Mercoledì 7 Giugno 2023
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Letture e meditazioni


INVERNO DELL´ANIMA

(nei giorni della pandemia)

Sai, forse è questo l’inverno,

non i capricci del vento

o il silenzio antico della neve,

ma quell’ombra fredda posata sul cuore,

inverno dell’anima.

E ci scopriamo fragili e affranti,

a cercare lontano

un luogo ignoto dove il dolore svanisca

e il cielo non pianga più le sue stelle.

Siamo nella stessa onda

a implorare la pietà del mare

e ci sgomenta il nulla oltre l’orizzonte,

i nostri passi che non lasciano più impronta.

Litanie di giorni immobili

nel tempo infinito del dolore.

E pesa la solitudine del viaggio,

l’affanno di mani a cercare altre mani

e occhi a implorare la carezza di uno sguardo.

Inquieta il tocco invisibile della morte,

un inganno di stelle al tramonto

e l’oblio della notte sulla terra desolata.

Un pianto di foglie arrese all’autunno

e raccontarsi gli abbracci che non puoi

mentre il cuore affonda in un mare di silenzio.

Forse anche le pietre gridano il dolore

all’ombra della croce

e, nelle strade deserte di passi,

il vento solleva foglie nascoste

dietro angoli di solitudine.

Siamo diventati isole lontane senza approdi,

pallido il mare e le sue bianche schiume

tristi corone di lacrime

al gelido abbraccio della morte.

Eppure oltre le case mute,

il cielo s’illumina di sereno

mentre la terra incerta attende

che l’onda scura in esilio si ritiri.

I GIORNI DI IERI 

Aspro sciabordio di onde,

nella gelida oscurità piange anche il mare

e i suoi gemiti amari schiaffeggiano il cuore.

Forse rammenta i giorni di ieri,

le chiare stelle sopra l’orizzonte

e i gabbiani ebbri di vento

a disegnare parole ai confini della notte.

Sfilano mesti i cortei per la città deserta

e strazia il dolore che resta

dentro lacrime di silenzio.

Grave questa cupola di cielo triste e nera

e la terra pare un grembo freddo senza più vita.

Illusione che l’arida morte

riscatti l’oltraggio ai vinti

con tenerezza di affetti e pietà di sguardi.

Le spente stagioni, la quiete immobile del silenzio

e le infinite litanie di onde

nel mare dell’eterno.

Desolata attende la terra quel che resta

di stremate, esauste membra.

Gente fiera e antica

piegata da oscuro morbo,

ombre alle ombre bagnate di pioggia

nella  grigia nebbia della sera.

Breve il tempo dell’aurora,

notte gravida di dolore incombe

e solo devota promessa di memoria

asciuga le lacrime

sul pallido volto degli assenti.

RITA

 

 

Ci sono tre silenzi da intendere e interpretare,

a cui dare un significato :

il silenzio di Gesù, quello di Dio e il mio.

 

IL SILENZIO DI GESU’

 

         Quando si accenna al silenzio di Gesù, subito il pensiero corre al silenzio della passione. E infatti è qui che il silenzio ha raggiunto il punto più alto della sua forza espressiva.

 

         Ma i Vangeli non parlano soltanto del silenzio della passione. C’è anche il silenzio dell’uomo che resta ammutolito di fronte a Gesù, o perché la sua parola lo riempie di meraviglia o perché la sua verità lo infastidisce. C’è il silenzio di Gesù di fronte alle domande pretestuose o inutili di chi finge di interrogarlo. E c’è il silenzio che Gesù impone a chi vorrebbe parlare di lui prima di aver intravisto la novità, che è la croce. Non basta il coraggio dell’annuncio a fare un vero discepolo. Occorre anche lo spazio del silenzio necessario per cogliere la novità di Gesù. Stupisce il silenzio di Gesù di fronte alla morte di Lazzaro (Gv 11). In verità è lo specchio del silenzio di Dio, un silenzio che lo stesso Gesù incontra nel Getsemani e nella sua domanda sulla croce.

 

         Il racconto del Getsemani è apparentemente un dialogo. Gesù parla cinque volte, sempre rivolgendosi a qualcuno: ai discepoli e al Padre. Ma nessuno gli risponde, quasi fosse un monologo.

 

         L’esperienza del silenzio di Dio non dice la debolezza della fede, ma la profondità e l’umanità della fede e porta al centro dell’uomo e della storia, là dove Dio e l’uomo sembrano contraddirsi, dove Dio sembra assente o distratto, dove la morte sembra avere l’ultima parola sulla vita e la menzogna sulla  verità. Ma se compreso nel mistero di Cristo, allora il silenzio di Dio appare nella sua realtà, cioè come un diverso modo di parlare. Infatti nel Getsemani il Padre ha parlato: non con il miracolo che libera dalla morte, ma con il coraggio di affrontare la morte attraversandola. Se all’inizio Gesù è angosciato e impietrito, alla fine  -  dopo aver pregato  -   egli è tornato sereno e pronto: “Alzatevi, andiamo! Colui che mi tradisce è vicino” (Mc 14,42).

 

         Il momento più espressivo del silenzio di Gesù è la passione. Qui il silenzio è veramente più denso delle parole. Nella passione Gesù parla poche volte, mai per difendersi, ma soltanto per spiegare la sua identità. Sollecitato dal sommo sacerdote a rispondere alle molte accuse, Gesù tace. E’ il silenzio di chi, nell’umiliazione, conserva intatta la sua dignità. La verità tace di fronte alla violenza, non perché non abbia nulla da dire, ma perché ha già detto tutto.

 

         Nei racconti della passione è sempre presente la figura del giusto sofferente, che Gesù rivive e ingigantisce. E’ la figura senza tempo, presente in ogni momento della storia e in ogni luogo. Gesù ne è la gigantografia. E’ la figura dell’uomo che annuncia la verità e proprio per questo è colpito.

 

         Nel racconto del processo di Gesù davanti a Pilato sono in molti a parlare: i sacerdoti, Pilato, la folla, i soldati. Ma Gesù non parla.

 

         Nei racconti di Marco (15,24-39) e Matteo (27,32-50) attorno al crocifisso sono molti a parlare: i passanti, i sacerdoti, le guardie, i due ladroni. Tutti parlano o di Gesù o contro Gesù, ma lui tace.

 

         Rivolge una domanda al suo Dio, che cade nel silenzio. Muore con un grido senza parole: “Gesù, dato un forte grido, spirò”.

 

         Il Padre parlerà, ma dopo, con la resurrezione. La croce è il momento in cui tocca al Figlio manifestare tutta la sua fiducia nel Padre. Tocca al Crocifisso rivelare fino a che punto giunge l’amore di Dio.

 

         Ma c’è anche il silenzio di Maria che dovrebbe essere lo specchio del silenzio della Chiesa.  Fra i molti silenzi di Maria il più significativo è quello ai piedi della Croce. Gesù le rivolge la parola: “Donna, ecco tuo figlio” (Gv19,26). Ma la madre non risponde. La sua risposta è il silenzio che acconsente, il silenzio che esprime un “sì” detto con la vita.

Bruno Maggioni

 



 

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Messaggio Cristiano
Angelus, 4 Giugno

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi, Solennità della Santissima Trinità, il Vangelo è tratto dal dialogo di Gesù con Nicodemo (cfr Gv 3,16-18). Nicodemo era un membro del Sinedrio, appassionato del mistero di Dio: riconosce in Gesù un maestro divino e di nascosto, di notte, va a parlare con Lui. Gesù lo ascolta, capisce che è un uomo in ricerca e allora prima lo stupisce, rispondendogli che per entrare nel Regno di Dio bisogna rinascere; poi gli svela il cuore del mistero dicendo che Dio ha amato così tanto l’umanità da mandare il suo Figlio nel mondo. Gesù, dunque, il Figlio, ci parla del Padre e del suo amore immenso.

Padre e Figlio. È un’immagine familiare che, se ci pensiamo, scardina il nostro immaginario su Dio. La parola stessa “Dio”, infatti, ci suggerisce una realtà singolare, maestosa e distante, mentre sentir parlare di un Padre e di un Figlio ci riporta a casa. Sì, possiamo pensare Dio così, attraverso l’immagine di una famiglia riunita a tavola, dove si condivide la vita. Del resto, quella della mensa, che allo stesso tempo è un altare, è un simbolo con cui certe icone raffigurano la Trinità. È un’immagine che ci parla di un Dio comunione. Padre, Figlio e Spirito Santo: comunione.

Ma non è solo un’immagine, è realtà! È realtà perché lo Spirito Santo, lo Spirito che il Padre mediante Gesù ha effuso nei nostri cuori (cfr Gal 4,6), ci fa gustare, ci fa assaporare la presenza di Dio: presenza sempre vicina, compassionevole e tenera. Lo Spirito Santo fa con noi come Gesù con Nicodemo: ci introduce nel mistero della nuova nascita – la nascita della fede, della vita cristiana –, ci svela il cuore del Padre e ci rende partecipi della vita stessa di Dio.

L’invito che ci rivolge, potremmo dire, è quello di stare a tavola con Dio per condividere il suo amore. Questa è l’immagine. Questo è ciò che succede in ogni Messa, all’altare della mensa eucaristica, dove Gesù si offre al Padre e si offre per noi. E sì, è così, fratelli e sorelle, il nostro Dio è comunione d’amore: così ce lo ha rivelato Gesù. E sapete come possiamo fare a ricordarlo? Con il gesto più semplice, che abbiamo imparato da bambini: il segno della croce. Tracciando la croce sul nostro corpo ci ricordiamo quanto Dio ci ha amato, fino a dare la vita per noi; e ripetiamo a noi stessi che il suo amore ci avvolge completamente, dall’alto in basso, da sinistra a destra, come un abbraccio che non ci abbandona mai. E al tempo stesso ci impegniamo a testimoniare Dio-amore, creando comunione nel suo nome. Forse adesso, ognuno di noi, e tutti insieme, facciamo il segno della croce su di noi [fa il segno della croce].

Oggi allora possiamo chiederci: noi testimoniamo Dio-amore? Oppure Dio-amore è diventato a sua volta un concetto, qualcosa di già sentito, che non smuove e non provoca più la vita? Se Dio è amore, le nostre comunità lo testimoniano? Sanno amare? Le nostre comunità sanno amare? E la nostra famiglia, sappiamo amare in famiglia? Teniamo la porta sempre aperta, sappiamo accogliere tutti, sottolineo tutti, come fratelli e sorelle? Offriamo a tutti il cibo del perdono di Dio e la gioia evangelica? Si respira aria di casa o assomigliamo più a un ufficio o a un luogo riservato dove entrano solo gli eletti? Dio è amore, Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo e ha dato la vita per noi, per questo facciamo il segno della croce.

E Maria ci aiuti a vivere la Chiesa come quella casa in cui si ama in modo familiare, a gloria di Dio Padre e Figlio e Spirito Santo.

Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle!

Assicuro la mia preghiera per le numerose vittime dell’incidente ferroviario avvenuto due giorni fa in India. Sono vicino ai feriti e ai familiari. Il Padre celeste accolga nel suo regno le anime dei defunti.

Saluto voi, romani e pellegrini d’Italia e di tanti Paesi, in particolare i fedeli provenienti da Villa Alemana (Cile) e i ragazzi della Cresima di Cork (Irlanda). Saluto i gruppi di Poggiomarino, Roccapriora, Macerata, Recanati, Aragona e Mestrino; come pure i ragazzi della Cresima e della Prima Comunione di Santa Giustina in Colle.

Un saluto speciale ai rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri, che ringrazio per la vicinanza quotidiana alla popolazione; la Virgo Fidelis, vostra Patrona, protegga voi e le vostre famiglie. A Lei, Madre premurosa, affido le popolazioni provate dal flagello della guerra, specialmente la cara e martoriata Ucraina.

Saluto tutti, anche i ragazzi dell’Immacolata che sono bravi, e auguro una buona domenica. E per favore non dimenticatevi di pregare per me. Grazie, buon pranzo e arrivederci!

Papa Francesco


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