Sabato 20 Aprile 2024
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Missione, con lo stile di Maria

Alto, distinto, ben vestito, da più di mezz’ora parla con la protesi auricolare, il telefonino. Niente di male. Mi dà un po’ fastidio che parli a voce così alta, ma mi supero facilmente. Ognuno dei presenti può seguire le sue conversazioni con personaggi diversi, ma tutti altrettanto importanti. Importanti, ma non come lo è lui. Si capisce bene che lui è il capo. È soprattutto per questo che dà fastidio: non che sia una persona importante, ma l’ostentazione, il valer far sapere a tutti che lui è una persona importante, il capo.

 
Sono tante le persone importanti e più ancora quelle che ci tengono ad apparire tali. In un’ora, via telefono, impartiscono direttive, risolvono problemi d’azienda, ribaltano il mondo. Mi domando cosa faranno nelle altre 23 ore della giornata (perché è evidente che sono persone che lavorano 24 ore su 24), quando sono concentrate e sole in ufficio se, in un’ora e circondate da tante persone, rumore e movimento, hanno già tutto appianato. Forse leggeranno il giornale che non trovano il tempo di leggere mentre viaggiano.
 
 
Chissà perché questa macchietta ricorrente oggi mi ha richiamato, per contrasto, un’altra personalità o meglio, più semplicemente, una persona, Maria di Nazaret. Ne ha ben fatte di cose importante, lei. Ha aperto le porte al Cielo, s’è fatta scala perché Dio scendesse sulla terra, l’ha mostrato ai saggi d’Oriente, l’ha difeso contro gli attentati di un re. Ha composto il più bel canto magnificando l’Onnipotente per le grandi opere da lui compiute. A Nazaret ha allevato il Figlio di Dio, a Cana gli ha aperto la strada perché iniziasse a compiere gesti di salvezza, sul Calvario ha lavorato con lui alla redenzione del mondo. Nel cenacolo ha sostenuto la fede degli apostoli ed ha tenuto a battesimo la Chiesa nascente. Ditemi voi se è poco. Altro che manager d’azienda! Lei l’ha ribaltato davvero il mondo. E senza un briciolo di ostentazione, anzi nel silenzio più alto e nel nascondimento più umile. Il suo biglietto da visita: “Serva del Signore”. Qui c’è dello stile.
 
 
È lo stile richiesto, mi sembra, a chi, come lei, è chiamato a portare Dio nel mondo, ossia a chiunque si professa cristiano, se è vero che “ogni cristiani è missionario”, un mandato a portare la grande notizia del Vangelo.
 
 
Farsi vicino a chiunque, con discrezione e insieme con estrema attenzione: intuire, capire, condividere, prestare aiuto. In una società dove quello che conta è apparire (esisti soltanto se sei in TV, sui social), fare carriera, prevalere, schiacciare l’avversario, è insolito mettere in luce l’altro e fargli da sfondo perché sia lui e senza che io debba necessariamente emergere. Sì perché l’altro, in una logica evangelica, non è più il concorrente, ma semplicemente un compagno di viaggio.
 
 
Giornata missionaria mondiale. La via della missione mi pare che oggi passi proprio da qui: farsi prossimo con quanti la vita ci mette accanto volendo soltanto il suo bene. Sarà ancora possibile tra essere umani l’amore disinteressato? La vicinanza può diventare amicizia, e l’amicizia condivisione, anche dell’esperienza del Vangelo vissuto, della fede. È Maria che non si mette in mostra, che non accentra l’attenzione su di sé, ma chi indica il Cristo.

Fabio Ciardi

 

MARIA  SS.ma,

l’Immacolata, il Capolavoro, la Beneamata, lo Specchio, il Vestito,

l’Altoparlante del Creatore, Uno e Trino,

che da sempre, prima della creazione dell’universo,

sei stata guardata,  scelta e voluta

come Madre del Salvatore e Redentore

GESU’

che nella Grotta di Betlemme Lo hai generato come Uomo,

che sei stata in ascolto della sua Parola serbandoLa nel tuo cuore,

che,  alle nozze di Cana hai detto ai servitori

Fate tutto quello che vi dirà”,

 che assieme alla folla degli ascoltatori sentivi e ritenevi in Te la Sua Parola,

 che ai piedi della Croce sei stata affidata da Gesù a Giovanni

e, in Lui, a tutti noi, come MADRE:

anch’io, come Giovanni, ti voglio vicino alla mia casa,

per custodire  questa mia grotta.

O MARIA SS. ma, Immacolata :

aiutami, ti prego, a ritenerti sempre

come mia Madre,  Casalinga e Badante!

 

PER FAVORE!

 SCUSA e GRAZIE!

 

MARIA SS.ma come ogni mamma terrena vorrebbe rispecchiarsi nel figlio. In ognuno di noi, l’umano e il divino si mescolano, o almeno dovrebbero fondersi. Ora, affinché la nostra preghiera non sia solo semplice ripetizione, che con il tempo dice poco e non porta frutto, è necessario rileggere attentamente quanto il Vangelo ci presenta di Maria e su Maria.

 

1/ In Luca (1,38) si legge: “Allora Maria disse: ECCOMI, sono la serva del Signore. Dio faccia di me come tu hai detto”. Maria nel suo “eccomi” si offre e si dona completamente a Dio, realizzando in pieno quell’immacolatezza che Le era stata data gratuitamente da Dio, e diventando “canale” di congiunzione tra Dio e l’Umanità. Con il suo “eccomi”, Maria si realizza come DONO di Dio all’Umanità e dà inizio a quell’Amore Reciproco che Gesù avrebbe lasciato ai suoi seguaci come il “suo e nuovo” Comandamento.

 

2/ Luca (2, 19) dice che Maria, alla nascita di Gesù a Betlemme, osservando ciò che accadeva attorno a Lei, “SERBAVA TUTTE QUESTE COSE MEDITANDOLE NEL SUO CUORE” = facendole proprie … lasciandosi “plasmare” e  “fortificare” da Lui.

Maria era estasiata/meravigliata per ciò che vedeva e “serbava” tutto nel suo cuore … specie DIO che è il TUTTO per eccellenza.

Ecco, Maria metteva DIO al primo posto, senza dimenticare alcuna delle sue creature, in modo particolare noi uomini, creature dotate di anima, e “viveva” con Dio, il suo Tutto.

Il suo “serbare” non era un semplice “mettere da parte … in custodia” ma tenere “assieme”, in maniera che il suo pensare/essere/agire, fosse tutto di DIO.

 

3/ Alle nozze di Cana (Vangelo di Giovanni 2), sono significative le brevi parole che riassumono la vitalità/lo scopo/la missione di Maria per e verso Gesù: “La madre di lui disse ai servi: “FATE TUTTO QUELLO CHE VI DIRA’”.

Dio, Uno e Trino, Creatore di tutto l’universo, da sempre ha creato Maria come suo Specchio Immacolato e suo “vestito” di presentazione … Ogni cristiano, assieme a Gesù Morto e Risorto, trova al suo fianco Maria Immacolata, lo Specchio e il Vestito di Dio. Per vivere ed essere vero cristiano non possiamo fare a meno di incontrare Maria, “tutta protesa al Suo Gesù”, che ripetutamente e sommessamente ci dice, proprio come alle nozze di Cana ha detto ai servitori: “FATE TUTTO QUELLO CHE VI DIRA’”.

E’ nell’ascolto di Maria che sta il senso della nostra preghiera mariana. Riascoltando continuamente la sua voce: “Fa’ tutto quello che Gesù ti dirà”, ci manteniamo nella giusta condizione di “vivere” il nostro Battesimo, cioè di essere CRISTIANI VERI. Soltanto così potrò esprimere le mie preghiere e richieste.

MARIA è la prima cristiana e noi col Battesimo siamo “immacolatizzati”, ma il fardello del peccato originale ci impedisce di vivere da cristiani. Ecco perché è necessario diventare come Maria “immacolatizzati”: lasciarci fare, plasmare e diventare come Lei,  SPECCHIO e VESTITO di Dio …. Ciò richiede di AMARE CON TUTTO IL CUORE, TUTTA L’ANIMA, TUTTA LA MENTE E TUTTE LE FORZE DIO. Solo così il nostro umano pesante è messo da parte e il DIVINO, l’IMMACOLATEZZA del Battesimo, viene fuori … Ma è necessario IMITARE Maria.  

 

4/ Nel Vangelo di Luca (8, 21) leggiamo: “Gesù rispose loro: “Mia madre e i miei fratelli sono quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”. Con queste parole Gesù afferma che ognuno di noi ha la possibilità di diventare come “sua Madre e i suoi fratelli”, di entrare cioè a far parte della Sua Famiglia! Di conseguenza, prima ancora di cercare di essere un vero cristiano, devo fare tutta la mia parte per vivere e “imitare” la Madre di Gesù … Come? Lo abbiamo già detto: “serbando e meditando” le Sue Parole, che sono LUI STESSO!

Da ciò nasce il bisogno impellente di capire e di vivere MARIA, assumendo Lei come propria Madre Casalinga e Badante. E’ tutta questione di cuore e di volontà … non di parole e di preghiere, ma di aspirazione e desideri dell’anima.

Quando devo confrontarmi con un fratello/sorella, subito, immediatamente, devo trovare la sintonia spirituale con Maria, la Madre Gesù, e non dimenticare di dirle semplicemente, come vero figlio alla propria mamma: “Dammi una mano, aiutami, sii Tu a parlare e a dire le parole che Tu stessa diresti, se fossi al mio posto …”.

 

5/     In Giovanni (19, 6) leggiamo che sulla Croce “Gesù vide sua madre e accanto a lei il discepolo preferito. Allora disse a sua madre. . Poi al discepoli: .

La Madre Chiesa ha sempre insegnato che in Giovanni siamo rappresentati tutti noi e quindi ognuno deve prendere con sé  -  a casa sua  -  Maria come Madre e comportarsi come il piccolo Gesù, sempre in ascolto … in Dio, col Padre e lo Spirito Santo. Con Maria a fianco quotidianamente, per amore o per forza, avremo la capacità di ascoltare la Voce della Coscienza, che col Battesimo è iniziata in ciascuno di noi!

Se Maria è con me … ed io sono con Lei, quale diavolo potrà pervertirmi? Maria è Colei che è stata designata a fare fuggire il demonio della tentazione e della perversione.

 



 

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Messaggio Cristiano
Udienza Generale, 17 Aprile 2024

Catechesi. I vizi e le virtù. 15. La temperanza

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi parlerò della quarta e ultima virtù cardinale: la temperanza. Con le altre tre, questa virtù condivide una storia che risale molto indietro nel tempo e che non appartiene ai soli cristiani. Per i greci la pratica delle virtù aveva come obbiettivo la felicità. Il filosofo Aristotele scrive il suo più importante trattato di etica indirizzandolo al figlio Nicomaco, per istruirlo nell’arte del vivere. Perché tutti cerchiamo la felicità eppure così pochi la raggiungono? Questa è la domanda. Per rispondere ad essa Aristotele affronta il tema delle virtù, tra le quali ha uno spazio di rilievo la enkráteia, cioè la temperanza. Il termine greco significa letteralmente “potere su sé stessi”. La temperanza è un potere su sé stessi. Questa virtù è dunque la capacità di autodominio, l’arte di non farsi travolgere da passioni ribelli, di mettere ordine in quello che il Manzoni chiama il “guazzabuglio del cuore umano”.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci dice che «la temperanza è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati». «Essa – prosegue il Catechismo – assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’onestà. La persona temperante orienta al bene i propri appetiti sensibili, conserva una sana discrezione, e non segue il proprio istinto e la propria forza assecondando i desideri del proprio cuore» (n. 1809).

Dunque, la temperanza, come dice la parola italiana, è la virtù della giusta misura. In ogni situazione, si comporta con saggezza, perché le persone che agiscono mosse sempre dall’impeto o dall’esuberanza alla fine sono inaffidabili. Le persone senza temperanza sono sempre inaffidabili. In un mondo dove tanta gente si vanta di dire quello che pensa, la persona temperante preferisce invece pensare quello che dice. Capite la differenza? Non dire quello che mi viene in mente, così… No, pensare a quello che devo dire. Non fa promesse a vanvera, ma assume impegni nella misura in cui li può soddisfare.

Anche con i piaceri, la persona temperante agisce con giudizio. Il libero corso delle pulsioni e la totale licenza accordata ai piaceri, finiscono per ritorcersi contro noi stessi, facendoci precipitare in uno stato di noia. Quanta gente che ha voluto provare tutto con voracità si è ritrovata a perdere il gusto di ogni cosa! Meglio allora cercare la giusta misura: ad esempio, per apprezzare un buon vino, assaporarlo a piccoli sorsi è meglio che ingurgitarlo tutto d’un fiato. Tutti sappiamo questo.

La persona temperante sa pesare e dosare bene le parole. Pensa a quello che dice. Non permette che un momento di rabbia rovini relazioni e amicizie che poi solo con fatica potranno essere ricostruite. Specialmente nella vita famigliare, dove le inibizioni si abbassano, tutti corriamo il rischio di non tenere a freno tensioni, irritazioni, arrabbiature. C’è un tempo per parlare e un tempo per tacere, ma entrambi richiedono la giusta misura. E questo vale per tante cose, ad esempio lo stare con gli altri e lo stare da soli.

Se la persona temperante sa controllare la propria irascibilità, non per questo la vedremo perennemente con il volto pacifico e sorridente. Infatti, qualche volta è necessario indignarsi, ma sempre nella giusta maniera. Queste sono le parole: la giusta misura, la giusta maniera. Una parola di rimprovero a volte è più salutare rispetto a un silenzio acido e rancoroso. Il temperante sa che nulla è più scomodo del correggere un altro, ma sa anche che è necessario: altrimenti si offrirebbe libero campo al male. In certi casi, il temperante riesce a tenere insieme gli estremi: afferma i principi assoluti, rivendica i valori non negoziabili, ma sa anche comprendere le persone e dimostra empatia per esse. Dimostra empatia.

Il dono del temperante è dunque l’equilibrio, qualità tanto preziosa quanto rara. Tutto, infatti, nel nostro mondo spinge all’eccesso. Invece la temperanza si sposa bene con atteggiamenti evangelici quali la piccolezza, la discrezione, il nascondimento, la mitezza. Chi è temperante apprezza la stima degli altri, ma non ne fa l’unico criterio di ogni azione e di ogni parola. È sensibile, sa piangere e non se ne vergogna, ma non si piange addosso. Sconfitto, si rialza; vincitore, è capace di tornare alla vita nascosta di sempre. Non cerca gli applausi, ma sa di avere bisogno degli altri.

Fratelli e sorelle, non è vero che la temperanza rende grigi e privi di gioie. Anzi, fa gustare meglio i beni della vita: lo stare insieme a tavola, la tenerezza di certe amicizie, la confidenza con le persone sagge, lo stupore per le bellezze del creato. La felicità con la temperanza è letizia che fiorisce nel cuore di chi riconosce e dà valore a ciò che più conta nella vita. Preghiamo il Signore perché ci dia questo dono: il dono della maturità, della maturità dell’età, della maturità affettiva, della maturità sociale. Il dono della temperanza.

Papa Francesco