INVERNO DELL´ANIMA
(nei giorni della pandemia)
Sai, forse è questo l’inverno,
non i capricci del vento
o il silenzio antico della neve,
ma quell’ombra fredda posata sul cuore,
inverno dell’anima.
E ci scopriamo fragili e affranti,
a cercare lontano
un luogo ignoto dove il dolore svanisca
e il cielo non pianga più le sue stelle.
Siamo nella stessa onda
a implorare la pietà del mare
e ci sgomenta il nulla oltre l’orizzonte,
i nostri passi che non lasciano più impronta.
Litanie di giorni immobili
nel tempo infinito del dolore.
E pesa la solitudine del viaggio,
l’affanno di mani a cercare altre mani
e occhi a implorare la carezza di uno sguardo.
Inquieta il tocco invisibile della morte,
un inganno di stelle al tramonto
e l’oblio della notte sulla terra desolata.
Un pianto di foglie arrese all’autunno
e raccontarsi gli abbracci che non puoi
mentre il cuore affonda in un mare di silenzio.
Forse anche le pietre gridano il dolore
all’ombra della croce
e, nelle strade deserte di passi,
il vento solleva foglie nascoste
dietro angoli di solitudine.
Siamo diventati isole lontane senza approdi,
pallido il mare e le sue bianche schiume
tristi corone di lacrime
al gelido abbraccio della morte.
Eppure oltre le case mute,
il cielo s’illumina di sereno
mentre la terra incerta attende
che l’onda scura in esilio si ritiri.
I GIORNI DI IERI
Aspro sciabordio di onde,
nella gelida oscurità piange anche il mare
e i suoi gemiti amari schiaffeggiano il cuore.
Forse rammenta i giorni di ieri,
le chiare stelle sopra l’orizzonte
e i gabbiani ebbri di vento
a disegnare parole ai confini della notte.
Sfilano mesti i cortei per la città deserta
e strazia il dolore che resta
dentro lacrime di silenzio.
Grave questa cupola di cielo triste e nera
e la terra pare un grembo freddo senza più vita.
Illusione che l’arida morte
riscatti l’oltraggio ai vinti
con tenerezza di affetti e pietà di sguardi.
Le spente stagioni, la quiete immobile del silenzio
e le infinite litanie di onde
nel mare dell’eterno.
Desolata attende la terra quel che resta
di stremate, esauste membra.
Gente fiera e antica
piegata da oscuro morbo,
ombre alle ombre bagnate di pioggia
nella grigia nebbia della sera.
Breve il tempo dell’aurora,
notte gravida di dolore incombe
e solo devota promessa di memoria
asciuga le lacrime
sul pallido volto degli assenti.
RITA
Ci sono tre silenzi da intendere e interpretare,
a cui dare un significato :
il silenzio di Gesù, quello di Dio e il mio.
IL SILENZIO DI GESU’
Quando si accenna al silenzio di Gesù, subito il pensiero corre al silenzio della passione. E infatti è qui che il silenzio ha raggiunto il punto più alto della sua forza espressiva.
Ma i Vangeli non parlano soltanto del silenzio della passione. C’è anche il silenzio dell’uomo che resta ammutolito di fronte a Gesù, o perché la sua parola lo riempie di meraviglia o perché la sua verità lo infastidisce. C’è il silenzio di Gesù di fronte alle domande pretestuose o inutili di chi finge di interrogarlo. E c’è il silenzio che Gesù impone a chi vorrebbe parlare di lui prima di aver intravisto la novità, che è la croce. Non basta il coraggio dell’annuncio a fare un vero discepolo. Occorre anche lo spazio del silenzio necessario per cogliere la novità di Gesù. Stupisce il silenzio di Gesù di fronte alla morte di Lazzaro (Gv 11). In verità è lo specchio del silenzio di Dio, un silenzio che lo stesso Gesù incontra nel Getsemani e nella sua domanda sulla croce.
Il racconto del Getsemani è apparentemente un dialogo. Gesù parla cinque volte, sempre rivolgendosi a qualcuno: ai discepoli e al Padre. Ma nessuno gli risponde, quasi fosse un monologo.
L’esperienza del silenzio di Dio non dice la debolezza della fede, ma la profondità e l’umanità della fede e porta al centro dell’uomo e della storia, là dove Dio e l’uomo sembrano contraddirsi, dove Dio sembra assente o distratto, dove la morte sembra avere l’ultima parola sulla vita e la menzogna sulla verità. Ma se compreso nel mistero di Cristo, allora il silenzio di Dio appare nella sua realtà, cioè come un diverso modo di parlare. Infatti nel Getsemani il Padre ha parlato: non con il miracolo che libera dalla morte, ma con il coraggio di affrontare la morte attraversandola. Se all’inizio Gesù è angosciato e impietrito, alla fine - dopo aver pregato - egli è tornato sereno e pronto: “Alzatevi, andiamo! Colui che mi tradisce è vicino” (Mc 14,42).
Il momento più espressivo del silenzio di Gesù è la passione. Qui il silenzio è veramente più denso delle parole. Nella passione Gesù parla poche volte, mai per difendersi, ma soltanto per spiegare la sua identità. Sollecitato dal sommo sacerdote a rispondere alle molte accuse, Gesù tace. E’ il silenzio di chi, nell’umiliazione, conserva intatta la sua dignità. La verità tace di fronte alla violenza, non perché non abbia nulla da dire, ma perché ha già detto tutto.
Nei racconti della passione è sempre presente la figura del giusto sofferente, che Gesù rivive e ingigantisce. E’ la figura senza tempo, presente in ogni momento della storia e in ogni luogo. Gesù ne è la gigantografia. E’ la figura dell’uomo che annuncia la verità e proprio per questo è colpito.
Nel racconto del processo di Gesù davanti a Pilato sono in molti a parlare: i sacerdoti, Pilato, la folla, i soldati. Ma Gesù non parla.
Nei racconti di Marco (15,24-39) e Matteo (27,32-50) attorno al crocifisso sono molti a parlare: i passanti, i sacerdoti, le guardie, i due ladroni. Tutti parlano o di Gesù o contro Gesù, ma lui tace.
Rivolge una domanda al suo Dio, che cade nel silenzio. Muore con un grido senza parole: “Gesù, dato un forte grido, spirò”.
Il Padre parlerà, ma dopo, con la resurrezione. La croce è il momento in cui tocca al Figlio manifestare tutta la sua fiducia nel Padre. Tocca al Crocifisso rivelare fino a che punto giunge l’amore di Dio.
Ma c’è anche il silenzio di Maria che dovrebbe essere lo specchio del silenzio della Chiesa. Fra i molti silenzi di Maria il più significativo è quello ai piedi della Croce. Gesù le rivolge la parola: “Donna, ecco tuo figlio” (Gv19,26). Ma la madre non risponde. La sua risposta è il silenzio che acconsente, il silenzio che esprime un “sì” detto con la vita.
Bruno Maggioni
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