Martedì 28 Marzo 2023
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A tutto campo


Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della cerimonia per i cento anni dalla nascita di Chiara Lubich.

Trento, 25/01/2020

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Rivolgo a tutti un saluto di grande cordialità, un saluto al Sindaco e, attraverso di lui, a tutti i suoi concittadini; al presidente della Provincia, al presidente della Provincia di Bolzano. Un saluto particolare a Maria Voce, a Jesus Moran Cepedano.

 

Poc’anzi Maria Voce ha richiamato il carisma dell’unità di Chiara Lubich. È il tratto fondamentale della sua spiritualità, uno dei tratti fondamentali della sua spiritualità ed è la strada su cui ha camminato per tutta la sua vita, riuscendo a trasmetterne la necessità e l’urgenza a tante donne e tanti uomini.

 

Quel segno inconfondibile di Chiara Lubich è nato dalla sua Fede e, come sempre quando vi sono espressioni di fede in persone autentiche, in coscienza autentiche e sincere, si è riverberato sui comportamenti concreti, quotidiani. E ha avuto una refluenza poi su alcuni importanti riflessi di carattere sociale.

 

A Chiara Lubich non sono mai sfuggiti questi riflessi sociali. Sin dall’inizio del movimento, sin dal primo focolare, sin dai colloqui e i dialoghi con i co-fondatori, tra i quali, abbiamo visto un’immagine, c’era un costituente, Igino Giordani, che rimase colpito dai pensieri di Chiara, definendoli scrivendo “tanto ricchi di dottrina, di sapienza, di fuoco”.

 

Igino Giordani – che ho avuto la fortuna di conoscere da giovane e di incontrarlo più volte – affascinava con la sua travolgente semplicità e autenticità. Poc’anzi Maria Voce ha detto che Chiara Lubich ci ha lasciato il patrimonio inestimabile della sua vita esemplare. Potremmo utilizzare anche queste parole per Igino Giordani.

 

Abbiamo, poc’anzi, ricevuto alcune testimonianze della risposta agli insegnamenti di Chiara Lubich da persone che l’hanno conosciuta e da persone hanno praticato e continuano a praticare i suoi insegnamenti, che sono partecipi delle opere che lei ha avviato. Opere di grande solidarietà, di sostegno ai più deboli, di amicizia sincera realmente praticata.

 

Abbiamo ascoltato alcune esperienze fortemente coinvolgenti; quella dei due coniugi medici a Kinshasa è davvero coinvolgente, così come quella dell’amicizia sincera e profonda di Yacine e dei suoi amici; o come quella sul versante della professione di avvocato, o sull’economia, di solidarietà. Sono tutte declinazioni, negli ambiti più diversi della convivenza, del carisma e degli insegnamenti di Chiara Lubich.

 

L’unità, del resto - lo ha detto bene poc’anzi il Vescovo - non si ferma, non si esaurisce, nell’ambito della Chiesa, non si ferma dentro i suoi confini. Perché impegnativa, e richiede una coerenza di vita e di pensiero in ogni dimensione, in ogni momento in ogni versante della vita. L’unità – per chi sa interpretarla davvero – si traduce in fraternità. Verso tutti gli altri. A cominciare da chi ci sta vicino, cosa che talvolta è la più difficile. Senza pregiudizi né barriere. La fraternità è un valore universale, che non ammette confini o distinzioni.

 

Chiara Lubich, saggiamente, considerava la fraternità anche come “categoria politica”. Ebbe a manifestarlo sovente nei luoghi internazionali che frequentava e dove le è stata riconosciuta la qualità di “donna costruttrice di pace”. C’è un passo che vorrei leggere di Chiara Lubich a Stoccarda, nel 2004: “Espressione della fraternità in politica, è amare la patria, quella altrui come la propria: la più alta dignità, per l’umanità, sarebbe, infatti, quella di sentirsi un solo popolo, arricchito dalla diversità di ciascuno, e per questo, custode, nell’unità, delle differenti identità”.

 

Leggendo ed ascoltando queste parole viene da pensare che le tre parole chiave che la rivoluzione francese ha trasmesso alla modernità politica: libertà, uguaglianza, fraternità, hanno visto questo terzo termine, questo terzo concetto un po’ più indietro, quasi relegato in secondo piano per effetto degli interessi materiali delle nostre società. Per effetto forse anche del senso comune, ma è quello della fraternità un elemento cruciale della convivenza, è veramente un fondamento di civiltà; e anche un motore di benessere.

 

Basta riflettere che l’Europa, le relazioni della comunità internazionale, tutte le nostre democrazie hanno bisogno di questo senso di fraternità e insieme dei suoi interpreti generosi; perché, senza fraternità, rischiamo di essere esposti al dominio dei soli interessi, o delle paure, che nascono dai cambiamenti.

 

E rischiamo di non avere la forza per superare le disuguaglianze che sono crescenti, per risanare le fratture sociali, per impedire la legge del più forte.

 

L’altruismo, il dono, si confrontano da sempre con l’utilitarismo e l’individualismo; che, talvolta, appaiono come il metro del successo personale, nella vita quotidiana. In realtà, oggi come ieri.

 

Sono valori, quelli della fraternità e dell’altruismo, del dono, che Chiara Lubich ha riproposto con efficacia e con vigore, partendo da quell’abisso di umanità che era stata la guerra. La sua vocazione e il suo carisma nascono allora, sotto i bombardamenti, quella che davvero era la notte della ragione: l’Europa attraversata da volontà di potenza, nazionalismi trasformati in odio, propaganda di morte fino allo sterminio, fino all’Olocausto.

 

Contro quell’abisso parte il messaggio di fraternità, di riconciliazione, di unità di Chiara Lubich.

 

È stato un grande segno di speranza, che va vissuto e visto e ricordato perché ciascuno assuma le proprie responsabilità verso gli altri, a partire dalle generazioni più giovani, sovente più sensibili e più disponibili.

 

La vicenda umana, la storia, non è un recinto entro il quale ripararsi o rinchiudersi. È una strada all’aperto, nella quale poter essere protagonisti. Vorrei richiamare due cose che ha detto poc’anzi Maria Voce. L’”estremismo del dialogo” vissuto nella “cultura della fiducia” sono due indicazioni preziose, perché questo apre la condizione umana e le interrelazioni, e copre l’insufficienza di ciascuno nell’incontro con gli altri.

 

Gli uomini e le donne che hanno maggior coraggio sono coloro che avvertono la reciproca interdipendenza, che hanno la pazienza di costruire e la lungimiranza per guardare lontano. Per costruire ci vuole capacità di dialogo, occorre rispetto, ci vuole senso del proprio limite. Bisogna essere capaci di cercare le verità presenti negli altri, compresi coloro che non la pensano come noi. Questo è in realtà è il senso civile dell’unità e del carisma che Chiara Lubich ha manifestato e ha diffuso.

 

Vorrei ricordare che Chiara Lubich si è molto impegnata nell’ecumenismo, nel dialogo tra le confessioni cristiane, che pure sono state parte dei nazionalismi e dei Conflitti in Europa. Nel dialogo tra le religioni monoteiste con quelle orientali. Nel dialogo tra credenti e non credenti. In nome della comune appartenenza al genere umano.

 

Il dialogo tra le religioni, appare molto evidente oggi, in questa stagione storica, è decisivo per la pace. Chiara Lubich l’aveva intuito, con spirito di profezia.

 

Dobbiamo prosciugare, in base a queste indicazioni, a questi insegnamenti, a questi esempi, i bacini d’odio, che strumentalizzano, e stravolgono, i messaggi religiosi, esprimendo in contrasto con loro, volontà di sopraffazione, di annientamento e di morte.

 

Dallo spirito di fraternità dei Focolari è sorto un contributo allo sviluppo – teorico e pratico – dell’”economia di comunione”. Ne abbiamo ascoltato una testimonianza significativa.

 

È un orizzonte nuovo, ma tutt’altro che marginale nelle società, per le loro prospettive, per il loro futuro. È un elemento importante nella prospettiva di economie sostenibili che sono quelle naturalmente compatibili con l’ambiente, con gli equilibri ecologici, ma sono anche quelle che inducono la sostenibilità, è anche quella che fa superare le diseguaglianze, è quella che riesce a conciliare produzione e cura delle persone. È quella della responsabilità che avvertite in maniera crescente delle imprese, la responsabilità sociale delle imprese, che cresce per fortuna come consapevolezza. Nella eliminazione degli sprechi.

 

Non mancano le buone pratiche. Diffonderle è interesse di tutti. Se l’economia di comunione crescerà, si allargheranno anche l’eguaglianza, la giustizia e il benessere.

 

Chiara Lubich, orgoglio trentino – come hanno ben sottolineato il sindaco e il presidente della Provincia – ha avuto l’ispirazione, la visione e la capacità di fondare un Movimento così importante; che trasmette il suo carisma, che ha portato, e continua a portare, in tanti luoghi del mondo i suoi insegnamenti e l’efficacia dei suoi insegnamenti.

 

Si può essere forti, molto forti, pur essendo miti e aperti alle buone ragioni degli altri.

Anzi – in realtà – per dirla con sincerità, come dimostra la vita di Chiara Lubich, soltanto così si è davvero forti.



 

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Messaggio Cristiano
Angelus, 26 Marzo 2023

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi, quinta domenica di Quaresima, il Vangelo ci presenta la risurrezione di Lazzaro (cfr Gv 11,1-45). È l’ultimo dei miracoli di Gesù narrati prima della Pasqua: la risurrezione del suo amico Lazzaro. Lazzaro è un caro amico di Gesù, il quale sa che sta per morire; si mette in cammino, ma arriva a casa sua quattro giorni dopo la sepoltura, quando ogni speranza è ormai perduta. La sua presenza però riaccende un po’ di fiducia nel cuore delle sorelle Marta e Maria (cfr vv. 22.27). Esse, pur nel dolore, si aggrappano a questa luce, a questa piccola speranza. E Gesù le invita ad avere fede e chiede di aprire il sepolcro. Poi prega il Padre e grida a Lazzaro: «Vieni fuori!» (v. 43). E questi torna a vivere ed esce. Questo è il miracolo, così, semplice.

Il messaggio è chiaro: Gesù dà la vita anche quando sembra non esserci più speranza. Capita, a volte, di sentirsi senza speranza – a tutti è capitato questo –, oppure di incontrare persone che hanno smesso di sperare, amareggiate perché hanno vissuto cose brutte, il cuore ferito non può sperare. Per una perdita dolorosa, una malattia, una delusione cocente, per un torto o un tradimento subito, per un grave errore commesso… hanno smesso di sperare. A volte sentiamo qualcuno che dice: “Non c’è più niente da fare!”, e chiude la porta ad ogni speranza. Sono momenti in cui la vita sembra un sepolcro chiuso: tutto è buio, intorno si vedono solo dolore e disperazione. Il miracolo di oggi ci dice che non è così, la fine non è questa, che in questi momenti non siamo soli, anzi che proprio in questi momenti Lui si fa più che mai vicino per ridarci vita. Gesù piange: il Vangelo dice che Gesù, davanti al sepolcro di Lazzaro ha pianto, e oggi Gesù piange con noi, come ha potuto piangere per Lazzaro: il Vangelo ripete due volte che si commosse (cfr vv. 33.38) e sottolinea che scoppiò in pianto (cfr v. 35). E al tempo stesso Gesù ci invita a non smettere di credere e di sperare, a non lasciarci schiacciare dai sentimenti negativi, che ti tolgono il pianto. Si avvicina ai nostri sepolcri e dice a noi, come allora: «Togliete la pietra» (v. 39). In questi momenti noi abbiamo come una pietra dentro e l’unico capace di toglierla è Gesù, con la sua parola: “Togliete la pietra”.

Questo dice Gesù, anche a noi. Togliete la pietra: il dolore, gli errori, anche i fallimenti, non nascondeteli dentro di voi, in una stanza buia e solitaria, chiusa. Togliete la pietra: tirate fuori tutto quello che c’è dentro. “Ah, mi dà vergogna”. Gettatelo in me con fiducia, dice il Signore, io non mi scandalizzo; gettatelo in me senza timore, perché io sono con voi, vi voglio bene e desidero che torniate a vivere. E, come a Lazzaro, ripete a ognuno di noi: Vieni fuori! Rialzati, riprendi il cammino, ritrova fiducia! Quante volte, nella vita, ci siamo trovati così, in questa situazione di non avere forza per rialzarci. E Gesù: “Vai, vai avanti! Io sono con te”. Ti prendo io per mano, dice Gesù, come quando da piccolo imparavi a fare i primi passi. Caro fratello, cara sorella, togliti le bende che ti legano (cfr v. 45); per favore, non cedere al pessimismo che deprime, non cedere al timore che isola, non cedere allo scoraggiamento per il ricordo di brutte esperienze, non cedere alla paura che paralizza. Gesù ci dice: “Io ti voglio libero, ti voglio vivo, non ti abbandono e sono con te! È tutto buio, ma io sono con te! Non lasciarti imprigionare dal dolore, non lasciar morire la speranza. Fratello, sorella, ritorna a vivere!” – “E come faccio?” – “Prendimi per mano”, e Lui ci prende per mano. Lasciati tirare fuori: e Lui è capace di farlo. In questi momenti brutti che succedono a tutti noi.

Cari fratelli e sorelle, questo brano del capitolo 11 del Vangelo di Giovanni, che fa tanto bene leggere, è un inno alla vita, e lo si proclama quando la Pasqua è vicina. Forse anche noi in questo momento portiamo nel cuore qualche peso o qualche sofferenza, che sembrano schiacciarci; qualche cosa brutta, qualche peccato vecchio che non riusciamo a tirare fuori, qualche errore di gioventù, non si sa mai. Queste cose brutte devono uscire. E Gesù dice: “Vieni fuori!”. Allora è il momento di togliere la pietra e di uscire incontro a Gesù, che è vicino. Riusciamo ad aprirgli il cuore e ad affidargli le nostre preoccupazioni? Lo facciamo? Riusciamo ad aprire il sepolcro dei problemi, siamo capaci, e a guardare oltre la soglia, verso la sua luce, o abbiamo paura di questo? E a nostra volta, come piccoli specchi dell’amore di Dio, riusciamo a illuminare gli ambienti in cui viviamo con parole e gesti di vita? Testimoniamo la speranza e la gioia di Gesù? Noi, peccatori, tutti? E anche, vorrei dire una parola ai confessori: cari fratelli, non dimenticatevi che anche voi siete peccatori, e siete nel confessionale non per torturare, per perdonare, e perdonare tutto, come il Signore perdona tutto. Maria, Madre della speranza, rinnovi in noi la gioia di non sentirci soli e la chiamata a portare luce nel buio che ci circonda.

Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle!

Ieri, solennità dell’Annunciazione, abbiamo rinnovato la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, nella certezza che solo la conversione dei cuori può aprire la strada che conduce alla pace. Continuiamo a pregare per il martoriato popolo ucraino.

E restiamo vicini anche ai terremotati della Turchia e della Siria. A loro è destinata la speciale raccolta di offerte che si svolge oggi in tutte le parrocchie d’Italia. Preghiamo anche per la popolazione dello Stato del Mississippi, colpite da un devastante tornado.

Saluto tutti voi, romani e pellegrini di tanti Paesi, in particolare quelli di Madrid e di Pamplona e i messicani; come pure i peruviani, rinnovando la preghiera per la riconciliazione e la pace nel Perù. Dobbiamo pregare per il Perù, che sta soffrendo tanto.

Saluto i fedeli di Zollino, Rieti, Azzano Mella e Capriano del Colle, Bellizzi, Crotone e Castelnovo Monti con l’Unitalsi; e saluto i cresimandi di Pavia, Melendugno, Cavaion e Sega, Settignano e Prato; i ragazzi di Ganzanigo, Acilia e Longi; e l’Associazione Amici del Crocifisso delle Marche.

Rivolgo un saluto speciale alla delegazione dell’Aeronautica Militare Italiana, che celebra il centenario di fondazione. Formulo i miei auguri per questa ricorrenza e vi incoraggio ad operare sempre per la costruzione della giustizia e della pace.

Prego per tutti voi e fatelo per me. E a tutti auguro una buona domenica. Buon pranzo e arrivederci.

Papa Francesco


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