Martedì 22 Ottobre 2024
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Letture e meditazioni


Gesù (racconto)

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Se Dio esiste, di che religione è?  

 

Cammilleri: Gran bella domanda. A farci caso, l´epoca dell´ateismo è alle nostre spalle. Oggi non c´è quasi più nessuno che non affermi di credere in Dio. Solo che, a quel punto, bisognerebbe chiedere a ciascuno: quale? Già, perché a trionfare è la religione fai-da-te, il Dio che ognuno si crea a propria immagine e somiglianza.

 

E questa immagine-e-somiglianza, guarda caso, è modellata dall´orizzonte culturale. Cioè, oggi come oggi, è politicamente corretta. Ma, se Dio esiste, logica vuole che siamo noi a Sua immagine e somiglianza, non Lui a nostra. Insomma, bisogna sapere cosa vuole Lui da noi, perché, se esiste, cosa noi vogliamo da Lui già lo sa. Bisogna sapere, per prima cosa, Chi è. E non c´è modo migliore che chiederGlielo.

 

Lei sostiene che l´unico Dio è cattolico. Perché?

 

Cammilleri: Nel mio pamphlet un certo Teofilo, un uomo «in ricerca» (come si direbbe oggi) chiede a me chi è Dio. Perché a me? Perché sa che sono un credente. Io (cioè, l´Autore) rispondo per come so farlo. E gli snocciolo i motivi che hanno portato me a ritenere molto probabile che Dio, se esiste, sia cattolico. Cioè, sia esattamente Quello che da duemila anni predica la Chiesa di Roma.

 

Perché non potrebbe essere musulmano, ebreo, o di qualche altra religione?

 

Cammilleri: Oggi, per quanto riguarda la religione, quel che manca è la domanda, non certo l´offerta. Teofilo è uno che a un certo punto, come Pascal, si è detto: se Dio non esistesse bisognerebbe inventarlo. In effetti, uno che si accorge della necessità di un Dio ha già compiuto gran parte del percorso. Ma, quando si guarda intorno, si trova all´interno del supermarket del Sacro, con gli scaffali che presentano una grande varietà. Per definizione, solo una può essere quella giusta, perché Dio, se esiste, non ha alcun interesse a indurci in confusione. Tutto il mio libro è teso a far sì che Teofilo si rivolga direttamente alla Fonte per conoscere la verità.

 

E perché non buddista, spiritista, darwinista, adoratore di Gaia o di Carlo Marx?

 

Cammilleri: Con gran rispetto per tutti i credenti in Qualcosa o Qualcuno, ho ripercorso davanti a Teofilo tutti i ragionamenti che hanno indotto me (sì, perché c´è stato un tempo in cui anch´io ero «in ricerca») a scegliere un prodotto tra gli scaffali dopo avere considerato, soppesato e attentamente osservato tutti gli altri. Teofilo mi ha chiesto: tu in cosa credi e perché? E io gliel´ho detto.

Il libro presuppone che uno creda nell´esistenza di Dio, ma potrebbe essere consigliato anche per gli atei. Vero?

 

Cammilleri: Naturalmente, nel deserto che ho personalmente attraversato prima di giungere alla Terra Promessa c´è stata la fase atea, subito seguita da quella agnostica. Conosco bene l´ateismo e i suoi argomenti. Per me l´ateismo, di argomenti, non ne ha. Peggiore è l´agnosticismo. L´ateo è uno che sa per certo che un Dio non esiste né può esistere. L´agnostico è uno che non si pone nemmeno il problema. E, di conseguenza, vive una vita puramente (mi si perdoni l´espressione) vegetale. Senza senso. Nasce, cresce e muore, mangia, beve e si diverte (nella misura del possibile) senza sapere perché. Peggio: non gli interessa. Se io fossi Dio (ma per fortuna di tutti non lo sono) mi offenderei: almeno l´odio è un sentimento, l´indifferenza invece…

 

Che cosa ha il cattolicesimo che le altre religioni non hanno?

 

Cammilleri: A mio avviso il cattolicesimo ha dalla sua la logica. Un Dio esistente, giusto, sensato, razionale e amorevole si sarebbe comportato esattamente come dice da sempre la Chiesa Romana. Un Dio diverso da così non mi interessa. Questo è quanto ho cercato di spiegare a Teofilo nel mio lavoro. Ovviamente, Teofilo non è tenuto a darmi retta. Tuttavia, se davvero è «in ricerca», si rivolga direttamente all´Interessato. Il quale, se esiste, non avrebbe alcun motivo per non rispondergli. Se non risponde, non esiste. E il caso è chiuso.

 

 

 

 

12 ragioni per cui il crocifisso non viola la libertà

E l'illusione di uno Stato neutro nei confronti dei valori

 

VIENNA, lunedì, 9 novembre 2009 (ZENIT.org).- La vera libertà religiosa non è la libertà dalla religione, ha affermato uno storico in risposta alla decisione della Corte europea per i Diritti Umani di eliminare i crocifissi dalle aule delle scuole italiane.

 

Martin Kugler, curatore del network per i diritti umani Christianophobia.eu, con sede a Vienna (Austria), ha offerto 12 tesi che svelano il pensiero errato della Corte, che ha deciso a favore di una madre atea che ha protestato per i crocifissi appesi nella scuola frequentata dai figli.

 

Kugler ha spiegato che "il diritto alla libertà religiosa può significare solo il suo esercizio – non la libertà dal confronto. Il significato di 'libertà di religione' non ha niente a che vedere con la creazione di una società 'libera dalla religione'".

 

"Rimuovere a forza il simbolo della croce è una violazione, come lo sarebbe costringere gli atei a appendere quel simbolo".

 

"Il muro bianco è anche una dichiarazione ideologica – in particolare se nei secoli prima non poteva essere vuoto. Uno Stato 'neutro rispetto ai valori' è una finzione, spesso usata a scopo di propaganda".

 

Per Kugler le decisioni come quella della Corte europea attaccano realmente la religione, anziché lottare contro l'intolleranza religiosa.

 

"Non si possono combattere i problemi politici combattendo la religione", ha aggiunto. "Il fondamentalismo antireligioso diventa complice del fondamentalismo religioso quando provoca con l'intolleranza".

 

"La maggior parte della popolazione interessata vorrebbe mantenere la croce – ha dichiarato –. E' anche un problema di politica democratica, dando spudoratamente priorità agli interessi individuali".

 

Riprendendo le argomentazioni proposte dal Governo italiano in difesa dei crocifissi nelle aule, Kugler ha detto che "la croce è il logo dell'Europa. E' un simbolo religioso, ma anche molto pià di questo".

Un'illusione

In un dibattito con Die Presse, Kugler ha sottolineato altri due elementi del dibattito Chiesa-Stato.

 

Parlare di uno "Stato neutro nei confronti dei valori" è "semplicemente ingenuo, e il risultato di un'illusione. [...] E' più che altro uno scherzo".

 

"Uno Stato neutro verso i valori? Contro la frode e la corruzione? Contro la xenofobia e la discrminazione? I peccati contro l'ambiente e le avances sessuali sul posto di lavoro? Uno Stato che bandisce i neonazisti, permette la pornografia, favorisce certe forme di assistenza allo sviluppo, ma non altre... tutto per valori neutrali? Qualcuno sta cercando di prenderci in giro!", ha osservato.

 

L'esperto ha quindi sottolineato un secondo punto che merita più attenzione: l'idea per cui una sfera pubblica senza alcuna presenza della vita religiosa o dei simboli religiosi sarebbe più "tollerante" o più appropriata per la libertà di coscienza rispetto a una che permette o perfino incoraggia dichiarazioni di credo religioso.

 

"Ovviamente il genitore ateo potrebbe sentire che suo/a figlio/a viene molestato/a dalla croce in classe, ma è inevitabile. Posso anche essere seccato quando entro in un ufficio postale e vedo una fotografia del Presidente federale per il quale non ho votato. [...] L'influenza, i segnali ideologici, le presenze visive – anche sessiste – esisteranno sempre e ovunque".

 

"L'unica domanda è come e cosa contengono".

A questo riguardo, Kugler ha affermato che lo Stato "dovrebbe intervenire solo in modo molto moderato. E se lo fa, non dovrebbe essere solo con divieti che imprigionano la religione in un ghetto".

 

 

ESPULSO IL FONDATORE

 

La sentenza della Corte di Strasburgo sul crocifisso nelle scuole è stata applaudita, sui giornali che si dicono "laici", in tutti i toni e modi possibili : vignette e testi irridenti, riferimenti alle leggi della "laicità" (intesa come laicismo) e della democrazia, in questo caso messa fuori causa o usata alla rovescia.  

 

Esempio: su Il fatto quotidiano (venerdì 6), il commento del procuratore aggiunto presso la Procura di Torino, Bruno Tinti presentava un sondaggio di Tg24 (su Sky) che dava questo risultato: 72% contrari alle decisioni della Corte, 28 % favorevoli. E si chiedeva : "Così tanti i cattolici integralisti?". Un magistrato che giudica sulla base dei soliti pregiudizi?. E poi: "Dunque questo 72% voleva imporre all´altro 28 per cento il suo modo di pensare". Può darsi, ma così il 28 ha imposto il suo al 72. Così ingiusti i laici fondamentalisti? Speriamo che non si usino questi criteri in camera di consiglio.  

 

Sul Riformista (giovedì 5) Rina Gagliardi, già senatrice di Rifondazione, afferma che "in Italia si può (forse) toccare tutto, ma non il potere del Vaticano". Vorrei ricordarle che l´esposizione del Crocifisso fu prevista da due Regi Decreti del 1924 e del 1928, dunque in epoca di piena rottura tra Italia e Santa Sede.  

 

Sull´Unità, Lidia Ravera, l´autrice dei "Porci con le ali", scrive: "Abbiamo ben altro per la testa". Non lo metto in dubbio.  

 

Su Repubblica (mercoledì 4) il giurista Stefano Rodotà scrive: "La sentenza della Corte suprema europea vuole sottrarre il crocifisso a ogni contesa. In questo è la sua superiore laicità".  

 

Su Liberazione (giovedì 5) Raniero La Valle, pur deplorando il "più generale interesse ideologico del ricorso", promosso da "una socia dell´Unione Atei Agnostici e Razionalisti (Uaar)", parla di "sentenza ineccepibile". Sono dispiaciuto di dover dissentire da un amico che fu mio Direttore, ma proprio a proposito di interessi ideologici, mi sembra opportuno ricordare che la Corte di Strasburgo, in nome della laicità, ha mandato in esilio dalle scuole Colui che inventò la laicità, fondandola su un principio razionale ("Date a Cesare … date a Dio …") e che, anche per questo, subì una condanna a morte pronunciata dalle autorità clericali del suo tempo (il Sinedrio) ed eseguita dal potere "laico" e pagano dei Romani (Pilato).   Si dà l´ostracismo ("Et sui eum non receperunt") a Colui che aveva annunciato la liberazione dei poveri e degli oppressi e insegnato l´uguaglianza e la fraternità di tutti gli uomini. E dunque non ha torto chi, oltre a riconoscerne il primario valore religioso, fa dell´Uomo crocifisso una singolare combutta di credenti, anche un simbolo della (vera) laicità valido per tutti gli uomini, atei compresi.    

 

Pier Giorgio Liverani, "Controstampa",

in Avvenire dell´8 Novembre 2009

            


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Ciclo di Catechesi. Lo Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza. 8. «Tutti furono colmati di Spirito Santo». Lo Spirito Santo negli Atti degli Apostoli

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nel nostro itinerario di catechesi sullo Spirito Santo e la Chiesa, oggi facciamo riferimento al Libro degli Atti degli Apostoli.

Il racconto della discesa dello Spirito Santo a Pentecoste inizia con la descrizione di alcuni segni preparatori – il vento fragoroso e le lingue di fuoco –, ma trova la sua conclusione nell’affermazione: «E tutti furono colmati di Spirito Santo» (At 2,4). San Luca – che ha scritto gli Atti degli Apostoli – mette in luce che lo Spirito Santo è Colui che assicura l’universalità e l’unità della Chiesa. L’effetto immediato dell’essere “colmati di Spirito Santo” è che gli Apostoli «cominciarono a parlare in altre lingue» e uscirono dal Cenacolo per annunciare Gesù Cristo alla folla (cfr At 2,4ss).

Così facendo, Luca ha voluto mettere in risalto la missione universale della Chiesa, come segno di una nuova unità tra tutti i popoli. In due modi vediamo che lo Spirito lavora per l’unità. Da un lato, spinge la Chiesa verso l’esterno, perché possa accogliere un numero sempre maggiore di persone e di popoli; dall’altro lato, la raccoglie al suo interno per consolidare l’unità raggiunta. Le insegna a estendersi in universalità e a raccogliersi in unità. Universale e una: questo è il mistero della Chiesa.

Il primo dei due movimenti – l’universalità – lo vediamo in atto nel capitolo 10 degli Atti, nell’episodio della conversione di Cornelio. Il giorno di Pentecoste gli Apostoli avevano annunciato Cristo a tutti i giudei e gli osservanti della legge mosaica, a qualsiasi popolo appartenessero. Ci vuole un’altra “pentecoste”, molto simile alla prima, quella in casa del centurione Cornelio, per indurre gli Apostoli ad allargare l’orizzonte e far cadere l’ultima barriera, quella tra giudei e pagani (cfr At 10-11).

A questa espansione etnica si aggiunge quella geografica. Paolo – si legge sempre negli Atti degli Apostoli (cfr 16,6-10) – voleva annunciare il Vangelo in una nuova regione dell’Asia Minore; ma, è scritto, «lo Spirito Santo glielo aveva impedito»; voleva passare in Bitinia «ma lo Spirito di Gesù non lo permise». Si scopre subito il perché di questi sorprendenti divieti dello Spirito: la notte seguente l’Apostolo riceve in sogno l’ordine di passare in Macedonia. Il Vangelo usciva così dalla nativa Asia ed entrava in Europa.

Il secondo movimento dello Spirito Santo – quello che crea l’unità – lo vediamo in atto nel capitolo 15 degli Atti, nello svolgimento del cosiddetto concilio di Gerusalemme. Il problema è come far sì che l’universalità raggiunta non comprometta l’unità della Chiesa. Lo Spirito Santo non opera sempre l’unità in maniera repentina, con interventi miracolosi e risolutivi, come a Pentecoste. Lo fa anche – e nella maggioranza dei casi – con un lavorio discreto, rispettoso dei tempi e delle divergenze umane, passando attraverso persone e istituzioni, preghiera e confronto. In maniera, diremmo oggi, sinodale. Così infatti avvenne, nel concilio di Gerusalemme, per la questione degli obblighi della Legge mosaica da imporre ai convertiti dal paganesimo. La sua soluzione fu annunciata a tutta la Chiesa con le ben note parole: «Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi...» (At 15,28).

Sant’Agostino spiega l’unità operata dallo Spirito Santo con una immagine, divenuta classica: «Ciò che è l’anima per il corpo umano, lo Spirito Santo lo è per il corpo di Cristo che è la Chiesa» [1]. L’immagine ci aiuta a capire una cosa importante. Lo Spirito Santo non opera l’unità della Chiesa dall’esterno; non si limita a comandare di essere uniti. È Lui stesso il “vincolo di unità”. È Lui che fa l’unità della Chiesa.

Come sempre, concludiamo con un pensiero che ci aiuta a passare dall’insieme della Chiesa a ciascuno di noi. L’unità della Chiesa è l’unità tra persone e non si realizza a tavolino, ma nella vita. Si realizza nella vita. Tutti vogliamo l’unità, tutti la desideriamo dal profondo del cuore; eppure essa è tanto difficile da ottenere che, anche all’interno del matrimonio e della famiglia, l’unione e la concordia sono tra le cose più difficili da raggiungere e più ancora da mantenere.

Il motivo – per cui è difficile l’unità tra noi – è che ognuno vuole, sì, che si faccia l’unità, ma intorno al proprio punto di vista, senza pensare che l’altro che gli sta davanti pensa esattamente la stessa cosa circa il “suo” punto di vista. Per questa via, l’unità non fa che allontanarsi. L’unità di vita, l’unità di Pentecoste, secondo lo Spirito, si realizza quando ci si sforza di mettere al centro Dio, non sé stessi. Anche l’unità dei cristiani si costruisce così: non aspettando che gli altri ci raggiungano là dove noi siamo, ma muovendoci insieme verso Cristo.

Chiediamo allo Spirito Santo che ci aiuti ad essere strumenti di unità e di pace.

[1] Discorsi, 267, 4

Papa Francesco