Cronaca Bianca


Shahrazad, «figlia musulmana di Francesco»

di STEFANIA FALASCA

 

«Dare più voce e responsabilità alla parte femminile della società significa dare speranza a una società più capace di collaborare per il bene comune, l’integrazione e la riconciliazione». Ne è convinta Shahrzad Houshmand che – laureata in teologia islamica all’Università di Teheran e docente di Studi islamici a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana – è tra le 37 donne appartenenti a diverse professioni, religioni e nazionalità della «Consulta femminile» nata nel 2015 all’interno del Pontificio Consiglio della Cultura. Ieri, in Sala Stampa vaticana, proprio la teologa iraniana ha presentato insieme a Consuelo Corradi, pro-rettore alla ricerca e ai rapporti internazionali della Lumsa nonché coordinatrice della stessa Consulta, e al cardinale Gianfranco Ravasi, lo scopo di questo organismo: lavorare in dialogo con le diversità culturali e religiose a partire dai contesti in cui le donne operano, nella convinzione che la pluralità è il presupposto dell’azione umana.

 

CONSULTA Shahrazad Houshmand

 

Shahrazad Houshmand ha definito «un parto naturale» la nascita di questo organismo consultivo e operativo all’interno di un dicastero cattolico romano, considerando come la donna nel cristianesimo abbia un ruolo fondamentale sia per la nascita di Gesù – grazie al sì di Maria – sia per il suo annuncio pasquale, perché a una donna venne dato il compito di annunciare la risurrezione. «Ma la stessa vita – ha proseguito – è affidata alla donna, quindi la sua presenza nella cultura religiosa e umana è naturale. Ogni donna sa che la pienezza della vita si raggiunge quando si va incontro all’altro». «La pace è la costruzione giorno dopo giorno di una cultura che sia a favore della comunità globale», afferma ancora la teologa di Teheran, che si definisce «figlia musulmana di papa Francesco». «Anche noi, con le nostre diversità – aggiunge –, vogliamo essere questo messaggio: la costruzione di una pace stabile, che non sia solo la mancanza della guerra ma una nuova cultura di accoglienza, perdono, pazienza, e della sapienza che le donne, se seguono la propria natura, sanno apportare». «Esiste un modo di vivere la vita umana proprio delle donne – ha sottolineato la coordinatrice Consuelo Corradi –. Non è un discorso ideologico quello che noi portiamo dentro la Consulta. Questo organismo non vuole occuparsi solo di donne, vogliamo parlare di temi universali con uno sguardo femminile».

 

Citando il libro biblico della Genesi il cardinale Ravasi ha detto che «finalmente» si dà al Pontificio Consiglio «l’immagine di Dio» che gli mancava perché «Dio creò l’uomo a sua immagine, maschio e femmina. Non si tratta di seguire l’onda delle recriminazioni, per le quali non ci sarebbe spazio per le donne nella Curia romana», né di fare operazioni di «cosmesi», ma neppure di limitarsi a una «presenza simbolica nell’orizzonte maschile», o di creare «quota rosa ». L’obiettivo è un altro: «È una questione di interpretazione, di sguardo, di giudizio, soprattutto, e anche di proposte – spiega Ravasi –. Ho voluto che su tutte le attività del dicastero ci fosse uno sguardo femminile per offrire indicazioni e proposte che non avevamo neppure sospettato». Su tutte le attività la loro presenza si farà sentire a partire dalla prossima plenaria. Per Mariella Enoc, presidente del cda dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, il lavoro da fare attraverso la Consulta è di «aiutare la capacità e la possibilità della donna di essere una grande testimone nei contesti in cui ha un peso. Cristo l’ha resa testimone in un’epoca in cui non poteva esserlo. È necessario quindi che questo organismo non sia solo un luogo di pensiero ma porti nei vari contesti quello che la donna può essere e fare, e lo faccia non in maniera simbolica ma costruttiva, creando non un confronto ma l’armonizzazione tra l’uomo e la donna. Dobbiamo far crescere questa cultura all’interno della Chiesa».

 

Alla presentazione della «Consulta femminile» la testimonianza della teologa di Teheran, oggi docente alla Pontificia Università Gregoriana

 

‘* * *

 

ZENIT GIOVEDÌ 9 MARZO 2017

 

Intervista. Card. Ravasi: “La Consulta, finalmente una voce femminile nella Curia romana”.

 

Il presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura dice che la Consulta femminile nel suo Dicastero esprime la speranza che le donne avranno sempre più importanza in Vaticano.

Card. Gianfranco Ravasi - “Bisogna cominciare con la presenza delle donne in Vaticano, e che non sia una presenza ornamentale né cosmetica”. Lo ha detto in un’intervista in esclusiva a ZENIT il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura.

Il porporato ha parlato a margine della presentazione della Consulta femminile istituita dal suo Dicastero, martedì 7 marzo 2017. Ravasi ha sottolineato di aver voluto la creazione di questo nuovo organismo “in rosa” per dare alle attività del Dicastero uno “sguardo femminile”, il quale “offre indicazioni che noi uomini non sospettiamo neppure”, ha precisato.

 

Egli ha aggiunto inoltre che questa Consulta non nasce dalla necessità di premiare delle “rivendicazioni” di “quote rosa”, così come – spiega il cardinale – “non l’ho voluta neppure come un elemento cosmetico, una “bella presenza” in un orizzonte solo maschile”. Le trentasette donne scelte saranno infatti attive e ascoltate.

Parlando ai giornalisti, il card. Ravasi ha offerto poi una battuta dello scrittore di origini polacche Joseph Conrad: “Essere donna è estremamente difficile, perché bisogna continuamente avere a che fare con gli uomini. E avere a che fare coi preti – aggiungo io – è ancora più grave!”.

 

***

 

Potrebbe spiegare i criteri con cui le donne della Consulta femminile del Pontificio Consiglio della cultura sono state scelte? Come sono state selezionate?

Questo è una domanda importante perché è stato forse uno dei compiti più faticosi e impegnativi. Io ho pensato prima di tutto alla “questione” internazionale. Quindi ci sono donne provenienti da Stati Uniti, Irlanda, Iran, Cile, Turchia, e via dicendo. Secondo, la “questione” interreligiosa: sono rappresentati diversi “sguardi”, soprattutto l’islam, l’ebraismo, il cristianesimo, nelle sue diverse forme, anche quella protestante. Il terzo è stato il criterio delle professioni, delle attività, privilegiando per esempio le donne che lavorano nell’ambito della cultura, quindi università, donne artiste, medicina, scienza, ma in modo da coprire anche altri ambiti, come lo sport, vedi Fiona May, per avere tutto l’orizzonte delle professioni. Quarto criterio è quello dell’esperienza familiare. Ci sono donne non sposate ma anche donne che hanno famiglia, dunque sperimentano come tutte i problemi del crescere i figli, eccetera. L’ultimo criterio e quello della “sensibilità”.

 

Che vuol dire con “sensibilità”, Eminenza?

Per esempio, per la politica – perché volevo che fosse rappresentata anche la politica – ho scelto una persona che è interessata alla questione dello “scarto”, cioè dello spreco del cibo, il recupero del cibo che altrimenti andrebbe sprecato, e parliamo sia per l’Italia che per il mondo di un terzo di tutto il cibo prodotto. Ed è anche una persona che si interessa di volontariato, fa parte della commissione parlamentare che si occupa dei rifugiati, e così via. Io d’altronde volevo anche considerare la grande questione della povertà, delle migrazioni, nello spirito di Papa Francesco. Possiamo dire che nella consulta sono rappresentati anche questi temi, dato che ci sono donne che hanno realizzato anche attività di tipo caritativo, sebbene non vogliano farlo notare, ma ci sono. Questi sono i criteri di cui mi chiedeva.

 

Cosa ne pensa il Papa di questa Consulta? Ne avete parlato insieme?

Si.

 

Quindi ne avete parlato…

Si, certo, ne abbiamo parlato. Lui condivide molto l’idea di questa Consulta, perché da sempre parla della mancanza delle voce femminile nella Curia romana. Sappiamo che esistono le difficoltà, le strutture sono complesse, la storia passata è un po’ “pesante”, però da qualche parte bisogna cominciare. E infatti – lo ripeto ancora, perché per me è molto importante – la presenza delle donne della Consulta non deve essere una presenza soltanto “ornamentale”, solo perché qualche donna in Vaticano ci dovesse essere per forza, le quote rosa, come si dice di solito!  Bisogna che ci sia spazio per tutti, poi le persone devono entrare in questi spazi con le loro competenze, non perché sono donne o uomini che entrano automaticamente come nel passato: erano uomini dunque entravano nella Curia romana in automatico, anche senza competenza alcuna, senza preparazione…

 

Per questo io dico anche: la funzione di queste donne è una funzione reale, sono chiamate ad esprimere giudizi, mi hanno già criticato su alcune proposte e ne hanno avanzate altre! Per esempio, a proposito della prossima assemblea plenaria del dicastero, su neuroscienze, intelligenza artificiale, genetica, robotica, information technology eccetera, su tutti questi argomenti queste donne hanno espresso – come scienziate e come donne – giudizi che noi non saremmo in grado di formulare.

 

Tant’è vero che, questo lo posso dire, l’evento dell’apertura della prossima plenaria, che è il momento più importante dell’attività del dicastero, è organizzato dalla Consulta femminile, si tratterà di uno spettacolo televisivo al quale hanno già iniziato a lavorare.

 

Questo gruppo sta iniziando dunque ad attivarsi, dentro il dicastero da lei presieduto. Ma lei direbbe che questa Consulta femminile è una specie di “esperimento”, anche per capire se qualcosa di simile potrebbe essere istituito da altri dicasteri?

 

Io lo spero, secondo il principio dell’imitazione… Poi ognuno ha i suoi modi di agire e di funzionare. Ma io penso anche che sia possibile quel che Papa Francesco diceva, cioè, che alcune funzioni nei dicasteri vaticani siano espletate da donne, siano affidate a donne: parlo di donne che entrerebbero proprio nei dicasteri. Io non ho nessun “officiale”, ovvero nel linguaggio dei nostri uffici un “responsabile”, che sia donna. Le donne si trovano solo in posizioni come segretarie, o posizioni amministrative.

 



 

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Messaggio Cristiano
CATECHESI DEL SANTO PADRE PREPARATA PER L'UDIENZA GENERALE DEL 5 MARZO 2025

Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. I. L’infanzia di Gesù. 8. «Figlio, perché ci hai fatto questo?» (Lc 2,49). Il ritrovamento di Gesù nel Tempio


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

In quest’ultima catechesi dedicata all’infanzia di Gesù, prendiamo spunto dall’episodio in cui, a dodici anni, Egli rimase nel Tempio senza dirlo ai genitori, i quali lo cercarono ansiosamente e lo ritrovarono dopo tre giorni. Questo racconto ci presenta un dialogo molto interessante tra Maria e Gesù, che ci aiuta a riflettere sul cammino della madre di Gesù, un cammino non certo facile. Infatti Maria ha compiuto un itinerario spirituale lungo il quale è avanzata nella comprensione del mistero del suo Figlio.

Ripensiamo alle varie tappe di questo percorso. All’inizio della sua gravidanza, Maria fa visita a Elisabetta e si ferma da lei per tre mesi, fino alla nascita del piccolo Giovanni. Poi, quando è ormai al nono mese, a causa del censimento, con Giuseppe va a Betlemme, dove dà alla luce Gesù. Dopo quaranta giorni si recano a Gerusalemme per la presentazione del bambino; e quindi ogni anno ritornano in pellegrinaggio al Tempio. Ma con Gesù ancora piccolo si erano rifugiati a lungo in Egitto per proteggerlo da Erode, e solo dopo la morte del re si erano stabiliti di nuovo a Nazaret. Quando Gesù, divenuto adulto, inizia il suo ministero, Maria è presente e protagonista alle nozze di Cana; poi lo segue “a distanza”, fino all’ultimo viaggio a Gerusalemme, fino alla passione e alla morte. Dopo la Risurrezione, Maria resta a Gerusalemme, come Madre dei discepoli, sostenendo la loro fede in attesa dell’effusione dello Spirito Santo.

In tutto questo cammino, la Vergine è pellegrina di speranza, nel senso forte che diventa la “figlia del suo Figlio”, la prima sua discepola. Maria ha portato al mondo Gesù, Speranza dell’umanità: lo ha nutrito, lo ha fatto crescere, lo ha seguito lasciandosi plasmare per prima dalla Parola di Dio. In essa – come ha detto Benedetto XVI – Maria «è veramente a casa sua, ne esce e vi rientra con naturalezza. Ella parla e pensa con la Parola di Dio […]. Così si rivela, inoltre, che i suoi pensieri sono in sintonia con i pensieri di Dio, che il suo volere è un volere insieme con Dio. Essendo intimamente penetrata dalla Parola di Dio, ella può diventare madre della Parola incarnata» (Enc. Deus caritas est, 41). Questa singolare comunione con la Parola di Dio non le risparmia però la fatica di un impegnativo “apprendistato”.

L’esperienza dello smarrimento di Gesù dodicenne, durante il pellegrinaggio annuale a Gerusalemme, spaventa Maria al punto che si fa portavoce anche di Giuseppe nel riprendere il figlio: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,48). Maria e Giuseppe hanno provato il dolore dei genitori che smarriscono un figlio: credevano entrambi che Gesù fosse nella carovana dei parenti, ma non avendolo visto per un’intera giornata, incominciano la ricerca che li porterà a fare il viaggio a ritroso. Tornati al Tempio, scoprono che Colui che ai loro occhi, fino a poco prima, era un bambino da proteggere, è come cresciuto di colpo, capace ormai di coinvolgersi in discussioni sulle Scritture, reggendo il confronto con i maestri della Legge.

Di fronte al rimprovero della madre, Gesù risponde con disarmante semplicità: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49). Maria e Giuseppe non comprendono: il mistero del Dio fatto bambino supera la loro intelligenza. I genitori vogliono proteggere quel figlio preziosissimo sotto le ali del loro amore; Gesù invece vuole vivere la sua vocazione di Figlio del Padre che sta al suo servizio e vive immerso nella sua Parola.

I Racconti dell’Infanzia di Luca si chiudono, così, con le ultime parole di Maria, che ricordano la paternità di Giuseppe nei confronti di Gesù, e con le prime parole di Gesù, che riconoscono come questa paternità tragga origine da quella del Padre suo celeste, del quale riconosce il primato indiscusso.

Cari fratelli e sorelle, come Maria e Giuseppe, pieni di speranza, mettiamoci anche noi sulle tracce del Signore, che non si lascia contenere dai nostri schemi e si lascia trovare non tanto in un luogo, ma nella risposta d’amore alla tenera paternità divina, risposta d’amore che è la vita filiale.

Papa Francesco

AUDIO del 6 MARZO "Agradezco de todo corazón las oraciones que hacen por mi salud desde la Plaza, los acompaño desde acá. Que Dios los bendiga y que la Virgen los cuide. Gracias", dice in spagnolo.