Giovedì 19 Dicembre 2024

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Cronaca Bianca


Paola e Maurizio Alesso "felici in Brasile con tredici figli"

Una storia di grande speranza: dove c´è amore e desiderio di famiglia, la grazia non smette di elargire a piene mani. Paola e suo marito non potevano avere figli, ora hanno dodici figli maschi e una bambina, Maria Chiara Luce.

di Luigi Accattoli

 

Ecco una coppia in missione che ha sei figli maschi e ne adotta sul campo altri sei, tutti maschi, ma infine arriva – a dare soccorso alla mamma – una femminuccia, Maria Chiara Luce. Qui si parla di miracoli, cioè di meraviglie: leggi e stupisci.

 

«Dopo sposati Paola e io abbiamo scoperto che sarebbe stato impossibile avere figli. Paola rimaneva gravida, ma per una malattia autoimmune (antifosfolipido) al terzo mese di gravidanza avveniva un aborto spontaneo. Il terzo aborto avvenne qui in Brasile, dove stavamo trascorrendo un anno di volontariato in aiuto ai bambini di strada. Stavamo dedicando parte della nostra vita ad un ideale e Dio non poteva fare nulla?

 

Avremmo capito in seguito che Dio stava lavorando nei nostri cuori per prepararci a una maternità e paternità più grandi. A un certo punto, Paola ed io abbiamo guardato ai bambini di strada che vivevano con noi e abbiamo pensato che se noi dopo un anno fossimo tornati in Italia, quei bambini avrebbero rivissuto la sofferenza dell’abbandono. Quindi abbiamo deciso di rimanere qui per sempre. Abbiamo detto il nostro “sì” e Dio ha così potuto fare grandi cose.

 

A questo punto è successo il primo di una lunga serie di miracoli. Paoletta è rimasta gravida (contro il parere di tutti i medici) ed è nato Francesco Maria, dopodiché sono venuti alla luce Stefano Maria, Tommaso Maria, Filippo Maria, Lorenzo Maria e Giovanni Paolo Maria! Ma non è finita qui. Due anni fa sono entrati nella nostra casa (Paola ed io viviamo da tredici anni nella Comunità Cenacolo del Brasile, che accoglie attualmente 70 bambini di strada) sei fratellini tra i 2 e i 10 anni destinati a essere adottati da sei diverse famiglie, con scarsissime probabilità di potersi un giorno ritrovare. Noi glielo abbiamo anticipato e loro, che sono unitissimi, sono scoppiati in pianto: “Non abbandonateci anche voi”. Paola ed io ne siamo rimasti scossi e separatamente abbiamo chiesto a Dio un segnale: “Se ci consideri la famiglia adatta a questo, dev’essere suor Elvira a dircelo”.

 

All’inizio del 2008 abbiamo mandato una mail in comunità in Italia chiedendo se per caso conoscevano una famiglia disposta ad adottare i sei fratellini. Il giorno seguente arriva la risposta di suor Elvira: “Non abbiamo trovato nessuna famiglia e ho pensato di chiederlo a voi”. Ho stampato la mail e sono corso da Paoletta per farle vedere la risposta della nostra Madre. Paoletta si è messa a piangere e mi ha detto che era esattamente ciò che aveva chiesto a Dio: sia l’adozione che la conferma di madre Elvira!

 

Ci siamo abbracciati e subito dopo ci siamo organizzati per affrontare la parte più difficile: quella legale. Infatti, la prima domanda che la psicologa del Tribunale dei minori ci ha fatto è stata: “Quanto guadagnate al mese?” “Nulla – ho risposto un po’ imbarazzato – siamo missionari, lavoriamo per un ideale, non per lo stipendio”. Ma che cosa possedete? “Abbiamo la fede e il desiderio di dare una famiglia a questi bambini”. Ci ha detto di aspettare che sarebbe andata a parlarne con il Giudice. Le porte si aprivano una dopo l’altra e oggi i sei sono nostri figli. [….]


Abbiamo poi avuto un miracolo da Dio per intercessione di Giovanni Paolo. Lo scorso anno siamo stati tutti in Italia e così abbiamo partecipato alla festa della Vita della Comunità Cenacolo e siamo andati a Roma sulla sua tomba per ringraziarlo. Oltre avergli chiesto sovente protezione, lo consideriamo il “nostro” Papa perché ci ha accompagnato dall’inizio: è durante il suo papato che mi sono convertito, ho cambiato vita dopo la droga e il carcere, sono entrato nella Comunità Cenacolo, ho conosciuto la sposa con la quale condivido questa incredibile “avventura”.

 

Quando siamo risaliti sul pullman per far ritorno a casa abbiamo chiesto ai nostri figlioli che cosa avessero domandato in dono a Giovanni Paolo: dato che sono dodici maschi, tutti avevano chiesto il dono di una sorellina! Premetto che in questi anni avevamo fatto delle visite sia in Italia che in Brasile in seguito ai quattro aborti spontanei e abbiamo scoperto che probabilmente i bambini andati in Cielo erano tutte femmine, in quanto il problema immunitario di Paola faceva sì che soltanto le bambine non riuscivano a svilupparsi. Ma per Dio nulla è impossibile!

 

Dio ascolta sempre la preghiera dei bambini e così, il 2 aprile di quest’anno (giorno in cui Giovanni Paolo II è andato in Cielo) è nata Maria Chiara Luce: la nostra prima bambina, accompagnata per tutta la gravidanza dall’immagine di Giovanni Paolo attaccata al pancione di Paola e dalle preghiere semplici, ma preziose dei suoi fratellini».

 

Maurizio, Paola i 12 apostoli e Maria Chiara Luce

 

 

 

 

 

 

 

 


Documenti allegati

 Il trionfo di un sì totale a Dio (A)
 Il trionfo di un sì totale a Dio (B)
 Biografia
 Una scia di luce
 Testimonianza dei genitori della Beata Chiara Luce al santuario della Madonna delle Rocche (23 Maggio 2010)
 Un diario per Chiara Luce

 

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Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE - Aula Paolo VI Mercoledì, 11 Dicembre 2024

Ciclo di Catechesi. Lo Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza. 17. Lo Spirito e la Sposa dicono: “Vieni!”. Lo Spirito Santo e la speranza cristiana

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Siamo arrivati al termine delle nostre catechesi sullo Spirito Santo e la Chiesa. Dedichiamo quest’ultima riflessione al titolo che abbiamo dato all’intero ciclo, e cioè: “Lo Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il Popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza”. Questo titolo si riferisce a uno degli ultimi versetti della Bibbia, nel Libro dell’Apocalisse, che dice: «Lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni!”» (Ap 22,17). A chi è rivolta questa invocazione? È rivolta a Cristo risorto. Infatti, sia San Paolo (cfr 1 Cor 16,22), sia la Didaché, uno scritto dei tempi apostolici, attestano che nelle riunioni liturgiche dei primi cristiani risuonava, in aramaico, il grido “Maràna tha!”, che significa appunto “Vieni Signore!”. Una preghiera al Cristo perché venga.

In quella fase più antica l’invocazione aveva uno sfondo che oggi diremmo escatologico. Esprimeva, infatti, l’ardente attesa del ritorno glorioso del Signore. E tale grido e l’attesa che esso esprime non si sono mai spenti nella Chiesa. Ancora oggi, nella Messa, subito dopo la consacrazione, essa proclama la morte e la risurrezione del Cristo “nell’attesa della sua venuta”. La Chiesa è in attesa della venuta del Signore.

Ma questa attesa della venuta ultima di Cristo non è rimasta l’unica e la sola. Ad essa si è unita anche l’attesa della sua venuta continua nella situazione presente e pellegrinante della Chiesa. Ed è a questa venuta che pensa soprattutto la Chiesa, quando, animata dallo Spirito Santo, grida a Gesù: “Vieni!”.

È avvenuto un cambiamento – meglio, uno sviluppo – pieno di significato, a proposito del grido “Vieni!”, “Vieni, Signore!”. Esso non è abitualmente rivolto solo a Cristo, ma anche allo Spirito Santo stesso! Colui che grida è ora anche Colui al quale si grida. “Vieni!” è l’invocazione con cui iniziano quasi tutti gli inni e le preghiere della Chiesa rivolti allo Spirito Santo: «Vieni, o Spirito creatore», diciamo nel Veni Creator, e «Vieni, Spirito Santo», «Veni Sancte Spiritus», nella sequenza di Pentecoste; e così in tante altre preghiere. È giusto che sia così, perché, dopo la Risurrezione, lo Spirito Santo è il vero “alter ego” di Cristo, Colui che ne fa le veci, che lo rende presente e operante nella Chiesa. È Lui che “annuncia le cose future” (cfr Gv 16,13) e le fa desiderare e attendere. Ecco perché Cristo e lo Spirito sono inseparabili, anche nell’economia della salvezza.

Lo Spirito Santo è la sorgente sempre zampillante della speranza cristiana. San Paolo ci ha lasciato queste preziose parole: «Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo» (Rm 15,13). Se la Chiesa è una barca, lo Spirito Santo è la vela che la spinge e la fa avanzare nel mare della storia, oggi come in passato!

Speranza non è una parola vuota, o un nostro vago desiderio che le cose vadano per il meglio: la speranza è una certezza, perché è fondata sulla fedeltà di Dio alle sue promesse. E per questo si chiama virtù teologale: perché è infusa da Dio e ha Dio per garante. Non è una virtù passiva, che si limita ad attendere che le cose succedano. È una virtù sommamente attiva che aiuta a farle succedere. Qualcuno, che ha lottato per la liberazione dei poveri, ha scritto queste parole: «Lo Spirito Santo è all’origine del grido dei poveri. È la forza data a quelli che non hanno forza. Egli guida la lotta per l’emancipazione e per la piena realizzazione del popolo degli oppressi» [1].

Il cristiano non può accontentarsi di avere speranza; deve anche irradiare speranza, essere seminatore di speranza. È il dono più bello che la Chiesa può fare all’umanità intera, soprattutto nei momenti in cui tutto sembra spingere ad ammainare le vele.

L’apostolo Pietro esortava i primi cristiani con queste parole: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi». Ma aggiungeva una raccomandazione: «Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto» (1 Pt 3,15-16). E questo perché non sarà tanto la forza degli argomenti a convincere le persone, quanto l’amore che in essi sapremo mettere. Questa è la prima e più efficace forma di evangelizzazione. Ed è aperta a tutti!

Cari fratelli e sorelle, che lo Spirito ci aiuti sempre, sempre ad “abbondare nella speranza in virtù dello Spirito Santo”!

[1] J. Comblin, Spirito Santo e liberazione, Assisi 1989, 236.

Papa Francesco