Cronaca Bianca


Papa Francesco: trasformate i deserti in foreste

GIORNATA MONDIALE PER LA TERRA

Papa Francesco in Mariapoli

 

26 aprile 2016
Maria Voce commenta sull’Osservatore Romano la visita a sorpresa di papa Francesco alla Mariapoli di Roma il 24 aprile.
 

PapaFrancesco_salutoMariaVoce-02«È stata la prima volta di un Papa a una Mariapoli e mi è tornato in mente quanto più volte ascoltato da Chiara Lubich, per descrivere l’effetto che avevano in lei la visita e le parole di un vescovo alle Mariapoli. Vi riconosceva «un peso, un’unzione» che le diversificava da quelle di chiunque altro, anche teologo o santo, e la percezione che con la sua presenza la “città di Maria” raggiungesse il compimento: diventasse “città Chiesa”.

 

Così è accaduto, nella pienezza, con la visita fuori programma di Papa Francesco al Villaggio per la Terra a Villa Borghese, dove, in collaborazione con l’evento di Earth Day Italia, si svolgeva la Mariapoli di Roma che però non si ferma nella capitale. Così ogni Mariapoli che si svolge e si svolgerà nel mondo — e sono centinaia — si sentirà guardata e amata alla stessa maniera.

 

Quel suo parlare a braccio, mettendo fin dall’inizio da parte i fogli, era come dire: mi avete preso il cuore e devo rispondere a ciò che voi avete detto a me. E le sue parole nette, luminose, non erano solo riconoscimento per l’impegno e l’azione dei tanti che gli hanno parlato, ma avevano il sapore di un programma per il futuro: in esse ritornavano come idea forte il prodigio e la possibilità di trasformare il deserto in foresta.

 

Mi ha fatto impressione il suo dire con forza che ciò che vale è portare la vita. Non fare programmi e rimanervi ingabbiati, ma andare incontro alla vita così com’è, con il suo disordine e i suoi conflitti, senza paura, affrontando i rischi e cogliendo le opportunità. Per conoscere la realtà col cuore bisogna avvicinarvisi. Avvengono così i miracoli: deserti, i più vari, che si trasformano in foreste. Papa Francesco possiede la forza della parola. Le sue immagini non si cancellano, né dalla mente né dal cuore.

 

Insieme tra diversi: persone, gruppi, associazioni. Il Pontefice lo ha ripetuto tante volte perché ci tiene e gli dà gioia. Lo spettacolo umano a Villa Borghese è nato da una domanda: perché non realizzare la Mariapoli nel cuore di Roma? Perché non provare a fare un innesto di fraternità, magari piccolo ma concreto, nelle strade della città? Roma — lo sappiamo — piange per le tante ferite e soffre per le molte fragilità, ma vive anche di una ricchezza incredibile: il tanto bene che vi si fa.

 

Quando il Papa ha indetto l’anno della Misericordia abbiamo pensato alle tantissime associazioni che operano nella città, con o senza riferimento religioso, ma che “fanno misericordia”. Quasi un caso l’incontro con Earth Day, che si occupa della tutela del creato e lavora per quell’ecologia integrale cara a Francesco. Un percorso e un lavoro appassionanti, fuori dai propri schemi, su strade anche impensate. Non senza difficoltà, certo, perché non ci si conosceva e perché si è diversi.

 

Ma la diversità è ricchezza, come l’incontro con oltre cento associazioni: sono così nate sinergie e si sono costruiti ponti. Anche con realtà piccolissime: «Ma la mia associazione va avanti con la mia pensione, non abbiamo né loghi né cose del genere» ci ha detto un nuovo amico. E la Mariapoli ha voluto dare testimonianza del bene che anche lui fa. Sono così emerse le tante città sotterranee virtuose che Roma contiene.

 

Un bene che si moltiplicherà e una rete che sembra dare ragione all’intuizione che Chiara Lubich scrisse nel 1949 incontrando Roma e amandola: “molti occhi s’illuminerebbero della sua Luce: segno tangibile che Egli vi regna (…) a risuscitare i cristiani e a fare di quest’epoca, fredda perché atea, l’epoca del Fuoco, l’epoca di Dio (…) Non è solo un fatto religioso (…) È questo separarlo dalla vita intera dell’uomo una pratica eresia dei tempi presenti, e un asservire l’uomo a qualcosa che è meno di lui e relegare Dio, che è Padre, lontano dai figli”».

 

Di Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari

Fonte: Osservatore Romano, 25 aprile 2016

 

 

 

24 aprile 2016

Visita a sorpresa del Papa a Villa Borghese (Roma), dove dal 22 al 25 si svolge il "Villaggio della terra", promosso dal Movimento dei Focolari romano e da Earth Day Italia.
 

IMG_9042Foto: P. Gábor

“Trasformate i deserti in foreste, i deserti di morte in foreste di vita”. Lo ha affermato Papa Francesco accantonando il testo preparato per l’occasione e suscitando l’entusiasmo e la commozione delle migliaia di persone che, nel pomeriggio di domenica 24 aprile, hanno visto l’auto con a bordo il Santo Padre fare ingresso a sorpresa nel “Villaggio per la Terra”, la manifestazione organizzata da Earth Day Italia e dal Movimento dei Focolari di Roma nel cuore verde della Capitale: il Galoppatoio di Villa Borghese.

 

Il Papa si è presentato inatteso salutato con affetto da famiglie, giovani e persone di tutte le età che da venerdì 22 aprile partecipano agli eventi ospitati nel Villaggio, incentrati sui temi della tutela del Pianeta, della Legalità, del Dialogo Interreligioso e della Solidarietà.

 

Donato Falmi e Antonia Testa, responsabili del Movimento dei Focolari di Roma, assieme a Pierluigi Sassi, presidente di Earth Day Italia hanno accolto il Santo Padre sul palco del Villaggio e illustrato lo spirito dell’iniziativa. Falmi ha introdotto il Papa nell’esperienza della Mariapoli 2016, dal titolo “Vivere insieme la Città”, sottolineando in particolare tre parole-guida, spesso ripetute da Francesco, e adottate con spunto di ispirazione dal Villaggio: “misericordia”, “tenerezza”, “diversità come ricchezza”. Antonia Testa, invece, ha illustrato la collaborazione instaurata dal Movimento dei Focolari con Earth Day Italia e spiegato come in particolare il programma della Mariapoli abbia voluto lanciare uno sguardo su Roma, sulle sue povertà ma soprattutto sul “tanto bene” che in modo silenzioso ma incisivo viene operato quotidianamente nel suo tessuto sociale.

 

Foto: Thomas KlannFoto: Thomas Klann

Il Presidente di Earth Day Italia Pierluigi Sassi ha quindi spiegato a Papa Francesco come la strada per arrivare a questo Villaggio sia partita proprio dalla Laudato si’ e dalla “Marcia per la Terra” che l’associazione aveva organizzato coinvolgendo oltre 130 realtà in vista della firma degli Accordi sul Clima, COP21.

 

Papa Francesco ha ascoltato intense testimonianze di partecipanti alla Mariapoli – alcuni “spaccati” di solidarietà vissuti nel mondo del carcere e con gli immigrati; iniziative dei giovani in favore del disarmo, sul valore della legalità e contro il gioco d’azzardo. Pierluigi Sassi ha concluso sottolineando il significato della partita di calcio che si giocherà lunedì al Villaggio tra la Liberi Nantes – la squadra di calcio interamente formata dai richiedenti asilo e rifugiati politici – e la rappresentativa degli studenti universitari della LUISS.

 

“Non abbiate paura del conflitto che ha in sé rischio ed opportunità –ha detto Francesco –. Conoscere è un rischio per me e per la persona a cui mi avvicino. Ma mai, mai, mai girarsi per non vedere. Avvicinarsi all’altro, prenderlo per mano, andare ad asciugare tante lacrime… così dal deserto nasce il sorriso”. “Vi do un compito da fare a casa – ha concluso il Papa –. Quando andate per strada vedete che manca la tenerezza. Ognuno è chiuso in se stesso. Manca l’amicizia. Al centro del mondo oggi c’è il dio denaro, ma la parola chiave è ‘gratuità’ per far sì che questo deserto diventi foresta. Come si fa questo? Sempre nella consapevolezza che tutti abbiamo da farci perdonare… Lavorare insieme, rispettarci, così avviene il miracolo del deserto che diviene foresta. Grazie per tutto quello che fate”.

 

Prima del saluto finale, un ragazzo ha donato a Francesco il “Dado della terra”, un cubo che insegna ai giovani come un gioco i principi della difesa del Creato.

 


Comununicato Stampa SIF – Servizio Informazione FocolarI

Servizio fotografico di Thomas Klann su Flickr

Produzione video: CSC Audiovisivi

 


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Messaggio Cristiano
Udienza Generale - Piazza San Pietro Mercoledì, 10 Settembre 2025

Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. III. La Pasqua di Gesù. 6. La morte. «Gesù, dando un forte grido, spirò» (Mc 15,37)

Cari fratelli e sorelle,
buongiorno e grazie per la vostra presenza, una bella testimonianza!

Oggi contempliamo il vertice della vita di Gesù in questo mondo: la sua morte in croce. I Vangeli attestano un particolare molto prezioso, che merita di essere contemplato con l’intelligenza della fede. Sulla croce, Gesù non muore in silenzio. Non si spegne lentamente, come una luce che si consuma, ma lascia la vita con un grido: «Gesù, dando un forte grido, spirò» (Mc 15,37). Quel grido racchiude tutto: dolore, abbandono, fede, offerta. Non è solo la voce di un corpo che cede, ma il segno ultimo di una vita che si consegna.

Il grido di Gesù è preceduto da una domanda, una delle più laceranti che possano essere pronunciate: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». È il primo verso del Salmo 22, ma sulle labbra di Gesù assume un peso unico. Il Figlio, che ha sempre vissuto in intima comunione con il Padre, sperimenta ora il silenzio, l’assenza, l’abisso. Non si tratta di una crisi di fede, ma dell’ultima tappa di un amore che si dona fino in fondo. Il grido di Gesù non è disperazione, ma sincerità, verità portata al limite, fiducia che resiste anche quando tutto tace.

In quel momento, il cielo si oscura e il velo del tempio si squarcia (cfr Mc 15,33.38). È come se il creato stesso partecipasse a quel dolore, e insieme rivelasse qualcosa di nuovo: Dio non abita più dietro un velo, il suo volto è ora pienamente visibile nel Crocifisso. È lì, in quell’uomo straziato, che si manifesta l’amore più grande. È lì che possiamo riconoscere un Dio che non resta distante, ma attraversa fino in fondo il nostro dolore.

Il centurione, un pagano, lo capisce. Non perché ha ascoltato un discorso, ma perché ha visto morire Gesù in quel modo: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!» (Mc 15,39). È la prima professione di fede dopo la morte di Gesù. È il frutto di un grido che non si è disperso nel vento, ma ha toccato un cuore. A volte, ciò che non riusciamo a dire a parole lo esprimiamo con la voce. Quando il cuore è pieno, grida. E questo non è sempre un segno di debolezza, può essere un atto profondo di umanità.

Noi siamo abituati a pensare al grido come a qualcosa di scomposto, da reprimere. Il Vangelo conferisce al nostro grido un valore immenso, ricordandoci che può essere invocazione, protesta, desiderio, consegna. Addirittura, può essere la forma estrema della preghiera, quando non ci restano più parole. In quel grido, Gesù ha messo tutto ciò che gli restava: tutto il suo amore, tutta la sua speranza.

Sì, perché anche questo c’è, nel gridare: una speranza che non si rassegna. Si grida quando si crede che qualcuno possa ancora ascoltare. Si grida non per disperazione, ma per desiderio. Gesù non ha gridato contro il Padre, ma verso di Lui. Anche nel silenzio, era convinto che il Padre era lì. E così ci ha mostrato che la nostra speranza può gridare, persino quando tutto sembra perduto.

Gridare diventa allora un gesto spirituale. Non è solo il primo atto della nostra nascita – quando veniamo al mondo piangendo –: è anche un modo per restare vivi. Si grida quando si soffre, ma pure quando si ama, si chiama, si invoca. Gridare è dire che ci siamo, che non vogliamo spegnerci nel silenzio, che abbiamo ancora qualcosa da offrire.

Nel viaggio della vita, ci sono momenti in cui trattenere tutto dentro può consumarci lentamente. Gesù ci insegna a non avere paura del grido, purché sia sincero, umile, orientato al Padre. Un grido non è mai inutile, se nasce dall’amore. E non è mai ignorato, se è consegnato a Dio. È una via per non cedere al cinismo, per continuare a credere che un altro mondo è possibile.

Cari fratelli e sorelle, impariamo anche questo dal Signore Gesù: impariamo il grido della speranza quando giunge l’ora della prova estrema. Non per ferire, ma per affidarci. Non per urlare contro qualcuno, ma per aprire il cuore. Se il nostro grido sarà vero, potrà essere la soglia di una nuova luce, di una nuova nascita. Come per Gesù: quando tutto sembrava finito, in realtà la salvezza stava per iniziare. Se manifestata con la fiducia e la libertà dei figli di Dio, la voce sofferta della nostra umanità, unita alla voce di Cristo, può diventare sorgente di speranza per noi e per chi ci sta accanto.

LEONE XIV