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Letture e meditazioni


L´ultima lettera del papa: un appello al coinvolgimento ecclesiale

Breve commento alla lettera di Papa Francesco sulla pedofilia.

 

Papa Francesco affacciato a Pasqua dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana per la benedizione

 

Papa Francesco affacciato a Pasqua dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana per la benedizione "Urbi et Orbi" (Foto Vaticanmedia)

 

3 Settembre 2018

 

Una lettera forte, senza eufemismi, che dice pane al pane chiamando le cose per nome. Papa Francesco non nasconde i casi di pedofilia, dando un volto all’accorato grido, espressamente citato nella lettera, che il cardinal Ratzinger lanciò in mondovisione durante la via Crucis al Colosseo nel 2005: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!».

 

Il papa non può più tacere. È dovere di tutta la Chiesa «riconoscere e condannare con dolore e vergogna le atrocità commesse da persone consacrate, chierici, e anche da tutti coloro che avevano la missione di vigilare e proteggere i più vulnerabili».

 

Nel corpo della lettera confessa apertamente le colpe commesse: «Con vergogna e pentimento, come comunità ecclesiale, ammettiamo che non abbiamo saputo stare dove dovevamo stare, che non abbiamo agito in tempo riconoscendo la dimensione e la gravità del danno che si stava causando in tante vite. Abbiamo trascurato e abbandonato i piccoli». Soltanto riconoscendo gli errori, i delitti e le ferite del passato si può sperare di aprirsi e impegnarsi di più «in un cammino di rinnovata conversione».

 

Fin qui niente di nuovo. È ormai da tempo che papa Francesco si batte per la verità e per i cambiamenti di metodi, anche se questa volta lo fa in maniera tanto aperta e organica. Nuovo è forse il coinvolgimento ecclesiale nel prendere coscienza del fenomeno e delle soluzioni da affrontare per debellarlo. La pedofilia non è un problema che riguarda esclusivamente chi la pratica o chi ne è vittima; esso riguarda tutti perché «Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme» (1 Cor 12,26). La frase dell’apostolo Paolo scandisce il documento e ne diventa la chiave di lettura.

 

Papa Francesco non punta il dito accusatore verso nessuno. Invita piuttosto ognuno a «farsi carico di questo fatto in maniera globale e comunitaria». Invoca solidarietà verso le vittime, che si esprime nel «denunciare tutto ciò che possa mettere in pericolo l’integrità di qualsiasi persona» e nel lottare contro ogni tipo di corruzione. Nessuno può nascondersi dietro le parole di Caino: «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). «È necessario che ciascun battezzato si senta coinvolto nella trasformazione ecclesiale e sociale di cui tanto abbiamo bisogno». Tale trasformazione esige la conversione personale e comunitaria e ci porta a guardare nella stessa direzione dove guarda il Signore.

 

Il papa immagina «una conversione dell’agire ecclesiale» nel quale siano coinvolte tutte le componenti del Popolo di Dio. Denuncia quindi la riduzione del popolo di Dio a piccole élites, la costruzione di «programmi, scelte teologiche, spiritualità e strutture senza radici, senza memoria, senza volto, senza corpo, in definitiva senza vita».

 

È il clericalismo sempre in agguato, una stortura che non riguarda soltanto i “chierici”, ma gli stessi laici, che delegano le cose di Dio agli “addetto ai lavori”, senza sentirsi coinvolti in prima persona: soltanto la «consapevolezza di sentirci parte di un popolo e di una storia comune ci consentirà di riconoscere i nostri peccati e gli errori del passato con un’apertura penitenziale capace di lasciarsi rinnovare da dentro».

 

Questa lettera è degna di stare accanto al documento sulla Sinodalità pubblicato il 2 marzo di quest’anno dalla Commissione teologica internazionale, che si concludeva proprio con una citazione di papa Francesco: «Camminare insieme è la via costitutiva della Chiesa; la cifra che ci permette di interpretare la realtà con gli occhi e il cuore di Dio; la condizione per seguire il Signore Gesù ed essere servi della vita in questo tempo ferito».

 

In una visione “clericale” la Sinodalità farebbe pensare ai vescovi, che devono “camminare insieme”. Papa Francesco sfata definitivamente questa percezione riduttiva della Chiesa e coinvolge ogni suo membro in maniera responsabile e attiva.

 

 Fabio Ciardi

 

 

Esortazione apostolica «Gaudete et exsultate» sulla santità oggi

 

Viene presentata lunedì 9 aprile la nuova esortazione apostolica di papa Francesco «sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo». La Sala Stampa vaticana ha reso noto oggi che il documento si intitolerà Gaudete et exsultate («Gioite ed esultate»). È la terza esortazione apostolica firmata da papa Bergoglio dopo Amoris laetitia (clicca qui) sull’amore nella famiglia datata 19 marzo 2016 e dopo Evangelii gaudium (e qui) sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale del 24 novembre 2013. A questi documenti si aggiungono le due encicliche Laudato si’ (leggi qui) del 24 maggio 2015 e Lumen fidei (e qui) del 29 giugno 2013.

 

La nuova esortazione apostolica verrà illustrata alla stampa lunedì alle 12.15 dall’arcivescovo Angelo De Donatis, vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma, dal giornalista Gianni Valente e da Paola Bignardi, esponente dell’Azione cattolica.



Già lo scorso febbraio, a margine della presentazione del libro di Fabio Marchese Ragona Tutti gli uomini di Francesco, aveva fatto cenno al nuovo documento il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, coordinatore del C9, il consiglio dei nove cardinali che collaborano con il Papa per la riforma della Curia Romano e il governo della Chiesa. «Ho sentito appena appena una voce lontana – aveva detto il porporato – che dice che il Papa sta preparando un bel documento sulla santità. Siamo tutti chiamati alla santità, se non ascoltiamo questa chiamata la riforma non va». 



Fin dai primi passi dopo l’elezione al soglio pontificio nel 2013 – sottolinea il sito vaticannews – Francesco si è soffermato sulla santità nella Chiesa e in più occasioni ha tracciato non solo un profilo di ciò che contraddistingue l’essere santi – la gioia, l’umiltà, il servizio e non di rado il nascosto –, ma ha anche indicato che cosa un santo non è: un superbo, un vanitoso, un «cristiano di apparenza», un «supereroe».

 

Il 2 ottobre 2013, in una delle udienze generali del suo primo anno di pontificato, sottolineava che la Chiesa «a tutti offre la possibilità di percorrere la strada della santità, che è la strada del cristiano» verso l’incontro con Gesù. La Chiesa, osservava, «non rifiuta i peccatori», li accoglie e invita loro a lasciarsi «contagiare dalla santità di Dio». Nella prima solennità di Tutti i Santi da Papa, il 1 novembre 2013, Francesco aveva aggiunto che i santi «non sono superuomini, né sono nati perfetti», ma «sono come noi, come ognuno di noi», che hanno vissuto «una vita normale» ma hanno «conosciuto l’amore di Dio» e lo hanno «seguito con tutto il cuore, senza condizioni e ipocrisie». La gioia è il tratto distintivo dei santi, in contrapposizione a quella «faccia da funerale» che hanno alcuni cristiani che non vivono bene la loro fede. 



Altro tema che sta particolarmente a cuore a Bergoglio è «l’universale vocazione alla santità». A questo argomento ha dedicato l’udienza generale del 19 novembre 2014. «Tutti i cristiani, in quanto battezzati – sottolineava – hanno uguale dignità davanti al Signore e sono accomunati dalla stessa vocazione che è quella alla santità». Questa, affermava il Papa, «è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano». Del resto questo tema è contenuto nel capitolo V della Costituzione conciliare Lumen gentium da cui Francesco ha già più volte tratto spunto per le sue catechesi e anche per il suo magistero sul «popolo santo e fedele di Dio» così centrale nei suoi interventi



Il Pontefice ha messo anche in guardia da un’idea dei santi con «la faccia da immaginetta». «Ogni stato di vita – ha evidenziato – porta alla santità, sempre!». Nella Messa mattutina a Casa Santa Marta del 19 gennaio 2016 puntualizzava che «non c’è alcun santo senza passato, neppure alcun peccatore senza futuro». E nell’udienza generale del 21 giugno 2017 affermava che i santi sono anche «testimoni e compagni di speranza». Inoltre il Papa ha parlato di santità anche attraverso le reti sociali. Lo ha fatto su Twitter il 1° novembre dell’anno scorso quando ha sottolineato che «il mondo ha bisogno di santi e tutti noi, senza eccezioni, siamo chiamati alla santità».

 



 

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Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE, 26 Giugno 2024


Catechesi in occasione della Giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droga

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi si celebra la Giornata Mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droga, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1987. Il tema di quest’anno è Le prove sono chiare: bisogna investire nella prevenzione.

San Giovanni Paolo II ha affermato che «l’abuso di droga impoverisce ogni comunità in cui è presente. Diminuisce la forza umana e la fibra morale. Mina i valori stimati. Distrugge la voglia di vivere e di contribuire a una società migliore». [1] Questo fa l’abuso di droga e l’uso di droga. Ricordiamo però, al tempo stesso, che ogni tossicodipendente «porta con sé una storia personale diversa, che deve essere ascoltata, compresa, amata e, per quanto possibile, guarita e purificata. [...] Continuano ad avere, più che mai, una dignità, in quanto persone che sono figli di Dio». [2] Tutti hanno una dignità.

Non possiamo tuttavia ignorare le intenzioni e le azioni malvagie degli spacciatori e dei trafficanti di droga. Sono degli assassini! Papa Benedetto XVI usò parole severe durante una visita a una comunità terapeutica: «Dico ai trafficanti di droga che riflettano sul male che stanno facendo a una moltitudine di giovani e di adulti di tutti gli strati sociali: Dio chiederà loro conto di ciò che hanno fatto. La dignità umana non può essere calpestata in questo modo». [3] E la droga calpesta la dignità umana.

Una riduzione della dipendenza dalle droghe non si ottiene liberalizzandone il consumo – questa è una fantasia –, come è stato proposto, o già attuato, in alcuni Paesi. Si liberalizza e si consuma di più. Avendo conosciuto tante storie tragiche di tossicodipendenti e delle loro famiglie, sono convinto che è moralmente doveroso porre fine alla produzione e al traffico di queste sostanze pericolose. Quanti trafficanti di morte ci sono – perché i trafficanti di droga sono trafficanti di morte –, spinti dalla logica del potere e del denaro ad ogni costo! E questa piaga, che produce violenza e semina sofferenza e morte, esige dalla società nel suo complesso un atto di coraggio.

La produzione e il traffico di droga hanno un impatto distruttivo anche sulla nostra casa comune. Ad esempio, questo è diventato sempre più evidente nel bacino amazzonico.

Un’altra via prioritaria per contrastare l’abuso e il traffico di droghe è quella della prevenzione, che si fa promuovendo maggiore giustizia, educando i giovani ai valori che costruiscono la vita personale e comunitaria, accompagnando chi è in difficoltà e dando speranza nel futuro.

Nei miei viaggi in diverse diocesi e vari Paesi, ho potuto visitare diverse comunità di recupero ispirate dal Vangelo. Esse sono una testimonianza forte e piena di speranza dell’impegno di preti, consacrati e laici di mettere in pratica la parabola del Buon Samaritano. Così pure sono confortato dagli sforzi intrapresi da varie Conferenze episcopali per promuovere legislazioni e politiche giuste riguardo al trattamento delle persone dipendenti dall’uso di droghe e alla prevenzione per fermare questo flagello.

A titolo di esempio, segnalo la rete de La Pastoral Latinoamericana de Acompañamiento y Prevençión de Adicciones (PLAPA). Lo statuto di questa rete riconosce che «la dipendenza da alcol, da sostanze psicoattive e altre forme di dipendenza (pornografia, nuove tecnologie ecc.) … è un problema che ci colpisce indistintamente, al di là delle differenze geografiche, sociali, culturali, religiose e di età. Nonostante le differenze, ... vogliamo organizzarci come una comunità: condividere le esperienze, l’entusiasmo, le difficoltà». [4]

Menziono inoltre i Vescovi dell’Africa Australe, che nel novembre 2023 hanno convocato una riunione sul tema “ Dare potere ai giovani come agenti di pace e speranza”. I rappresentanti dei giovani presenti all’incontro hanno riconosciuto quell’assemblea come una «pietra miliare significativa orientata verso una gioventù sana e attiva in tutta la regione». Hanno inoltre promesso: «Accettiamo il ruolo di ambasciatori e sostenitori della lotta contro l’uso di sostanze stupefacenti. Chiediamo a tutti i giovani di essere sempre empatici gli uni con gli altri». [5]

Cari fratelli e sorelle, di fronte alla tragica situazione della tossicodipendenza di milioni di persone in tutto il mondo, di fronte allo scandalo della produzione e del traffico illecito di tali droghe, «non possiamo essere indifferenti. Il Signore Gesù si è fermato, si è fatto vicino, ha curato le piaghe. Sullo stile della sua prossimità, siamo chiamati anche noi ad agire, a fermarci davanti alle situazioni di fragilità e di dolore, a saper ascoltare il grido della solitudine e dell’angoscia, a chinarci per sollevare e riportare a nuova vita coloro che cadono nella schiavitù della droga». [6] E preghiamo per quei criminali che danno la droga ai giovani: sono criminali, sono assassini! Preghiamo per la loro conversione.

In questa Giornata Mondiale contro la droga, come cristiani e comunità ecclesiali rinnoviamo il nostro impegno di preghiera e di lavoro contro la droga. Grazie!

Papa Francesco