Martedì 28 Marzo 2023
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La pace di Aletta

di Rosi Bertolassi - fonte: Città Nuova

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Il ricordo di Aletta da parte di chi ha condiviso con lei la nascita del Movimento dei Focolari in diversi Paesi del Medioriente.


Chi ha il coraggio di dire “quando sono debole è allora che sono forte” (2 Cor 12,10), ha il coraggio di San Paolo e anche un pò il coraggio di Aletta. Di forze fisiche Aletta ne ha avute tante, con quella salute della gente cresciuta all’aria buona del Trentino, nella semplicità laboriosa di una famiglia unita e serena.   Le forze non le sono mancate quando, bambina, con i suoi ha attraversato le Alpi per raggiungere la Francia dove il padre aveva trovato lavoro. Questi italiani emigranti attenti ai figli perché nonostante lo sradicamento restino dei buoni cristiani! Infatti, Aletta è andata a scuola dalle suore in Francia.  

 

Durante l’ultima guerra mondiale, Trento, la sua città natale, ha subìto lo sconvolgimento dei bombardamenti e le corse ai rifugi antiaerei erano frequenti. Le guance rosse dal freddo, le mani screpolate e i piedi intirizziti durante l’inverno non trovavano facilmente sollievo dentro le case mal riscaldate, così le forze, messe alla prova si tempravano.   Aletta ha conosciuto in quegli anni Chiara Lubich ed è stata fra le prime a seguirla in quella vita evangelica dalle applicazioni tutte nuove che stava nascendo, che poi ha preso il nome di Movimento dei Focolari.   Per anni non si è misurata perché la sua vivacità, la sua bontà naturale e l’abitudine a donarsi senza posa le erano connaturali, con l’aggiunta di quell’ideale che l’aveva conquistata e che le insegnava a fare della vita un continuo atto d’amore. Come Gesù.  

 

Però le forze fisiche sono venute meno. Anni di cure, di stasi, di fatiche dal sapore diverso, che richiedevano la forza della pazienza, della perseveranza, dell’umiltà. La salute che non aveva più nel corpo ce l’aveva però nell’anima e Chiara Lubich l’ha vista così quando si è trattato di delineare i diversi aspetti del Movimento nascente che inglobano la vita fisica e la natura.  

 

Aletta, con la sua stessa persona, diceva vita, salute, malattia, morte e risurrezione, salvaguardia del creato, casa della famiglia umana unita dal vincolo della pace. Sì, della pace, primo fattore di salute e di sviluppo integrale della società. Che la pace debba prima di tutto partire dal cuore di ogni essere umano aveva conferma a vedere la personalità di Aletta.  

 

Negli anni ’60 Chiara era stata invitata a recarsi a Istanbul in Turchia, dove si avviava un promettente ecumenismo grazie ai rapporti instaurati con il Patriarca della Chiesa Ortodossa Athenagoras I. Per questo, in quella città le cui rive del Bosforo uniscono due continenti, l’Europa e l’Asia, è sorta una comunità del Movimento dei Focolari con l’intento di gettare lo sguardo sui Paesi del Medio Oriente.   Se c’è un’area geografica al mondo tormentata da secolari conflitti e guerre che sembrano insanabili è proprio il Medio Oriente, e l’esercizio della pace, soprattutto quella che converte i cuori, richiede notevoli forze spirituali. Chiara, ne era convinta e in quegli anni, ha pensato di mandare a Istanbul Aletta, ancora convalescente, invitandola forse in maniera prudenziale, ma quanto mai profetica a non puntare tanto alle attività da fare quanto a garantire quella presenza promessa da Gesù nel Vangelo a persone che si amano: «Tutto ti fiorirà fra le mani», le aveva detto la Lubich.  

 

I fatti contingenti costringevano la piccola comunità di Istanbul guidata da Aletta a uscire dalla Turchia ogni tre mesi e, nonostante la debolezza fisica, Aletta in quelle occasioni acquistava un coraggio e una forza sorprendenti. Curava l’organizzazione dei viaggi, non certo agevoli, che si facevano a volte in macchina, per giungere in Libano, attraversando l’Anatolia e la Siria, pernottando in qualche modesto hotel lungo la strada.   Gli itinerari portavano a Cipro, in Grecia o in Terra Santa; in seguito sono proseguiti in altri Paesi dell’area mediorientale. L’arrivo di una delle prime focolarine faceva convergere le persone che avevano sentito parlare di quella nuova corrente di spiritualità nata nella Chiesa che entusiasmava i giovani, sosteneva le famiglie, si impegnava a risanare le fratture sociali di ogni tipo, perché portatrice di un carisma fautore di unità.  

 

Aletta forte della fede in questo carisma e della consegna datale da Chiara, formava all’unità amando uno per uno quelli che incontrava, li incoraggiava con la sua saggezza e componeva in unità le piccole comunità nascenti in ogni luogo. Senza clamore, trasmetteva la sua pace. Quella pace che poi, con la crescita della comunità nei paesi del Medio Oriente, ha suscitato iniziative concrete di solidarietà, ha sanato divisioni suscitate dai conflitti, ha alimentato una cultura della pace e dell’unità in persone impegnate in politica o nel sociale.   Aletta ha concluso la sua vita terrena e ci lascia la forza della sua fede e la dolcezza della sua pace.



 

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Messaggio Cristiano
Angelus, 26 Marzo 2023

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi, quinta domenica di Quaresima, il Vangelo ci presenta la risurrezione di Lazzaro (cfr Gv 11,1-45). È l’ultimo dei miracoli di Gesù narrati prima della Pasqua: la risurrezione del suo amico Lazzaro. Lazzaro è un caro amico di Gesù, il quale sa che sta per morire; si mette in cammino, ma arriva a casa sua quattro giorni dopo la sepoltura, quando ogni speranza è ormai perduta. La sua presenza però riaccende un po’ di fiducia nel cuore delle sorelle Marta e Maria (cfr vv. 22.27). Esse, pur nel dolore, si aggrappano a questa luce, a questa piccola speranza. E Gesù le invita ad avere fede e chiede di aprire il sepolcro. Poi prega il Padre e grida a Lazzaro: «Vieni fuori!» (v. 43). E questi torna a vivere ed esce. Questo è il miracolo, così, semplice.

Il messaggio è chiaro: Gesù dà la vita anche quando sembra non esserci più speranza. Capita, a volte, di sentirsi senza speranza – a tutti è capitato questo –, oppure di incontrare persone che hanno smesso di sperare, amareggiate perché hanno vissuto cose brutte, il cuore ferito non può sperare. Per una perdita dolorosa, una malattia, una delusione cocente, per un torto o un tradimento subito, per un grave errore commesso… hanno smesso di sperare. A volte sentiamo qualcuno che dice: “Non c’è più niente da fare!”, e chiude la porta ad ogni speranza. Sono momenti in cui la vita sembra un sepolcro chiuso: tutto è buio, intorno si vedono solo dolore e disperazione. Il miracolo di oggi ci dice che non è così, la fine non è questa, che in questi momenti non siamo soli, anzi che proprio in questi momenti Lui si fa più che mai vicino per ridarci vita. Gesù piange: il Vangelo dice che Gesù, davanti al sepolcro di Lazzaro ha pianto, e oggi Gesù piange con noi, come ha potuto piangere per Lazzaro: il Vangelo ripete due volte che si commosse (cfr vv. 33.38) e sottolinea che scoppiò in pianto (cfr v. 35). E al tempo stesso Gesù ci invita a non smettere di credere e di sperare, a non lasciarci schiacciare dai sentimenti negativi, che ti tolgono il pianto. Si avvicina ai nostri sepolcri e dice a noi, come allora: «Togliete la pietra» (v. 39). In questi momenti noi abbiamo come una pietra dentro e l’unico capace di toglierla è Gesù, con la sua parola: “Togliete la pietra”.

Questo dice Gesù, anche a noi. Togliete la pietra: il dolore, gli errori, anche i fallimenti, non nascondeteli dentro di voi, in una stanza buia e solitaria, chiusa. Togliete la pietra: tirate fuori tutto quello che c’è dentro. “Ah, mi dà vergogna”. Gettatelo in me con fiducia, dice il Signore, io non mi scandalizzo; gettatelo in me senza timore, perché io sono con voi, vi voglio bene e desidero che torniate a vivere. E, come a Lazzaro, ripete a ognuno di noi: Vieni fuori! Rialzati, riprendi il cammino, ritrova fiducia! Quante volte, nella vita, ci siamo trovati così, in questa situazione di non avere forza per rialzarci. E Gesù: “Vai, vai avanti! Io sono con te”. Ti prendo io per mano, dice Gesù, come quando da piccolo imparavi a fare i primi passi. Caro fratello, cara sorella, togliti le bende che ti legano (cfr v. 45); per favore, non cedere al pessimismo che deprime, non cedere al timore che isola, non cedere allo scoraggiamento per il ricordo di brutte esperienze, non cedere alla paura che paralizza. Gesù ci dice: “Io ti voglio libero, ti voglio vivo, non ti abbandono e sono con te! È tutto buio, ma io sono con te! Non lasciarti imprigionare dal dolore, non lasciar morire la speranza. Fratello, sorella, ritorna a vivere!” – “E come faccio?” – “Prendimi per mano”, e Lui ci prende per mano. Lasciati tirare fuori: e Lui è capace di farlo. In questi momenti brutti che succedono a tutti noi.

Cari fratelli e sorelle, questo brano del capitolo 11 del Vangelo di Giovanni, che fa tanto bene leggere, è un inno alla vita, e lo si proclama quando la Pasqua è vicina. Forse anche noi in questo momento portiamo nel cuore qualche peso o qualche sofferenza, che sembrano schiacciarci; qualche cosa brutta, qualche peccato vecchio che non riusciamo a tirare fuori, qualche errore di gioventù, non si sa mai. Queste cose brutte devono uscire. E Gesù dice: “Vieni fuori!”. Allora è il momento di togliere la pietra e di uscire incontro a Gesù, che è vicino. Riusciamo ad aprirgli il cuore e ad affidargli le nostre preoccupazioni? Lo facciamo? Riusciamo ad aprire il sepolcro dei problemi, siamo capaci, e a guardare oltre la soglia, verso la sua luce, o abbiamo paura di questo? E a nostra volta, come piccoli specchi dell’amore di Dio, riusciamo a illuminare gli ambienti in cui viviamo con parole e gesti di vita? Testimoniamo la speranza e la gioia di Gesù? Noi, peccatori, tutti? E anche, vorrei dire una parola ai confessori: cari fratelli, non dimenticatevi che anche voi siete peccatori, e siete nel confessionale non per torturare, per perdonare, e perdonare tutto, come il Signore perdona tutto. Maria, Madre della speranza, rinnovi in noi la gioia di non sentirci soli e la chiamata a portare luce nel buio che ci circonda.

Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle!

Ieri, solennità dell’Annunciazione, abbiamo rinnovato la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, nella certezza che solo la conversione dei cuori può aprire la strada che conduce alla pace. Continuiamo a pregare per il martoriato popolo ucraino.

E restiamo vicini anche ai terremotati della Turchia e della Siria. A loro è destinata la speciale raccolta di offerte che si svolge oggi in tutte le parrocchie d’Italia. Preghiamo anche per la popolazione dello Stato del Mississippi, colpite da un devastante tornado.

Saluto tutti voi, romani e pellegrini di tanti Paesi, in particolare quelli di Madrid e di Pamplona e i messicani; come pure i peruviani, rinnovando la preghiera per la riconciliazione e la pace nel Perù. Dobbiamo pregare per il Perù, che sta soffrendo tanto.

Saluto i fedeli di Zollino, Rieti, Azzano Mella e Capriano del Colle, Bellizzi, Crotone e Castelnovo Monti con l’Unitalsi; e saluto i cresimandi di Pavia, Melendugno, Cavaion e Sega, Settignano e Prato; i ragazzi di Ganzanigo, Acilia e Longi; e l’Associazione Amici del Crocifisso delle Marche.

Rivolgo un saluto speciale alla delegazione dell’Aeronautica Militare Italiana, che celebra il centenario di fondazione. Formulo i miei auguri per questa ricorrenza e vi incoraggio ad operare sempre per la costruzione della giustizia e della pace.

Prego per tutti voi e fatelo per me. E a tutti auguro una buona domenica. Buon pranzo e arrivederci.

Papa Francesco


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