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Letture e meditazioni


Festa di Santa Chiara

Loppiano, venerdì 11 agosto 2017

Chiara nel 1977 confidava:

 

 Naturalmente io ero innamorata di san Francesco per via dell’amore al Crocefisso che lui aveva,
e anche di santa Chiara per via che Chiara mi appariva come la luce.
E se mi appassionava il fuoco, tanto più vorrei dire la luce,
la luce di Dio, la Sapienza di Dio…”.

 

Ecco uno stralcio di un breve discorso
che Chiara fece a Crans, in Svizzera, il giorno di santa Chiara del 1988:


 


L'UNICA IDEA: L'UNITÀ

 

Tutti gli anni sempre ricordiamo qualcosa di santa Chiara d'Assisi….   
Ricordo che qualche anno fa abbiamo ricordato come rispondendo a san Francesco: «Figliola, che cosa desideri?» lei ha detto quella parola: «Dio», che a noi ci ha sempre sorpreso fin da quando eravamo piccoline nel Movimento, perché è anche la risposta che daremmo noi. «Figliola, figliolo, che cosa desideri?»  «Dio» ! Dio è l'ideale.

 

Un'altra volta invece abbiamo ricordato come santa Chiara ha lasciato con la sua vita una scia di luce e questo ci è sempre piaciuto sin dall'inizio. E noi attribuiamo questa scia di luce, che lei ha lasciato, al Risorto che viveva dentro di lei, perché amava il crocifisso in quella maniera.

 

Altre volte ancora abbiamo ricordato come S.Chiara con le sue prime compagne, viveva un'unità così intensa…che avevano tra loro non solo l'unità nella carità, ma anche l'unità di pensiero. E questo per noi è un fascino, perché è quello a cui ci porta il nostro Ideale quando si vive integralmente, radicalmente, c'è anche l'unità di pensiero.

 

Anche oggi dobbiamo pensare qualche cosa. Proprio in questi giorni mi sono letta un libro edito, mi pare, da Città Nuova sulla vita di santa Chiara: è bellissimo. È bellissima la sua vita.
E io ho visto come lei ha un chiodo, ha un'idea fissa che ripete sempre: la ripete nel suo testamento,  nelle sue lettere… ma poi è ripetuta in tutta la sua vita: quest'idea che lei ha è il suo carisma, quello che le ha trasmesso san Francesco, è la povertà. E lei, andando per questa strada, si è fatta santa, una santa di dimensioni enormi, con uno sviluppo del suo movimento, con san Francesco, enorme a quei tempi, che io neanche immaginavo pur avendo lette tante volte vite di santa Chiara.

 

Ecco, io ho sempre sentito dire che i santi si fanno santi quando hanno una sola idea, molto decisa.

Da santa Chiara noi quest'anno vogliamo imparare quest' unica cosetta: aver un'idea: l'idea del nostro carisma. E qual è? È l'unità.….

 

Ecco, l'unica parola che portiamo via: tener fissa in testa quest'idea: l'unità. Ci sono tra noi, naturalmente, anche religiosi che devono combinare le due spiritualità, magari se sono francescani, la spiritualità della povertà con quella dell'unità. Ma in Gesù abbandonato è tutto combinato, perché non c'è nessun povero più povero di Lui che ha perso il sentimento stesso di essere unito a Dio.

Perciò rimaniamo con quest’idea… tener fissa in testa quest'idea: l'unità

 

 

https://vimeo.com/177205537


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Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE - Aula Paolo VI Mercoledì, 11 Dicembre 2024

Ciclo di Catechesi. Lo Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza. 17. Lo Spirito e la Sposa dicono: “Vieni!”. Lo Spirito Santo e la speranza cristiana

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Siamo arrivati al termine delle nostre catechesi sullo Spirito Santo e la Chiesa. Dedichiamo quest’ultima riflessione al titolo che abbiamo dato all’intero ciclo, e cioè: “Lo Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il Popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza”. Questo titolo si riferisce a uno degli ultimi versetti della Bibbia, nel Libro dell’Apocalisse, che dice: «Lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni!”» (Ap 22,17). A chi è rivolta questa invocazione? È rivolta a Cristo risorto. Infatti, sia San Paolo (cfr 1 Cor 16,22), sia la Didaché, uno scritto dei tempi apostolici, attestano che nelle riunioni liturgiche dei primi cristiani risuonava, in aramaico, il grido “Maràna tha!”, che significa appunto “Vieni Signore!”. Una preghiera al Cristo perché venga.

In quella fase più antica l’invocazione aveva uno sfondo che oggi diremmo escatologico. Esprimeva, infatti, l’ardente attesa del ritorno glorioso del Signore. E tale grido e l’attesa che esso esprime non si sono mai spenti nella Chiesa. Ancora oggi, nella Messa, subito dopo la consacrazione, essa proclama la morte e la risurrezione del Cristo “nell’attesa della sua venuta”. La Chiesa è in attesa della venuta del Signore.

Ma questa attesa della venuta ultima di Cristo non è rimasta l’unica e la sola. Ad essa si è unita anche l’attesa della sua venuta continua nella situazione presente e pellegrinante della Chiesa. Ed è a questa venuta che pensa soprattutto la Chiesa, quando, animata dallo Spirito Santo, grida a Gesù: “Vieni!”.

È avvenuto un cambiamento – meglio, uno sviluppo – pieno di significato, a proposito del grido “Vieni!”, “Vieni, Signore!”. Esso non è abitualmente rivolto solo a Cristo, ma anche allo Spirito Santo stesso! Colui che grida è ora anche Colui al quale si grida. “Vieni!” è l’invocazione con cui iniziano quasi tutti gli inni e le preghiere della Chiesa rivolti allo Spirito Santo: «Vieni, o Spirito creatore», diciamo nel Veni Creator, e «Vieni, Spirito Santo», «Veni Sancte Spiritus», nella sequenza di Pentecoste; e così in tante altre preghiere. È giusto che sia così, perché, dopo la Risurrezione, lo Spirito Santo è il vero “alter ego” di Cristo, Colui che ne fa le veci, che lo rende presente e operante nella Chiesa. È Lui che “annuncia le cose future” (cfr Gv 16,13) e le fa desiderare e attendere. Ecco perché Cristo e lo Spirito sono inseparabili, anche nell’economia della salvezza.

Lo Spirito Santo è la sorgente sempre zampillante della speranza cristiana. San Paolo ci ha lasciato queste preziose parole: «Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo» (Rm 15,13). Se la Chiesa è una barca, lo Spirito Santo è la vela che la spinge e la fa avanzare nel mare della storia, oggi come in passato!

Speranza non è una parola vuota, o un nostro vago desiderio che le cose vadano per il meglio: la speranza è una certezza, perché è fondata sulla fedeltà di Dio alle sue promesse. E per questo si chiama virtù teologale: perché è infusa da Dio e ha Dio per garante. Non è una virtù passiva, che si limita ad attendere che le cose succedano. È una virtù sommamente attiva che aiuta a farle succedere. Qualcuno, che ha lottato per la liberazione dei poveri, ha scritto queste parole: «Lo Spirito Santo è all’origine del grido dei poveri. È la forza data a quelli che non hanno forza. Egli guida la lotta per l’emancipazione e per la piena realizzazione del popolo degli oppressi» [1].

Il cristiano non può accontentarsi di avere speranza; deve anche irradiare speranza, essere seminatore di speranza. È il dono più bello che la Chiesa può fare all’umanità intera, soprattutto nei momenti in cui tutto sembra spingere ad ammainare le vele.

L’apostolo Pietro esortava i primi cristiani con queste parole: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi». Ma aggiungeva una raccomandazione: «Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto» (1 Pt 3,15-16). E questo perché non sarà tanto la forza degli argomenti a convincere le persone, quanto l’amore che in essi sapremo mettere. Questa è la prima e più efficace forma di evangelizzazione. Ed è aperta a tutti!

Cari fratelli e sorelle, che lo Spirito ci aiuti sempre, sempre ad “abbondare nella speranza in virtù dello Spirito Santo”!

[1] J. Comblin, Spirito Santo e liberazione, Assisi 1989, 236.

Papa Francesco