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I Cappuccini


Beato Francesco Solano Casey OFM Capp

27/11/2017 - Omelia del card. Amato

 

Riportiamo il testo dell’omelia tenuta dal card. Angelo Amato, il 18 novembre 2017 a Detroit (USA), in occasione della celebrazione eucaristica durante la quale è stato proclamato Beato il frate Minore Cappuccino Francesco Solano Casey (1870-1957).

 

Bernard Francis Casey nacque il 25 novembre del 1870 a Prescott, nel Wisconsin (USA), in una famiglia cattolica di ascendenza irlandese. Dopo aver lavorato per qualche anno, entrò nell’Ordine dei Cappuccini a Detroit in Michigan. Ordinato sacerdote nel 1904, espletò il suo apostolato in vari conventi nello stato di New York e nella stessa città, prima di essere trasferito a Detroit come portinaio, nel 1924. Nel 1931 fu nominato delegato della Seraphic Mass Association, ufficio che mantenne fino al 1955. Dopo una breve permanenza a Brooklyn (New York), fu trasferito nella comunità di Huntington (Indiana). Morì il 31 luglio 1957. Il suo corpo riposa in una cappella laterale della Chiesa cappuccina di San Bonaventura a Detroit.

 

1. La beatificazione di Padre Francis Solanus è un evento storico per la Diocesi di Detroit, per l’Ordine dei Francescani Cappuccini e per la Chiesa americana. È, infatti, la seconda beatificazione di un sacerdote nato in America, dopo quella del missionario Stanley Francis Rother, avvenuta il 23 settembre scorso a Oklahoma City. Mentre il Beato Stanley Rother morì martire in Guatemala, ucciso in odio alla fede, il Beato Francis Solanus Casey ha raggiunto la santità, qui, negli Stati Uniti d’America, salendo ogni giorno i gradini che portano all’incontro con Dio mediante l’amore verso i fratelli bisognosi. Gli altri, soprattutto i poveri, erano da lui visti non come peso o ostacolo per il suo cammino di perfezione, ma come via alla luce dello splendore divino.

 

I testimoni affermano che «amore, fede e fiducia erano i tre punti che egli sempre predicava al popolo». Fede, speranza e carità erano per lui il sigillo della Trinità nelle nostre anime. La loro pratica costituisce l’antidoto efficace per contrastare l’ateismo, la disperazione e l’odio, che inquinano la società umana. La predicazione di Padre Solanus non era annuncio sterile e disincarnato, perché era accompagnata dalla pratica concreta della fede, della speranza e della carità nella vita di tutti i giorni.

 

2. Finché c’è una scintilla di fede – egli soleva dire – non ci può essere scoraggiamento e tristezza. Provenendo fa una famiglia irlandese di profonde convinzioni cattoliche, la fede era per lui l’eredità più preziosa per affrontare le difficoltà della vita. Il senso della presenza provvidenziale di Dio era vivo non solo nei momenti formali della preghiera, della liturgia e dello studio, ma anche negli eventi feriali della sua esistenza familiare. Così, quando il giovane Bernardo Casey entrò nei Cappuccini diventando Francis Solanus, egli passò da una comunità di fede a un’altra.

 

Padre Solanus viveva di fede. La sua figura sembrava circondata da un alone soprannaturale. Pregava sempre, soprattutto davanti al tabernacolo. La preghiera era la sua costante pratica di pietà. Aveva una filiale devozione mariana e recitava con devozione il Rosario. La pratica dei sacramenti gli dava sicurezza e coraggio per il futuro.

 

La sua fede profonda gli permetteva un’accoglienza fraterna degli altri, indipendentemente dalla loro razza o religione. Rabbini e ministri di almeno sedici congregazioni protestanti lo visitavano spesso per discussioni e consiglio. Un giorno un ministro protestante chiese a Padre Solanus se avrebbe pregato per il suo figlio gravemente ammalato. «Certamente», rispose il Cappuccino: «Solo Dio può guarire il suo figliolo, ma io pregherò per lui». Il Cardinale John Dearden di Detroit notò: «Padre Solanus praticava l’ecumenismo molto prima del Vaticano II».

 

Il nostro Beato esortava, infatti, i non cattolici a vivere con autenticità la loro fede, anche se per lui il cattolicesimo era l’unica vera religione. Durante il suo apostolato a Yonkers ripeteva spesso un’affermazione paradossale pronunciata da Robert Hugh Benson, figlio dell’arcivescovo anglicano di Canterbury, convertito al cattolicesimo e diventato sacerdote e scrittore di successo: «La Chiesa Cattolica promette molto, ma per mia esperienza ella dà dieci volte di più. Se tu poni sulla bilancia la vita con il più alto successo fuori della Chiesa e la vita con il più alto insuccesso dentro la Chiesa, io sceglierei mille volte la seconda».

 

3. Padre Solanus viveva e insegnava ad avere grande confidenza in Dio e nella sua provvidenza paterna. La confidenza è l’anima del coraggio per affrontare le situazioni anche le più avverse. Era frequente sulle sue labbra la giaculatoria «Deo gratias!». Anzi egli esortava a ringraziare il Signore prima di ogni richiesta, e questo per impegnarlo di più ad esaudirla. Diceva che la confidenza in Dio genera serenità e gioia e rimuove la preoccupazione e la tristezza. La fiducia in Dio dirada l’oscurità e apre l’orizzonte della speranza nella eterna beatitudine celeste.

 

4. Padre Solanus esortava alla carità dicendo: «Dio ci ama, cerchiamo anche noi di amare Dio». Il suo apostolato sacerdotale si qualificava come pratica della carità verso il prossimo. Significativa la testimonianza di Fra Booker Ashe, Cappuccino, che aveva conosciuto il Beato negli anni ‘50: «Io sono il primo membro nero dell’Ordine Cappuccino negli Stati Uniti e penso che egli fosse avanti nel tempo per il modo con cui mi trattò. Io non avvertivo niente di razziale nel suo comportamento. Egli vedeva tutte le persone come esseri umani, immagini di Dio. Tutto il resto era secondario. Egli non prestava attenzione alla razza, al colore o al credo religioso».

 

I suoi beniamini erano i poveri, gli ammalati, gli emarginati e i senzatetto. Rimaneva anche digiuno, per donare loro il proprio pranzo. Passava ore e ore ad accogliere con pazienza, ascoltare e consigliare la gente sempre più numerosa, che si rivolgeva a lui. Praticamente la maggior parte del tempo come portiere, fu dedicata all’ascolto degli altri: dalle nove del mattino fino alle 9 di sera, quasi senza interruzione. Quando lo chiamavano mentre era a pranzo, accorreva subito dicendo: «Il cibo non è così importante come cercare di aiutare gli altri».

 

C’è un piccolo neo nella sua vita. A giudizio dei confratelli, infatti, Padre Solanus era scadente nella musica. Per questo, dopo un primo insucceso in comunità, con semplicità e umiltà, per non disturbare il prossimo, la domenica sera, si recava in cappella col suo violino e suonava canti religiosi irlandesi davanti al tabernacolo. Il Signore lo ascoltava pazientemente, perché il nostro Beato era carente in musica, ma non in virtù.

 

5. Durante la grande depressione del 1929, per venire incontro ai molti che pativano la fame, creò, con l’aiuto di benefattori, la cucina per la distribuzione gratuita della minestra ai poveri.

 

Un giorno non c’era più pane e rimaneva una lunga fila di più di duecento persone in attesa di qualcosa da mangiare. Padre Solanus si avvicinò e cominciò a recitare il Padre nostro. Dopo un poco, si sente bussare alla porta e appare il fornaio con un grosso cesto pieno di pane. Aveva anche portato un camioncino pieno di ogni ben di Dio. Quando la gente vide ciò cominciò a piangere di commozone. Padre Solanus commentò semplicemente: «Vedete, Dio provvede. Nessuno patirà privazioni se mettiamo la nostra fiducia nella Divina Provvidenza».

 

Per sostenere la sua cucina della carità andava in giro a persuadere agricoltori e compagnie a donare il cibo secondo questa intenzione. Erano, quindi, frequenti le visite alle fattorie per raccogliere i rifornimenti di cibo.

 

6. Padre Solanus rispondeva così alla parola di Gesù: «Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). La vita del nostro Beato è una esemplare pagina evangelica, vissuta con intensità umana e cristiana. È una pagina da leggere con edificazione e commozione e da imitare con fervore.

 

Innalzando il Cappuccino Americano agli onori degli altari, Papa Francesco lo addita a tutta la Chiesa, come discepolo fedele di Cristo, buon pastore. Oggi la Chiesa e la società hanno ancora bisogno dell’esempio e dell’opere di Padre Solanus.

 

Beato Padre Solanus, prega per noi!

 

 

Sant'Angelo da Acri, Lucantonio Falcone è il nuovo santo promosso da Papa Francesco: chi è, la sua conversione e l'evangelizzazione in tutta la Calabria. Il miracolo per la canonizzazione

Sant'Angelo da Acri (Twitter)

 

È stato nominato oggi Sant’Angelo da Acri (Cosenza) tra i nuovi santi pronunciati dalla Chiesa Cattolica: sono 35 e l’unico italiano è proprio Angelo da Acri, al secolo Luca Antonio Falcone che nacque ad Acri (Cosenza) il 19 ottobre 1669.

Una figura di alto valore religioso e che nella storia della Chiesa ha rappresentato una vocazione davvero molto particolare.  La sua famiglia, molto religiosa, non contrastò il suo ingresso tra i Cappuccini, avvenuto a diciannove anni; tuttavia, pochi mesi dopo, il giovane lasciò il convento, in preda ai dubbi.

La fede e la scelta di una vita pienamente consacrato a Cristo lo aveva fatto desistere, uscendo dal seminario quando in quell’epoca era visto come un’onta e un’offesa gravissima. «Pur circondato dall’affetto della tenerissima madre, il suo cuore restava inquieto, perché i disegni di Dio su di lui erano diversi. Rientrò in convento per la terza volta: misticamente moriva Lucantonio Falcone e nasceva frate Angelo d’Acri.

A passi da gigante percorse tutte le tappe di vita religiosa che lo portarono al Sacerdozio, il 10 Aprile del 1700, nell’antica Cattedrale di Cassano allo Jonio», spiega il portale Santi e Beati, aggiornato proprio in vista della canonizzazione avvenuta oggi insieme ad altri 34 santi della Chiesa di Dio.

Dal 1702 al 1739, anno della sua morte, percorse instancabile tutta la Calabria e buona parte dell'Italia meridionale, predicando e tenendo esercizi spirituali e missioni popolari: in particolare, l’elemento davvero innovativo di Sant’Angelo da Acri fu il rapporto strettissimo con il confessionale, dove passava anche diverse ore con i suoi penitenti. Il senso del peccato e il perdono santo del Signore erano i punti cardine di questo uomo che morso dai dubbi sulla sua fede fece un lavoro di conversione incredibile che lo portò a divenire un esempio e un punto di riferimento per tanti.

 

LA CALABRIA IN FESTA

 

Dopo la cerimonia avvenuta oggi a Roma in piazza San Pietro, la Calabria intera è scoppiata in festa dalla provincia di Cosenza dove San’Angelo ha mosso i primi passi di evangelizzazione ormai trecento anni fa (ricordiamo che Papa Leone XIII lo beatificò il 18 dicembre 1825). Ad Acri un grande Santuario custodisce il suo corpo e oggi proprio in quella Chiesa si è tenuta la prima celebrazione eucaristica del Nuovo Santo alla presenza di tutto il Paese. Il parroco emozionato ha detto durante l’omelia, «questo è un giorno importante per noi, per la nostra Arcidiocesi e per la nostra comunità. Oggi il Signore ha visitato Acri», si legge nel report di Telemia.it. scene di giubilo per le strade con il riconoscimento di un’intera comunità dedita e fedele all’insegnamento di Lucantonio Falcone. Solo in Calabria, dopo la canonizzazione di Sant’Angelo da Acri, sono ben 5 i grandi santi della Chiesa: di questi, ben quattro vengono dalla provincia di Cosenza.

 

IL PAPA FA 35 NUOVI SANTI

 

Un uomo che ha predicato per oltre 40 anni con instancabile dedizione e volontà di testimoniare il Vangelo di Cristo: come spiega l’Ansa, per la sua santificazione, il Beato Angelo d’Acri è stato riconosciuto un miracolo in particolare. «La guarigione di un giovane acrense, Salvatore Palumbo, rimasto vittima di un incidente nel marzo 2010, mentre guidava un quad. Condotto all’ospedale dell’Annunziata a Cosenza, versò presto in gravi condizioni: aveva perso il controllo del mezzo e si era scontrato con un palo della linea telefonica. I parenti di Salvatore, allora, chiesero ai Cappuccini di Acri una reliquia del Beato Angelo: il cordone del suo saio fu posto accanto ai macchinari che tenevano in vita il giovane, che il giorno dopo ridiede segnali di ripresa e fu solo bisognoso di riabilitazione».

Da oggi però è ufficialmente santo e l’intera Calabria può riferirsi alla mediazione e intercessione di questo nuovo santo della Chiesa Cattolica: con lui sono stati canonizzati nella Santa Messa di Papa Francesco anche 30 martiri brasiliani e tre del Messico, oltre ad un altro prete europeo oltre Sant’Angelo da Acri, san Faustino Míguez.

 

Sant’Angelo d’Acri

 

C’è chi si vede contrastare la vocazione in famiglia e c’è chi i maggiori contrasti li incontra nel suo cuore: a quest’ultima categoria di persone appartiene Lucantonio Falcone, nato ad Acri, provincia di Cosenza, il 19 ottobre 1669.

 

La famiglia, religiosissima e di saldi principi, non si sarebbe mai sognata di contrastare la sua vocazione, ma il brutto è che Lucantonio i contrasti se li sente dentro. Quando a 15 anni incontra un cappuccino carismatico gli sembra di capire che solo tra i cappuccini potrà realizzare la sua vocazione.

 

A 19 anni prende il saio, ma pochi mesi dopo se ne torna a casa perché gli sembra di sentirsi chiamato a formare una famiglia tutta sua. Si ripente e torna in convento, ma torna a deporre il saio perché non si sente all’altezza della vocazione religiosa.

 

Non ci troviamo di fronte all’eterno indeciso o ad una vocazione fragile, ma semplicemente ad un giovane che con fatica ricerca la sua strada, certamente contrastato da colui che in seguito egli avrebbe sempre combattuto, il diavolo, che forse già prevede gli smacchi che quel cappuccino gli farà subire.

 

Torna così di nuovo in convento, questa volta per sempre. Gli cambiano il nome in fra Angelo e viene ordinato prete nel 1700: presto però lo soprannomineranno «angelo della pace» e «apostolo del Mezzogiorno». Infatti, se sulle sue spalle vengono a ricadere i pesanti e gravosi incarichi che il suo Odine gli affida, la sua “professione” principale diventa ben presto la predicazione.

 

Predica per quasi 40 anni: all’inizio come gli hanno insegnato e secondo l’uso del tempo, con ampollosità e retorica. Famosa è la predica “barocca”, preparata con tanta cura, che lo zelante predicatore impara a memoria prima di salire sul pulpito dove, appena giunto, perde subito il filo del discorso e fa scena muta, vergognandosene terribilmente.

 

Cambia allora stile, impara a parlare in modo popolare e semplice, per farsi capire anche dai “cafoni” che apprezzano la sua oratoria spontanea e si convertono in massa, tanto che quando predica «nelle case nun ci restavanu mancu li gatti».

 

Non così a Napoli, dove giunge chiamato dal cardinal Pignatelli e… “predica alle panche”, perché gli intellettuali, accorsi numerosi a sentire il famoso predicatore, rimangono delusi dalla sua oratoria scarna e senza fronzoli.

 

Uno solo intuisce il “danno” che un simile predicatore può fare e inizia a temere e boicottare padre Angelo: il demonio. Quasi anticipatore di padre Pio, padre Angelo intraprende una lunga lotta contro il maligno, ricevendone in cambio tentazioni e botte.

 

Come il santo di Pietrelcina, anche padre Angelo si ritrova con la testa fracassata, il corpo flagellato, le gambe sanguinanti dopo aver sostenuto battaglia contro il demonio, che lo chiama “straccione” e “ladro” perché gli porta via le anime che già credeva sue per sempre. E come Padre Pio, contro il demonio, oltre l’arma della preghiera e della penitenza, sfodera quella dell’umorismo.

 

Tutto contribuisce a sfinire questo predicatore e questo missionario, che se ne va il 30 ottobre 1739, poco più che settantenne. Padre Angelo fu beatificato da papa Leone XII il 18 dicembre 1825. La sua canonizzazione è stata ieri 15 ottobre 2017.

 

 

Autore: Gianpiero Pettiti



 

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Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE - Aula Paolo VI Mercoledì, 11 Dicembre 2024

Ciclo di Catechesi. Lo Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza. 17. Lo Spirito e la Sposa dicono: “Vieni!”. Lo Spirito Santo e la speranza cristiana

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Siamo arrivati al termine delle nostre catechesi sullo Spirito Santo e la Chiesa. Dedichiamo quest’ultima riflessione al titolo che abbiamo dato all’intero ciclo, e cioè: “Lo Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il Popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza”. Questo titolo si riferisce a uno degli ultimi versetti della Bibbia, nel Libro dell’Apocalisse, che dice: «Lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni!”» (Ap 22,17). A chi è rivolta questa invocazione? È rivolta a Cristo risorto. Infatti, sia San Paolo (cfr 1 Cor 16,22), sia la Didaché, uno scritto dei tempi apostolici, attestano che nelle riunioni liturgiche dei primi cristiani risuonava, in aramaico, il grido “Maràna tha!”, che significa appunto “Vieni Signore!”. Una preghiera al Cristo perché venga.

In quella fase più antica l’invocazione aveva uno sfondo che oggi diremmo escatologico. Esprimeva, infatti, l’ardente attesa del ritorno glorioso del Signore. E tale grido e l’attesa che esso esprime non si sono mai spenti nella Chiesa. Ancora oggi, nella Messa, subito dopo la consacrazione, essa proclama la morte e la risurrezione del Cristo “nell’attesa della sua venuta”. La Chiesa è in attesa della venuta del Signore.

Ma questa attesa della venuta ultima di Cristo non è rimasta l’unica e la sola. Ad essa si è unita anche l’attesa della sua venuta continua nella situazione presente e pellegrinante della Chiesa. Ed è a questa venuta che pensa soprattutto la Chiesa, quando, animata dallo Spirito Santo, grida a Gesù: “Vieni!”.

È avvenuto un cambiamento – meglio, uno sviluppo – pieno di significato, a proposito del grido “Vieni!”, “Vieni, Signore!”. Esso non è abitualmente rivolto solo a Cristo, ma anche allo Spirito Santo stesso! Colui che grida è ora anche Colui al quale si grida. “Vieni!” è l’invocazione con cui iniziano quasi tutti gli inni e le preghiere della Chiesa rivolti allo Spirito Santo: «Vieni, o Spirito creatore», diciamo nel Veni Creator, e «Vieni, Spirito Santo», «Veni Sancte Spiritus», nella sequenza di Pentecoste; e così in tante altre preghiere. È giusto che sia così, perché, dopo la Risurrezione, lo Spirito Santo è il vero “alter ego” di Cristo, Colui che ne fa le veci, che lo rende presente e operante nella Chiesa. È Lui che “annuncia le cose future” (cfr Gv 16,13) e le fa desiderare e attendere. Ecco perché Cristo e lo Spirito sono inseparabili, anche nell’economia della salvezza.

Lo Spirito Santo è la sorgente sempre zampillante della speranza cristiana. San Paolo ci ha lasciato queste preziose parole: «Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo» (Rm 15,13). Se la Chiesa è una barca, lo Spirito Santo è la vela che la spinge e la fa avanzare nel mare della storia, oggi come in passato!

Speranza non è una parola vuota, o un nostro vago desiderio che le cose vadano per il meglio: la speranza è una certezza, perché è fondata sulla fedeltà di Dio alle sue promesse. E per questo si chiama virtù teologale: perché è infusa da Dio e ha Dio per garante. Non è una virtù passiva, che si limita ad attendere che le cose succedano. È una virtù sommamente attiva che aiuta a farle succedere. Qualcuno, che ha lottato per la liberazione dei poveri, ha scritto queste parole: «Lo Spirito Santo è all’origine del grido dei poveri. È la forza data a quelli che non hanno forza. Egli guida la lotta per l’emancipazione e per la piena realizzazione del popolo degli oppressi» [1].

Il cristiano non può accontentarsi di avere speranza; deve anche irradiare speranza, essere seminatore di speranza. È il dono più bello che la Chiesa può fare all’umanità intera, soprattutto nei momenti in cui tutto sembra spingere ad ammainare le vele.

L’apostolo Pietro esortava i primi cristiani con queste parole: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi». Ma aggiungeva una raccomandazione: «Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto» (1 Pt 3,15-16). E questo perché non sarà tanto la forza degli argomenti a convincere le persone, quanto l’amore che in essi sapremo mettere. Questa è la prima e più efficace forma di evangelizzazione. Ed è aperta a tutti!

Cari fratelli e sorelle, che lo Spirito ci aiuti sempre, sempre ad “abbondare nella speranza in virtù dello Spirito Santo”!

[1] J. Comblin, Spirito Santo e liberazione, Assisi 1989, 236.

Papa Francesco