla vita, l’ambiente e le razzie vissute dagli abitanti del nord-ovest del Centrafrica. Tutto scritto in un moderno francese. Ci guadagna la lingua, ma ne è anche rincuorato l’Ex… sempre un po’ nostalgico di quella gente che, anche se “pagana”, vive l’amore reciproco senza saperlo.

 

E tu, lettore, in “Africa di ieri e di oggi” incontrerai le notizie, belle e brutte, che tanti “bakoro-zo” – anziani passati all’altra vita – hanno raccontato all’Ex e che sono state da lui registrate su un vecchio magnetofono. Vi leggerai dunque:

 

·         La storia vera del KONGO-WARA: sommossa popolare diretta dallo stregone KARINOU

 

·         Notizie vere sull’INIZIAZIONE all’età adulta – LABI per i giovani e DODO-SEO/BANA per le ragazze – molto interessante, e che dall’Indipendenza del 1959 non esiste più

 

·         Una presentazione del MUSEO della YOLE’, che si trova a Bouar, il migliore di tutto il Centrafrica

 

·         Notizie preziose sul centro urbano di NGAOUNDAYE (tana degli scorpioni)

 

         Se poi ci saranno lettori che desiderano avere gli scritti in un’altra lingua, ad esempio l’inglese, sarà dovere e piacere per l’Ex e la redazione di BENABE tradurli in una lingua più universale.

 

L’Ex e la Redazione


Documenti allegati

 Karinu o Karnu o Barka
 Sguardo d'insieme sulla Repubblica Centrafricana
 I Gbaya (I fascicolo)
 I Gbaya (II fascicolo)
 Le altre etnie
 Al lago di Messé
 Akotara
 Il Museo di Bouar
 Pianta del Museo
 Tengi o Storia ufficiosa del Centrafrica
 Conclusione

 

Versione senza grafica
Versione PDF


<<<  Torna alla pagina precedente

Home - Cerca  
Messaggio Cristiano
Udienza Generale, 17 Aprile 2024

Catechesi. I vizi e le virtù. 15. La temperanza

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi parlerò della quarta e ultima virtù cardinale: la temperanza. Con le altre tre, questa virtù condivide una storia che risale molto indietro nel tempo e che non appartiene ai soli cristiani. Per i greci la pratica delle virtù aveva come obbiettivo la felicità. Il filosofo Aristotele scrive il suo più importante trattato di etica indirizzandolo al figlio Nicomaco, per istruirlo nell’arte del vivere. Perché tutti cerchiamo la felicità eppure così pochi la raggiungono? Questa è la domanda. Per rispondere ad essa Aristotele affronta il tema delle virtù, tra le quali ha uno spazio di rilievo la enkráteia, cioè la temperanza. Il termine greco significa letteralmente “potere su sé stessi”. La temperanza è un potere su sé stessi. Questa virtù è dunque la capacità di autodominio, l’arte di non farsi travolgere da passioni ribelli, di mettere ordine in quello che il Manzoni chiama il “guazzabuglio del cuore umano”.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci dice che «la temperanza è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati». «Essa – prosegue il Catechismo – assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’onestà. La persona temperante orienta al bene i propri appetiti sensibili, conserva una sana discrezione, e non segue il proprio istinto e la propria forza assecondando i desideri del proprio cuore» (n. 1809).

Dunque, la temperanza, come dice la parola italiana, è la virtù della giusta misura. In ogni situazione, si comporta con saggezza, perché le persone che agiscono mosse sempre dall’impeto o dall’esuberanza alla fine sono inaffidabili. Le persone senza temperanza sono sempre inaffidabili. In un mondo dove tanta gente si vanta di dire quello che pensa, la persona temperante preferisce invece pensare quello che dice. Capite la differenza? Non dire quello che mi viene in mente, così… No, pensare a quello che devo dire. Non fa promesse a vanvera, ma assume impegni nella misura in cui li può soddisfare.

Anche con i piaceri, la persona temperante agisce con giudizio. Il libero corso delle pulsioni e la totale licenza accordata ai piaceri, finiscono per ritorcersi contro noi stessi, facendoci precipitare in uno stato di noia. Quanta gente che ha voluto provare tutto con voracità si è ritrovata a perdere il gusto di ogni cosa! Meglio allora cercare la giusta misura: ad esempio, per apprezzare un buon vino, assaporarlo a piccoli sorsi è meglio che ingurgitarlo tutto d’un fiato. Tutti sappiamo questo.

La persona temperante sa pesare e dosare bene le parole. Pensa a quello che dice. Non permette che un momento di rabbia rovini relazioni e amicizie che poi solo con fatica potranno essere ricostruite. Specialmente nella vita famigliare, dove le inibizioni si abbassano, tutti corriamo il rischio di non tenere a freno tensioni, irritazioni, arrabbiature. C’è un tempo per parlare e un tempo per tacere, ma entrambi richiedono la giusta misura. E questo vale per tante cose, ad esempio lo stare con gli altri e lo stare da soli.

Se la persona temperante sa controllare la propria irascibilità, non per questo la vedremo perennemente con il volto pacifico e sorridente. Infatti, qualche volta è necessario indignarsi, ma sempre nella giusta maniera. Queste sono le parole: la giusta misura, la giusta maniera. Una parola di rimprovero a volte è più salutare rispetto a un silenzio acido e rancoroso. Il temperante sa che nulla è più scomodo del correggere un altro, ma sa anche che è necessario: altrimenti si offrirebbe libero campo al male. In certi casi, il temperante riesce a tenere insieme gli estremi: afferma i principi assoluti, rivendica i valori non negoziabili, ma sa anche comprendere le persone e dimostra empatia per esse. Dimostra empatia.

Il dono del temperante è dunque l’equilibrio, qualità tanto preziosa quanto rara. Tutto, infatti, nel nostro mondo spinge all’eccesso. Invece la temperanza si sposa bene con atteggiamenti evangelici quali la piccolezza, la discrezione, il nascondimento, la mitezza. Chi è temperante apprezza la stima degli altri, ma non ne fa l’unico criterio di ogni azione e di ogni parola. È sensibile, sa piangere e non se ne vergogna, ma non si piange addosso. Sconfitto, si rialza; vincitore, è capace di tornare alla vita nascosta di sempre. Non cerca gli applausi, ma sa di avere bisogno degli altri.

Fratelli e sorelle, non è vero che la temperanza rende grigi e privi di gioie. Anzi, fa gustare meglio i beni della vita: lo stare insieme a tavola, la tenerezza di certe amicizie, la confidenza con le persone sagge, lo stupore per le bellezze del creato. La felicità con la temperanza è letizia che fiorisce nel cuore di chi riconosce e dà valore a ciò che più conta nella vita. Preghiamo il Signore perché ci dia questo dono: il dono della maturità, della maturità dell’età, della maturità affettiva, della maturità sociale. Il dono della temperanza.

Papa Francesco