Lunedì 22 Dicembre 2025


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Cronaca Bianca


Il bosco dei Cappuccini di Savona

 

Ormai a Savona tutti sanno che il convento dei Cappuccini è pronto per accogliere nuove iniziative. Anche e proprio per questo, i frati si sono dati da fare per rendere attraente il loro boschetto di faggi, che con il tempo è stato circondato da un complesso urbano sempre più sviluppato.

 

Lo attraversa un sentiero ben definito tra cespugli rigogliosi che, partendo dall’alto (dove è situato il campo da football), discende fino alla radura in fondo alla valle. Lungo il cammino l’acqua zampillante è a disposizione di tutti gli ospiti, secondo il detto di san Francesco: “Acqua, acqua, chi vuole acqua fresca?”

 

Nell’oggi  del 2010 questo boschetto, messo a nuovo, è un incanto per qualsiasi persona che soffra per lo stress della vita e sia desiderosa di un po’ di silenzio e di solitudine, per respirare a pieni polmoni quella serenità che non si può trovare altrove… nemmeno al Gabbiano!

 

Il boschetto dei Cappuccini è anche una risposta all’articolo che Pasquale Di Pierro propone ai lettori di Città Nuova (N.19 del 10 Ottobre 2008).

 

                                                                        L'Ex

 

 

 

Ritrovare se stessi

 

         “Vivere oggi, in questo caotico 2008, ci dà la possibilità di guardare meglio a ciò che non è smog, non è caos e non è inquinamento acustico. Ciò a cui mi riferisco è per me una parte della natura che possiamo ammirare e vivere su questa terra. La natura è ritrovare se stessi nel silenzio di un bosco, di un parco, o mentre si corre cercando di scaricare i pensieri pesanti di lavoro, che ci hanno tenuto sotto pressione per l’intera giornata. Oggi, siamo quasi tutti trascinati dal problema del come ritrovare la serenità e la pace interiore, spesso ricorrendo a psichiatri o neurologi, non sapendo che è proprio nella banalità apparente della natura, come nel profondo di ognuno di noi che possiamo trovarla, concedendoci tempi di riflessione, di ricerca interiore, di riposo tra il verde degli alberi, per poter affrontare meglio e con più pazienza la vita caotica.

 

La soluzione ai nostri problemi è la più facile e intuibile, solo seguendo la nostra coscienza e quindi vivendo la natura per essere anche noi natura di Dio!

 

Grazie della possibilità che date a tutti di scrivervi e di mettere in moto questo scambio di  opinioni”.

 

Pasquale Di Pierro  -  Savona

 

 


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 Buona giornata

 

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Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE, Piazza San Pietro, 10 Dicembre 2025

Udienza Generale del 10 dicembre 2025 - Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. IV. La Risurrezione di Cristo e le sfide del mondo attuale. 8. La Pasqua come approdo del cuore inquieto

Saluto del Santo Padre ai malati in Aula Paolo VI prima dell’Udienza Generale

Buongiorno a tutti! Good morning! Welcome!

Faccio un breve saluto, una benedizione per ognuno di voi.

In questa giornata volevamo difendervi un po’ dagli elementi, dal freddo soprattutto... Non sta piovendo, però così forse state un po’ più comodi. Dopo potrete seguire l’Udienza sullo schermo, o se volete potete anche uscire, però approfittiamo di questo piccolo incontro un po’ più personale, così, per salutarvi, per offrirvi la benedizione del Signore, e anche un augurio. Siamo già vicino alla festa di Natale e vogliamo chiedere al Signore che la gioia di questo tempo di Natale vi accompagni tutti: le vostre famiglie, i vostri cari, e che siate sempre nelle mani del Signore con la fiducia, con l’amore che solo Dio ci può dare.

Do la benedizione a tutti adesso, poi passo a salutarvi.

Benedizione

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

La vita umana è caratterizzata da un movimento costante che ci spinge a fare, ad agire. Oggi si richiede ovunque rapidità nel conseguire risultati ottimali negli ambiti più svariati. In che modo la risurrezione di Gesù illumina questo tratto della nostra esperienza? Quando parteciperemo alla sua vittoria sulla morte, ci riposeremo? La fede ci dice: sì, riposeremo. Non saremo inattivi, ma entreremo nel riposo di Dio, che è pace e gioia. Ebbene, dobbiamo solo aspettare, o questo ci può cambiare fin da ora?

Siamo assorbiti da tante attività che non sempre ci rendono soddisfatti. Molte delle nostre azioni hanno a che fare con cose pratiche, concrete. Dobbiamo assumerci la responsabilità di tanti impegni, risolvere problemi, affrontare fatiche. Anche Gesù si è coinvolto con le persone e con la vita, non risparmiandosi, anzi donandosi fino alla fine. Eppure, percepiamo spesso quanto il troppo fare, invece di darci pienezza, diventi un vortice che ci stordisce, ci toglie serenità, ci impedisce di vivere al meglio ciò che è davvero importante per la nostra vita. Ci sentiamo allora stanchi, insoddisfatti: il tempo pare disperdersi in mille cose pratiche che però non risolvono il significato ultimo della nostra esistenza. A volte, alla fine di giornate piene di attività, ci sentiamo vuoti. Perché? Perché noi non siamo macchine, abbiamo un “cuore”, anzi, possiamo dire, siamo un cuore.

Il cuore è il simbolo di tutta la nostra umanità, sintesi di pensieri, sentimenti e desideri, il centro invisibile delle nostre persone. L’evangelista Matteo ci invita a riflettere sull’importanza del cuore, nel riportare questa bellissima frase di Gesù: «Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore» (Mt 6,21).

È dunque nel cuore che si conserva il vero tesoro, non nelle casseforti della terra, non nei grandi investimenti finanziari, mai come oggi impazziti e ingiustamente concentrati, idolatrati al sanguinoso prezzo di milioni di vite umane e della devastazione della creazione di Dio.

È importante riflettere su questi aspetti, perché nei numerosi impegni che di continuo affrontiamo, sempre più affiora il rischio della dispersione, talvolta della disperazione, della mancanza di significato, persino in persone apparentemente di successo. Invece, leggere la vita nel segno della Pasqua, guardarla con Gesù Risorto, significa trovare l’accesso all’essenza della persona umana, al nostro cuore: cor inquietum. Con questo aggettivo “inquieto”, Sant’Agostino ci fa comprendere lo slancio dell’essere umano proteso al suo pieno compimento. La frase integrale rimanda all’inizio delle Confessioni, dove Agostino scrive: «Signore, ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto, finché non riposa in te» (I, 1,1).

L’inquietudine è il segno che il nostro cuore non si muove a caso, in modo disordinato, senza un fine o una meta, ma è orientato alla sua destinazione ultima, quella del “ritorno a casa”. E l’approdo autentico del cuore non consiste nel possesso dei beni di questo mondo, ma nel conseguire ciò che può colmarlo pienamente, ovvero l’amore di Dio, o meglio, Dio Amore. Questo tesoro, però, lo si trova solo amando il prossimo che si incontra lungo il cammino: i fratelli e le sorelle in carne e ossa, la cui presenza sollecita e interroga il nostro cuore, chiamandolo ad aprirsi e a donarsi. Il prossimo ti chiede di rallentare, di guardarlo negli occhi, a volte di cambiare programma, forse anche di cambiare direzione.

Carissimi, ecco il segreto del movimento del cuore umano: tornare alla sorgente del suo essere, godere della gioia che non viene meno, che non delude. Nessuno può vivere senza un significato che vada oltre il contingente, oltre ciò che passa. Il cuore umano non può vivere senza sperare, senza sapere di essere fatto per la pienezza, non per la mancanza.

Gesù Cristo, con la sua Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione ha dato fondamento solido a questa speranza. Il cuore inquieto non sarà deluso, se entra nel dinamismo dell’amore per cui è creato. L’approdo è certo, la vita ha vinto e in Cristo continuerà a vincere in ogni morte del quotidiano. Questa è la speranza cristiana: benediciamo e ringraziamo sempre il Signore che ce l’ha donata!

LEONE XIV