PREMIO LETTERARIO NAZIONALE "BE NA BE - CUORE A CUORE"
I EDIZIONE


Buona serata a tutti. Ieri pomeriggio (25 Giugno 2022) presso il Convento dei Padri Cappuccini di Savona si è svolta la Cerimonia di Premiazione della 1^ Edizione del Premio Letterario Nazionale Benabe-Cuore a Cuore, a conclusione di quella che è stata un'esperienza bellissima e ricca di emozioni per chi ha organizzato l'evento e per chi ha partecipato. La premiazione ha avuto luogo nel chiostro del convento dove si respirava un'aria di profonda quiete e di spiritualità: secoli di storia e di fede abitano fra le mura antiche della chiesa e dell'intero complesso conventuale.

 

La cerimonia è iniziata con il saluto di Padre Umberto, quasi 95 anni e una vita consacrata a Dio con cinquant'anni di missione in terra d'Africa. Il termine "Benabe" era stato scelto per dare il nome ad un giornalino che per diversi anni è uscito sia in forma cartacea sia on line e approfondiva ad ogni numero temi di spiritualità suggeriti da Padre Umberto. E così quando ho pensato al nome da scegliere per il concorso mi è venuta l'idea di "Benabe" e a questo punto credo che non avrebbe potuto essere diversamente.

 

Dopo il saluto del nostro caro Padre Umberto è stata la volta di Padre Gianfranco Jacopi, superiore della Fraternità Francescana Cappuccina di Savona, anche lui missionario per molti anni in Perù e ora qui per guidare il convento di Savona in acque sicure... Bisogna sapere che questo luogo straordinario ha rischiato di essere chiuso o addirittura venduto: su questo aspetto si è soffermato il padre superiore per sottolineare quanto è stato fatto per scongiurare una tristissima e dolorosa eventualità e, con l'aiuto di Dio, pare che la Fraternità Francescana Cappuccina di Savona avrà ancora vita molto lunga. Il convento sta diventando un centro di tante iniziative culturali e il nostro concorso letterario è una di queste. Padre Gianfranco proprio oggi ha celebrato i suoi cinquant'anni di sacerdozio con una Santa Messa allietata dal coro del Maestro Angelo Mule'.

 

Dopo il padre superiore ha preso la parola l'Architetto Nicoletta Negro, Assessore alle Politiche Comprensoriali della Cultura e del Turismo del Comune di Savona, in rappresentanza del Sindaco Avvocato Marco Russo impossibilitato a partecipare: è stato un altro contributo importante perché l'attenzione dell'amministrazione comunale è un sostegno prezioso per tutte le realtà del territorio e quindi per il nostro amato convento.

 

Conclusi i saluti dei Padri Cappuccini e delle autorità, è iniziata la cerimonia di premiazione con la presenza da ogni parte d'Italia di autori che, fra versi e parole, hanno saputo emozionare la giuria. Io devo ringraziare gli amici e colleghi di penna che hanno partecipato con entusiasmo al Premio Benabe-Cuore a Cuore: tanti nomi eccellenti del panorama letterario italiano uniti a sostegno di un'ottima causa. Ma desidero anche ringraziare tutti gli autori che ho conosciuto per la prima volta e che hanno contribuito all'iniziativa con grande sensibilità. Il messaggio che questo concorso cerca di trasmettere è proprio il senso di partecipazione, di ascolto e di condivisione: la Fraternità Francescana Cappuccina di Savona ha voluto accogliere i partecipanti in senso concreto, offrendo loro ospitalità gratuita, ma anche con il desiderio di accogliere le persone, di farle sentire in famiglia, perché il Convento è una grande famiglia che apre le porte del cuore e della propria casa a chiunque abbia bisogno anche di una parola di conforto e di sostegno, di una presenza fraterna, proprio "cuore a cuore". E per questo i Padri Cappuccini desiderano "restare in contatto" e una via per continuare le relazioni è anche il sito internet del Convento, www.benabe.org dove è possibile inviare messaggi anche in forma anonima per dialogare con chi ha pazienza di ascoltare.

 

La cerimonia di premiazione è stata allietata dagli interventi musicali del gruppo "Ci piace cantare" e la lettura delle poesie è stata eseguita in maniera impeccabile da due insegnanti, la signora Patrizia e la signora Daniela che ancora ringrazio di cuore per il loro prezioso sostegno.

 


Terminata la premiazione, un rinfresco delizioso per tutti. I premi offerti ai vincitori consistevano in oggetti provenienti dall'artigianato locale del Centrafrica e del Perù, terra di missione dei nostri Padri Cappuccini. Ma c'è un ultimo, non certo per importanza, doveroso e sentito ringraziamento a Suor Giuseppa dell'Istituto delle Figlie di Nostra Signora della Misericordia, che con tanto amore e tanta pazienza ha seguito assieme a me ogni fase del concorso, dalla sua partecipazione con Padre Umberto nella Giuria, alla realizzazione di ogni tappa fondamentale di questo percorso.

 

Io non posso che ringraziare i Padri Cappuccini per la fiducia che mi hanno dimostrato accettando di intraprendere questa avventura che mi ha regalato emozioni preziose e soprattutto quel senso di famiglia, di appartenenza che tanto fa bene al cuore. E con gioia annuncio che nel prossimo autunno uscirà il bando per la seconda edizione del Premio Letterario Nazionale Benabe-Cuore a Cuore. Vi aspettiamo di nuovo per altri momenti speciali.

 

 

Savona, 26 Giugno 2022

Rita Muscardin

 

Link agli articoli sulle testate giornalistiche online:

 

SavonaNews.it - Savona, prima edizione del premio letterario nazionale "Benabe-Cuore a Cuore"

 

IVG.it - Premio letterario nazionale “Benabe-Cuore a Cuore”: a Savona la cerimonia di premiazione

 

 

Alcune fotografie del momento della premiazione:

 

 


Documenti allegati

 Verbale Premio Letterario I Edizione
 Bando Premio Letterario I Edizione

 

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Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. III. La Pasqua di Gesù. 6. La morte. «Gesù, dando un forte grido, spirò» (Mc 15,37)

Cari fratelli e sorelle,
buongiorno e grazie per la vostra presenza, una bella testimonianza!

Oggi contempliamo il vertice della vita di Gesù in questo mondo: la sua morte in croce. I Vangeli attestano un particolare molto prezioso, che merita di essere contemplato con l’intelligenza della fede. Sulla croce, Gesù non muore in silenzio. Non si spegne lentamente, come una luce che si consuma, ma lascia la vita con un grido: «Gesù, dando un forte grido, spirò» (Mc 15,37). Quel grido racchiude tutto: dolore, abbandono, fede, offerta. Non è solo la voce di un corpo che cede, ma il segno ultimo di una vita che si consegna.

Il grido di Gesù è preceduto da una domanda, una delle più laceranti che possano essere pronunciate: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». È il primo verso del Salmo 22, ma sulle labbra di Gesù assume un peso unico. Il Figlio, che ha sempre vissuto in intima comunione con il Padre, sperimenta ora il silenzio, l’assenza, l’abisso. Non si tratta di una crisi di fede, ma dell’ultima tappa di un amore che si dona fino in fondo. Il grido di Gesù non è disperazione, ma sincerità, verità portata al limite, fiducia che resiste anche quando tutto tace.

In quel momento, il cielo si oscura e il velo del tempio si squarcia (cfr Mc 15,33.38). È come se il creato stesso partecipasse a quel dolore, e insieme rivelasse qualcosa di nuovo: Dio non abita più dietro un velo, il suo volto è ora pienamente visibile nel Crocifisso. È lì, in quell’uomo straziato, che si manifesta l’amore più grande. È lì che possiamo riconoscere un Dio che non resta distante, ma attraversa fino in fondo il nostro dolore.

Il centurione, un pagano, lo capisce. Non perché ha ascoltato un discorso, ma perché ha visto morire Gesù in quel modo: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!» (Mc 15,39). È la prima professione di fede dopo la morte di Gesù. È il frutto di un grido che non si è disperso nel vento, ma ha toccato un cuore. A volte, ciò che non riusciamo a dire a parole lo esprimiamo con la voce. Quando il cuore è pieno, grida. E questo non è sempre un segno di debolezza, può essere un atto profondo di umanità.

Noi siamo abituati a pensare al grido come a qualcosa di scomposto, da reprimere. Il Vangelo conferisce al nostro grido un valore immenso, ricordandoci che può essere invocazione, protesta, desiderio, consegna. Addirittura, può essere la forma estrema della preghiera, quando non ci restano più parole. In quel grido, Gesù ha messo tutto ciò che gli restava: tutto il suo amore, tutta la sua speranza.

Sì, perché anche questo c’è, nel gridare: una speranza che non si rassegna. Si grida quando si crede che qualcuno possa ancora ascoltare. Si grida non per disperazione, ma per desiderio. Gesù non ha gridato contro il Padre, ma verso di Lui. Anche nel silenzio, era convinto che il Padre era lì. E così ci ha mostrato che la nostra speranza può gridare, persino quando tutto sembra perduto.

Gridare diventa allora un gesto spirituale. Non è solo il primo atto della nostra nascita – quando veniamo al mondo piangendo –: è anche un modo per restare vivi. Si grida quando si soffre, ma pure quando si ama, si chiama, si invoca. Gridare è dire che ci siamo, che non vogliamo spegnerci nel silenzio, che abbiamo ancora qualcosa da offrire.

Nel viaggio della vita, ci sono momenti in cui trattenere tutto dentro può consumarci lentamente. Gesù ci insegna a non avere paura del grido, purché sia sincero, umile, orientato al Padre. Un grido non è mai inutile, se nasce dall’amore. E non è mai ignorato, se è consegnato a Dio. È una via per non cedere al cinismo, per continuare a credere che un altro mondo è possibile.

Cari fratelli e sorelle, impariamo anche questo dal Signore Gesù: impariamo il grido della speranza quando giunge l’ora della prova estrema. Non per ferire, ma per affidarci. Non per urlare contro qualcuno, ma per aprire il cuore. Se il nostro grido sarà vero, potrà essere la soglia di una nuova luce, di una nuova nascita. Come per Gesù: quando tutto sembrava finito, in realtà la salvezza stava per iniziare. Se manifestata con la fiducia e la libertà dei figli di Dio, la voce sofferta della nostra umanità, unita alla voce di Cristo, può diventare sorgente di speranza per noi e per chi ci sta accanto.

LEONE XIV