Cronaca Bianca


Paola e Maurizio Alesso "felici in Brasile con tredici figli"

Una storia di grande speranza: dove c´è amore e desiderio di famiglia, la grazia non smette di elargire a piene mani. Paola e suo marito non potevano avere figli, ora hanno dodici figli maschi e una bambina, Maria Chiara Luce.

di Luigi Accattoli

 

Ecco una coppia in missione che ha sei figli maschi e ne adotta sul campo altri sei, tutti maschi, ma infine arriva – a dare soccorso alla mamma – una femminuccia, Maria Chiara Luce. Qui si parla di miracoli, cioè di meraviglie: leggi e stupisci.

 

«Dopo sposati Paola e io abbiamo scoperto che sarebbe stato impossibile avere figli. Paola rimaneva gravida, ma per una malattia autoimmune (antifosfolipido) al terzo mese di gravidanza avveniva un aborto spontaneo. Il terzo aborto avvenne qui in Brasile, dove stavamo trascorrendo un anno di volontariato in aiuto ai bambini di strada. Stavamo dedicando parte della nostra vita ad un ideale e Dio non poteva fare nulla?

 

Avremmo capito in seguito che Dio stava lavorando nei nostri cuori per prepararci a una maternità e paternità più grandi. A un certo punto, Paola ed io abbiamo guardato ai bambini di strada che vivevano con noi e abbiamo pensato che se noi dopo un anno fossimo tornati in Italia, quei bambini avrebbero rivissuto la sofferenza dell’abbandono. Quindi abbiamo deciso di rimanere qui per sempre. Abbiamo detto il nostro “sì” e Dio ha così potuto fare grandi cose.

 

A questo punto è successo il primo di una lunga serie di miracoli. Paoletta è rimasta gravida (contro il parere di tutti i medici) ed è nato Francesco Maria, dopodiché sono venuti alla luce Stefano Maria, Tommaso Maria, Filippo Maria, Lorenzo Maria e Giovanni Paolo Maria! Ma non è finita qui. Due anni fa sono entrati nella nostra casa (Paola ed io viviamo da tredici anni nella Comunità Cenacolo del Brasile, che accoglie attualmente 70 bambini di strada) sei fratellini tra i 2 e i 10 anni destinati a essere adottati da sei diverse famiglie, con scarsissime probabilità di potersi un giorno ritrovare. Noi glielo abbiamo anticipato e loro, che sono unitissimi, sono scoppiati in pianto: “Non abbandonateci anche voi”. Paola ed io ne siamo rimasti scossi e separatamente abbiamo chiesto a Dio un segnale: “Se ci consideri la famiglia adatta a questo, dev’essere suor Elvira a dircelo”.

 

All’inizio del 2008 abbiamo mandato una mail in comunità in Italia chiedendo se per caso conoscevano una famiglia disposta ad adottare i sei fratellini. Il giorno seguente arriva la risposta di suor Elvira: “Non abbiamo trovato nessuna famiglia e ho pensato di chiederlo a voi”. Ho stampato la mail e sono corso da Paoletta per farle vedere la risposta della nostra Madre. Paoletta si è messa a piangere e mi ha detto che era esattamente ciò che aveva chiesto a Dio: sia l’adozione che la conferma di madre Elvira!

 

Ci siamo abbracciati e subito dopo ci siamo organizzati per affrontare la parte più difficile: quella legale. Infatti, la prima domanda che la psicologa del Tribunale dei minori ci ha fatto è stata: “Quanto guadagnate al mese?” “Nulla – ho risposto un po’ imbarazzato – siamo missionari, lavoriamo per un ideale, non per lo stipendio”. Ma che cosa possedete? “Abbiamo la fede e il desiderio di dare una famiglia a questi bambini”. Ci ha detto di aspettare che sarebbe andata a parlarne con il Giudice. Le porte si aprivano una dopo l’altra e oggi i sei sono nostri figli. [….]


Abbiamo poi avuto un miracolo da Dio per intercessione di Giovanni Paolo. Lo scorso anno siamo stati tutti in Italia e così abbiamo partecipato alla festa della Vita della Comunità Cenacolo e siamo andati a Roma sulla sua tomba per ringraziarlo. Oltre avergli chiesto sovente protezione, lo consideriamo il “nostro” Papa perché ci ha accompagnato dall’inizio: è durante il suo papato che mi sono convertito, ho cambiato vita dopo la droga e il carcere, sono entrato nella Comunità Cenacolo, ho conosciuto la sposa con la quale condivido questa incredibile “avventura”.

 

Quando siamo risaliti sul pullman per far ritorno a casa abbiamo chiesto ai nostri figlioli che cosa avessero domandato in dono a Giovanni Paolo: dato che sono dodici maschi, tutti avevano chiesto il dono di una sorellina! Premetto che in questi anni avevamo fatto delle visite sia in Italia che in Brasile in seguito ai quattro aborti spontanei e abbiamo scoperto che probabilmente i bambini andati in Cielo erano tutte femmine, in quanto il problema immunitario di Paola faceva sì che soltanto le bambine non riuscivano a svilupparsi. Ma per Dio nulla è impossibile!

 

Dio ascolta sempre la preghiera dei bambini e così, il 2 aprile di quest’anno (giorno in cui Giovanni Paolo II è andato in Cielo) è nata Maria Chiara Luce: la nostra prima bambina, accompagnata per tutta la gravidanza dall’immagine di Giovanni Paolo attaccata al pancione di Paola e dalle preghiere semplici, ma preziose dei suoi fratellini».

 

Maurizio, Paola i 12 apostoli e Maria Chiara Luce

 

 

 

 

 

 

 

 


Documenti allegati

 Il trionfo di un sì totale a Dio (A)
 Il trionfo di un sì totale a Dio (B)
 Biografia
 Una scia di luce
 Testimonianza dei genitori della Beata Chiara Luce al santuario della Madonna delle Rocche (23 Maggio 2010)
 Un diario per Chiara Luce

 

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Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE Piazza San Pietro, Mercoledì 22 ottobre 2025

Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. IV. La Risurrezione di Cristo e le sfide del mondo attuale. 2. La Risurrezione di Cristo, risposta alla tristezza dell’essere umano

Cari fratelli e sorelle, buongiorno! E benvenuti tutti!

La risurrezione di Gesù Cristo è un evento che non si finisce mai di contemplare e di meditare, e più lo si approfondisce, più si resta pieni di meraviglia, si viene attratti, come da una luce insostenibile e al tempo stesso affascinante. È stata un’esplosione di vita e di gioia che ha cambiato il senso dell’intera realtà, da negativo a positivo; eppure non è avvenuta in modo eclatante, men che meno violento, ma mite, nascosto, si direbbe umile.

Oggi rifletteremo su come la risurrezione di Cristo può guarire una delle malattie del nostro tempo: la tristezza. Invasiva e diffusa, la tristezza accompagna le giornate di tante persone. Si tratta di un sentimento di precarietà, a volte di disperazione profonda che invade lo spazio interiore e che sembra prevalere su ogni slancio di gioia.

La tristezza sottrae senso e vigore alla vita, che diventa come un viaggio senza direzione e senza significato. Questo vissuto così attuale ci rimanda al celebre racconto del Vangelo di Luca (24,13-29) sui due discepoli di Emmaus. Essi, delusi e scoraggiati, se ne vanno da Gerusalemme, lasciandosi alle spalle le speranze riposte in Gesù, che è stato crocifisso e sepolto. Nelle battute iniziali, questo episodio mostra come un paradigma della tristezza umana: la fine del traguardo su cui si sono investite tante energie, la distruzione di ciò che appariva l’essenziale della propria vita. La speranza è svanita, la desolazione ha preso possesso del cuore. Tutto è imploso in brevissimo tempo, tra il venerdì e il sabato, in una drammatica successione di eventi.

Il paradosso è davvero emblematico: questo triste viaggio di sconfitta e di ritorno all’ordinario si compie lo stesso giorno della vittoria della luce, della Pasqua che si è pienamente consumata. I due uomini danno le spalle al Golgota, al terribile scenario della croce ancora impresso nei loro occhi e nel loro cuore. Tutto sembra perduto. Occorre tornare alla vita di prima, col profilo basso, sperando di non essere riconosciuti.

A un certo punto, si affianca ai due discepoli un viandante, forse uno dei tanti pellegrini che sono stati a Gerusalemme per la Pasqua. È Gesù risorto, ma loro non lo riconoscono. La tristezza annebbia il loro sguardo, cancella la promessa che il Maestro aveva fatto più volte: che sarebbe stato ucciso e che il terzo giorno sarebbe risuscitato. Lo sconosciuto si accosta e si mostra interessato alle cose che loro stanno dicendo. Il testo dice che i due «si fermarono, col volto triste» (Lc 24,17). L’aggettivo greco utilizzato descrive una tristezza integrale: sul loro viso traspare la paralisi dell’anima.

Gesù li ascolta, lascia che sfoghino la loro delusione. Poi, con grande franchezza, li rimprovera di essere «stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!» (v. 25), e attraverso le Scritture dimostra che il Cristo doveva soffrire, morire e risorgere. Nei cuori dei due discepoli si riaccende il calore della speranza, e allora, quando ormai scende la sera e arrivano alla meta, invitano il misterioso compagno a restare con loro.

Gesù accetta e siede a tavola con loro. Poi prende il pane, lo spezza e lo offre. In quel momento i due discepoli lo riconoscono… ma Lui subito sparisce dalla loro vista (vv. 30-31). Il gesto del pane spezzato riapre gli occhi del cuore, illumina di nuovo la vista annebbiata dalla disperazione. E allora tutto si chiarisce: il cammino condiviso, la parola tenera e forte, la luce della verità… Subito si riaccende la gioia, l’energia scorre di nuovo nelle membra stanche, la memoria torna a farsi grata. E i due tornano in fretta a Gerusalemme, per raccontare tutto agli altri.

“Il Signore è veramente Risorto” (cfr v. 34). In questo avverbio, veramente, si compie l’approdo certo della nostra storia di esseri umani. Non a caso è il saluto che i cristiani si scambiano nel giorno di Pasqua. Gesù non è risorto a parole, ma con i fatti, con il suo corpo che conserva i segni della passione, sigillo perenne del suo amore per noi. La vittoria della vita non è una parola vana, ma un fatto reale, concreto.

La gioia inattesa dei discepoli di Emmaus ci sia di dolce monito quando il cammino si fa duro. È il Risorto che cambia radicalmente la prospettiva, infondendo la speranza che riempie il vuoto della tristezza. Nei sentieri del cuore, il Risorto cammina con noi e per noi. Testimonia la sconfitta della morte, afferma la vittoria della vita, nonostante le tenebre del Calvario. La storia ha ancora molto da sperare in bene.

Riconoscere la Risurrezione significa cambiare sguardo sul mondo: tornare alla luce per riconoscere la Verità che ci ha salvato e ci salva. Sorelle e fratelli, restiamo vigili ogni giorno nello stupore della Pasqua di Gesù risorto. Lui solo rende possibile l’impossibile!

LEONE XIV