Domenica 28 Aprile 2024
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P. Jonathan Cotton OSB

P. Jonathan Cotton OSB (è stato alla Claritas da settembre 2022 a luglio 2023) P. Anthony Jonathan Cotton è nato il 9 maggio 1943 a Simla (India) in una famiglia cattolica inglese. Suo padre era infatti in quel Paese a servizio dell’Esercito del Regno Unito. Ha trascorso anche qualche anno della sua infanzia anche a Napoli. Ma poi è ritornato in Inghilterra. Ha frequentato le scuole nel Collegio dell’abbazia benedettina di Ampleforth, nella provincia di York. Nel 1961, ultimati gli studi, decise di entrare tra i benedettini. Ancora con voti semplici fu mandato all’università per studiare storia. Poi ha cominciato a insegnare nel Collegio dell’abbazia, mentre ultimava i suoi studi di teologia. Diventato sacerdote è stato inviato e ha lavorato, per oltre 45 anni, in alcune parrocchie dipendenti dall’Abbazia, specialmente in St. Mary’s Leyland dove fu nominato superiore e Parroco. P. Jonathan ha conosciuto l’Opera di Maria nel 1972. Ricorda: Lì ho trovato una spiritualità che ha cambiato la mia vita completamente e che mi ha dato molta luce per capire come vivere da monaco benedettino. Prima di conoscere questa spiritualità stavo veramente lottando come monaco e credo che questa spiritualità mi ha riportato alla vocazione che Dio vuole da me. Da allora è diventato membro attivo, con altri religiosi, dell’Opera di Maria. Fra essi ricordiamo Dom Maurus Green e Dom Ian Petit, suoi confratelli, che lo avevano invitato alla Mariapoli in quell’anno. Scrive: Successe che dopo una battaglia interiore ho capito la bellezza e la grandezza della spiritualità dell’unità. Mi ha aiutato a rivedere i miei rapporti con i miei confratelli nell’abbazia, e poi in parrocchia. In questo modo ho istaurato rapporti nuovi e profondi con le persone di tutte le età, con piccoli e grandi, uomini e donne e non ho più perso i contatti con le persone legate a questa spiritualità. Tutte loro sono state un grande sostegno per me e mi hanno aiutato molto.! Dal 1980 in poi è stato, sempre in unità e a servizio di tutta l’Opera in zona, ha svolto anche il servizio di coordinatore responsabile dei religiosi del Regno Unito. P. Jonathan da allora ha sempre partecipato agli internazionali dei religiosi del Movimento dei Focolari. E con il suo italiano approssimativo, ma soprattutto con il suo sorriso e il suo tipico humor inglese, conquistava tutti e riusciva a tessere rapporti con tutti. Molti, anche dopo anni, ricordavano la sua presenza e il suo sorriso. Negli anni poi, nonostante gli intensi impegni pastorali, e sempre con il permesso dei superiori, ha continuato a servire l’Opera di Maria, soprattutto nel dialogo ecumenico e nell’amicizia con numerosi appartenenti alla Chiesa Anglicana e Presbiteriana. Negli ultimi 20 anni ha curato anche profondi rapporti con fedeli di altre religioni, in particolare con i fratelli musulmani. Ha incontrato un giovane professore, il Dott. Shomali, proveniente dall’Iran e trasferitosi in Inghilterra. Desideroso di conoscere il cristianesimo, lo ha fatto incontrare con la spiritualità dell’Unità e con il Movimento dei Focolari. Concluso il suo ministero parrocchiale nel 2022, ha ottenuto il permesso di trascorrere un anno sabatico alla Claritas a Loppiano. I suoi obiettivi: Voglio andare a Loppiano per aggiornarmi con lo studio di argomenti di teologia, filosofia e spiritualità con l’aiuto dei confratelli religiosi della Claritas e l’Istituto Universitario Sophia, e nello stesso tempo fare uno stacco dal mio intenso lavoro apostolico in parrocchia. Anche se ho sempre cercato di essere fedele alle mie preghiere e alla meditazione, in una parrocchia c’è meno tempo per questo, perché molteplici e continui sono i rapporti con le persone che chiedono consiglio e aiuto materiale e spirituale. Ho cercato di fare questo per prepararmi al nuovo ritmo di vita del monastero, dove dovevo rientrare. Nella cittadella di Loppiano p. Jonathan si è inserito attivamente tessendo relazioni con gli abitanti di tutte le vocazioni, famiglie, giovani, sacerdoti e seminaristi, docenti e studenti dell’Istituto Universitario Sophia. Alla fine della sua permanenza, nel giugno 2023, inaspettatamente, ha dovuto affrontare alcune serie difficoltà con la sua salute. Ha dovuto rinunciare a vistare famigliari e amici in Australia e gli USA per ritornare in Inghilterra per cure mediche. Ha lasciato Loppiano l’11 luglio dello scorso anno, ma ha continuato a restare unito a tanti di noi. La malattia riscontrata era seria. Ritornato in Inghilterra ha trascorso gli ultimi mesi tra ricoveri in ospedale e la vita nell’infermeria dell’abbazia di Ampleforth. Anche in questa situazione incerta ha continuato a mantenere contatti regolari attraverso i social con tanti di noi e con molti fedeli della sua parrocchia e con innumerevoli membri dell’Opera di Maria. Accettando tutto e vivendo il percorso della malattia con grande fede, pace e serenità che donava sempre a tutti coloro che lo contattavano, fino agli ultimi giorni di vita. Il segreto di questo atteggiamento era il suo amore illimitato a Gesù Abbandonato. Tanti di noi e dei suoi amici della famiglia mondiale del Focolare lo hanno sostenuto con preghiere e messaggi, offrendogli un’esperienza di cammino comunitario verso la Vita Eterna. Il 17 gennaio 2024, vigilia della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, P. Jonathan è andato serenamente incontro al suo Salvatore come realizzazione della parola di vita che Chiara Lubich ha dato a lui: “Come il Padre ha mandato me, così Io ho amato voi” (Gv 15:09). Dal cielo, di sicuro, continua ad accompagnarci con il suo radioso sorriso! Questa sera, la salma di P. Jonathan, verrà solennemente traslata nella Chiesa dell’Abbazia di Ampleforth. Domani mattina avranno luogo i solenni funerali e la sepoltura nel cimitero dei monaci. Grazie P. Jonathan! Grazie! Riposa in pace! 



 

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Messaggio Cristiano
Udienza Generale, 17 Aprile 2024

Catechesi. I vizi e le virtù. 15. La temperanza

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi parlerò della quarta e ultima virtù cardinale: la temperanza. Con le altre tre, questa virtù condivide una storia che risale molto indietro nel tempo e che non appartiene ai soli cristiani. Per i greci la pratica delle virtù aveva come obbiettivo la felicità. Il filosofo Aristotele scrive il suo più importante trattato di etica indirizzandolo al figlio Nicomaco, per istruirlo nell’arte del vivere. Perché tutti cerchiamo la felicità eppure così pochi la raggiungono? Questa è la domanda. Per rispondere ad essa Aristotele affronta il tema delle virtù, tra le quali ha uno spazio di rilievo la enkráteia, cioè la temperanza. Il termine greco significa letteralmente “potere su sé stessi”. La temperanza è un potere su sé stessi. Questa virtù è dunque la capacità di autodominio, l’arte di non farsi travolgere da passioni ribelli, di mettere ordine in quello che il Manzoni chiama il “guazzabuglio del cuore umano”.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci dice che «la temperanza è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati». «Essa – prosegue il Catechismo – assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’onestà. La persona temperante orienta al bene i propri appetiti sensibili, conserva una sana discrezione, e non segue il proprio istinto e la propria forza assecondando i desideri del proprio cuore» (n. 1809).

Dunque, la temperanza, come dice la parola italiana, è la virtù della giusta misura. In ogni situazione, si comporta con saggezza, perché le persone che agiscono mosse sempre dall’impeto o dall’esuberanza alla fine sono inaffidabili. Le persone senza temperanza sono sempre inaffidabili. In un mondo dove tanta gente si vanta di dire quello che pensa, la persona temperante preferisce invece pensare quello che dice. Capite la differenza? Non dire quello che mi viene in mente, così… No, pensare a quello che devo dire. Non fa promesse a vanvera, ma assume impegni nella misura in cui li può soddisfare.

Anche con i piaceri, la persona temperante agisce con giudizio. Il libero corso delle pulsioni e la totale licenza accordata ai piaceri, finiscono per ritorcersi contro noi stessi, facendoci precipitare in uno stato di noia. Quanta gente che ha voluto provare tutto con voracità si è ritrovata a perdere il gusto di ogni cosa! Meglio allora cercare la giusta misura: ad esempio, per apprezzare un buon vino, assaporarlo a piccoli sorsi è meglio che ingurgitarlo tutto d’un fiato. Tutti sappiamo questo.

La persona temperante sa pesare e dosare bene le parole. Pensa a quello che dice. Non permette che un momento di rabbia rovini relazioni e amicizie che poi solo con fatica potranno essere ricostruite. Specialmente nella vita famigliare, dove le inibizioni si abbassano, tutti corriamo il rischio di non tenere a freno tensioni, irritazioni, arrabbiature. C’è un tempo per parlare e un tempo per tacere, ma entrambi richiedono la giusta misura. E questo vale per tante cose, ad esempio lo stare con gli altri e lo stare da soli.

Se la persona temperante sa controllare la propria irascibilità, non per questo la vedremo perennemente con il volto pacifico e sorridente. Infatti, qualche volta è necessario indignarsi, ma sempre nella giusta maniera. Queste sono le parole: la giusta misura, la giusta maniera. Una parola di rimprovero a volte è più salutare rispetto a un silenzio acido e rancoroso. Il temperante sa che nulla è più scomodo del correggere un altro, ma sa anche che è necessario: altrimenti si offrirebbe libero campo al male. In certi casi, il temperante riesce a tenere insieme gli estremi: afferma i principi assoluti, rivendica i valori non negoziabili, ma sa anche comprendere le persone e dimostra empatia per esse. Dimostra empatia.

Il dono del temperante è dunque l’equilibrio, qualità tanto preziosa quanto rara. Tutto, infatti, nel nostro mondo spinge all’eccesso. Invece la temperanza si sposa bene con atteggiamenti evangelici quali la piccolezza, la discrezione, il nascondimento, la mitezza. Chi è temperante apprezza la stima degli altri, ma non ne fa l’unico criterio di ogni azione e di ogni parola. È sensibile, sa piangere e non se ne vergogna, ma non si piange addosso. Sconfitto, si rialza; vincitore, è capace di tornare alla vita nascosta di sempre. Non cerca gli applausi, ma sa di avere bisogno degli altri.

Fratelli e sorelle, non è vero che la temperanza rende grigi e privi di gioie. Anzi, fa gustare meglio i beni della vita: lo stare insieme a tavola, la tenerezza di certe amicizie, la confidenza con le persone sagge, lo stupore per le bellezze del creato. La felicità con la temperanza è letizia che fiorisce nel cuore di chi riconosce e dà valore a ciò che più conta nella vita. Preghiamo il Signore perché ci dia questo dono: il dono della maturità, della maturità dell’età, della maturità affettiva, della maturità sociale. Il dono della temperanza.

Papa Francesco