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Cronaca Bianca


Un weekend con Chiara Luce Badano

24 ore di luce

3 novembre 2017

Un viaggio di 24 ore nella luce: l'esperienza vissuta il 28 e 29 ottobre, a Loppiano, da centinaia di giovani, che si sono lasciati guidare e ispirare dalla straordinaria esperienza della giovane beata.
 

ChiaraLuce_30Oct2017_02Cosa può avere di così speciale la storia di un’adolescente e perché la sua vita continua a illuminare chiunque vi si imbatta anche solo per un attimo?
Lo racconta un gruppo vivacissimo e internazionale di giovani, presenti a Loppiano (Firenze, Italia) all’evento “24 ore di Luce”, dalle 12 di sabato 28 ottobre alla stessa ora del giorno successivo. Una esperienza di fraternità, segnata per tutti dall’incontro con Dio.

 

La stessa esperienza vissuta da Chiara Luce Badano. Aveva solo 18 anni quando, colpita da un cancro senza speranza di guarigione, ha testimoniato fino all’ultimo respiro che solo in Dio Amore si può trovare la pienezza della gioia, e nel donarsi agli altri il senso e il sapore della vita.

 

Il 25 settembre 2010 è stata proclamata Beata. Nel mese dedicato alla festa liturgica che la ricorda, molti gli appuntamenti in tutto il mondo per proporre l’esempio della sua vita.

 

«Un raggio di luce brillantissimo oggi ha illuminato anche noi dicono i giovani presenti a Loppianoe continua a illuminare tanti. Con Chiara Luce, guardando a Gesù Crocefisso e Abbandonato, troveremo la possibilità di non tremare di fronte a qualsiasi situazione. Anzi, diverremo raggi di luce lì dove viviamo, per guidare questa nostra umanità verso la fraternità universale».

 

ChiaraLuce_30Oct2017Un programma ricco di canzoni, brani recitati, danze, condivisioni di esperienze con il timbro della spensieratezza tipico dell’età, e l’impegno di chi è consapevole di avere una vita sola.

Prendono sul serio le parole di Chiara Lubich, che, ai giovani, parlava sempre con grande franchezza: «Vivere per una cosa così-così è troppo ‘magra’ per un giovane. Conviene vivere per qualcosa di grande. Amore, dunque, amore seminato in molti angoli, perché diventi realtà una invasione d’amore, e si realizzi, anche per il nostro contributo, la civiltà dell’amore che tutti attendiamo».

 

La sera del primo giorno, mentre all’esterno il bagliore delle stelle e le scintille di un falò sembrano toccarsi, una folla di persone di ogni età gremisce, all’interno, una sala, in occasione della sua intitolazione a Chiara Luce.
L’immagine della beata, tolto il telo che la copriva, sprona i presenti a diventare a loro volta “luce”, a formare, anche sulla terra, nuove e diverse costellazioni, fatte di persone che si amano a vicenda.

 

ChiaraLuce_30Oct2017_04Domenica mattina, 29 ottobre, l’Auditorium della cittadella di Loppiano è gremito di giovani. Grazie a una diretta streaming il messaggio di Chiara Luce percorre migliaia di chilometri, raggiungendo anche un gruppo del Nepal. La messa conclusiva è stata celebrata nel santuario dedicato a Maria Teotokos che non riusciva a contenere la folla in festa, per la giovane beata, proposta come testimone per il prossimo sinodo dei giovani del 2018.

 

«Cosa ci resta dopo queste 24ore? Amore, pienezza, luce, sicurezza, fiducia che la vita può cambiare. Ma anche la necessità di un lavoro di squadra, di sacrificio, di unità a scapito dell’orgoglio. Chiara Luce ripeteva spesso che chi ama non è piccolo.
Infatti, la sua grandezza si è manifestata chiaramente quando ha detto sì anche al dolore incomprensibile della malattia. In quel dolore lei ha trovato Gesù, uno come lei, un uomo che sulla croce ha gridato l’abbandono. Guardando al Suo esempio potremo diventare anche noi un raggio di luce, pronti a rischiarare il buio in cui è immerso il mondo».

 

Fonte: Loppiano online: http://www.loppiano.it/

Foto su Flickr

 

Rivedi lo streaming

 

 

   
   
Image of Blessed Chiara Luce Badano in Sassello's Basilica

 

“Io ho tutto. Tutto vince l’amore”: due tra le frasi che meglio hanno espresso la vicenda umana di Chiara “Luce” Badano sono state scelte dall’Istituto Nazareth di Napoli per aprire l’incontro che, insieme alla Fondazione Giuseppe Ferraro Onlus, ha voluto offrire ai suoi studenti con quattro privilegiati testimoni del lascito di fede e letizia della giovanissima beata di Sassello: i genitori Maria Teresa e Ruggero Badano e gli amici d’infanzia Chicca e Franz Coriasco.

 

La storia di Chiara commuove e, al contempo, dona coinvolgente speranza per la grazia che la pervade e che continua a trasmettere: quella stessa grazia che, come ha ricordato Maria Teresa, nel 1971 dona Chiara ai suoi genitori, che a lungo avevano pregato la Madonna per la sua nascita, e che si fa evidente quando, a 9 anni, incontra il Movimento dei Focolari, «iniziando quel cammino col Vangelo sotto braccio che avrebbe condotto fino ai suoi ultimi giorni».

 

La straordinarietà di Chiara è fatta, però, di una assoluta ‘normalità’, testimoniata dall’amica Chicca: “Come ci insegnava Chiara Lubich, vivere il Vangelo era per noi amare coloro che ci erano accanto e le cose che facevamo nella nostra vita di adolescenti. Con semplicità offrivamo a Dio i nostri sogni, nella certezza che Lui ci seguiva passo passo e aveva un progetto su di noi».

 

«Chiara era davvero una ragazza ‘normale’, ma in un modo assolutamente ‘speciale’ – ha confermato Franz -. Era aperta, ma anche riservata, graziosa, ma discreta, aveva ideali ma i piedi per terra; e queste ‘armoniose contraddizioni’ si sono esaltate nel modo in cui ha vissuto la malattia. Io non ho fede, ma non posso negare la lezione che, come tante persone in tutto il mondo, ho imparato da lei: c’è qualcosa che nella vita posso fare, ed è questo che mi è chiesto, di fare ciò per cui sono stato voluto».

 

La malattia stravolge la vita della ragazza e della sua famiglia all’età di 16 anni, accolta subito, però, come occasione di rifare l’esperienza di Cristo. «Chiara chiese di fare esami medici per dei dolori lancinanti ad una spalla – ha ricordato la madre – e, quando il medico ha portato a me e mio marito l’esito della tac – il tumore osseo più aggressivo – ho sentito un’angoscia indescrivibile, ma ho pensato che Chiara avrebbe voluto trovare la sua mamma sorridente. Ci siamo abbracciati e detti che solo Gesù ci avrebbe potuto aiutare a dire “sì”: lo abbiamo detto sottovoce, e, come prima che nascesse, abbiamo affidato Chiara alla Madonna. A distanza di tempo posso dire che la preghiera fu esaudita: la Madonna ha tenuto Chiara sotto braccio fino all’ultimo».

 

In ciò la giovane trova la forza di abbracciare la sofferenza: «Ci eravamo trasferiti a Torino, per un primo intervento, ed un giorno non avevo potuto accompagnare Chiara all’ospedale per nuovi esami, da cui avrebbe appreso la gravità della sua malattia», ha continuato Maria Teresa. «È tornata cupa in volto, e quando mi sono avvicinata mi ha detto: “ora non parlare”, e si è buttata sul letto. Vedevo sul suo volto la lotta che faceva per dire “sì” a Dio, come aveva sempre fatto, ma nella gioia, mentre ora doveva farlo nel dolore, e non ci riusciva. Sono trascorsi 25 minuti, poi si è voltata col sorriso di sempre e ha detto: “mamma, ora puoi parlare”, ma io sentivo che non avevo più nulla da dire, perché Chiara riusciva a trasformare il dolore in amore. E dopo quel “sì” Chiara non si è più voltata indietro e ha iniziato la sua corsa verso il calvario nella piena gioia e serenità».

 

Ruggero Badano ha ricordato come la fede di Chiara aiutasse anche i suoi cari a sentirsi uniti nell’amore di Dio, e a accompagnarla nei momenti di dolore più acuto: «Dopo una crisi particolarmente grave, Chiara ha chiesto a sua madre se stesse per partire, e lei le ha risposto “Non lo so, ma tu hai la valigia pronta: al momento giusto Gesù ti prenderà per mano e ti dirà ‘Vieni’”. Nei momenti più duri stavamo davanti all’Eucarestia e ci sentivamo come paracadutisti, che sentono di cadere, ma sanno che il paracadute si aprirà e li salverà».

 

Incontro a Napoli con genitori beata Chiara Luce Badano«In quei giorni Chiara era felice, al punto che non veniva da commiserarla, ma da invidiarla – ha ricordato Franz Coriasco -. Il motivo era il Dio di cui si era innamorata, lo stesso che sulla croce diceva “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Chiara Lubich diceva che quello era il Dio della postmodernità, il Dio delle domande che ogni uomo, ogni giorno, si pone senza capire la risposta. Anche io non capivo, e mi chiedevo dove fosse quel Dio. Ma durante un viaggio ad Auschwitz, trovandomi vicino alla torretta da cui si vedevano passare i convogli dei deportati, ho capito che quella era una cattedrale di quel Gesù abbandonato, e me ne sono venute in mente migliaia di altre, come una favela, o un reparto oncologico, o una discarica dove i bimbi più poveri cercano cibo, fino ai piccoli grandi dolori della vita di Chiara da adolescente, una bocciatura, un amore non sbocciato. Questo è il Dio che è stato di Chiara e anche io, non credente, posso vedere questa speranza di fede di chi non ne ha».

 

Gli ultimi momenti di Chiara diventano, così, una vera festa, in cui le piccole cose avvicinano sempre di più a Dio lei e i suoi cari. «L’ultima estate – ha raccontato Chicca -. Chiara era ormai paralizzata, e allora nella sua cameretta abbiamo provato i canti per il funerale, ma con grande gioia, e il vestito bianco, fatto da mia madre, con cui voleva essere sepolta, e che la rendeva bellissima. Ha fatto un passo alla volta, ma sempre in donazione».

 

«Il giorno di San Valentino – ha ricordato Maria Teresa Badano – ha voluto che io e suo padre ci vestissimo bene e uscissimo, dicendomi: “ditevi ‘ti voglio bene’, e ricordatevi di farlo anche in futuro”, e poi: “ricordati, mamma, che prima di me c’era papà”. Io non avevo mai pianto, ma uscendo mi sono accorta di avere le lacrime agli occhi, e, a Ruggero che mi chiedeva perché, ho risposto: “perché Chiara ci insegna a camminare da soli”».

 

«L’ultimo giorno di vita di Chiara – ha concluso la madre – tante persone erano venute a trovarla, e lei ha voluto salutarli. I giovani li ha accolti in modo diverso, dicendo: “loro sono il futuro: io non posso più correre, ma vorrei consegnare a loro la fiaccola, come alle Olimpiadi. I giovani hanno una vita sola e vale la pena che la spendano bene”. Poi si è riposata e io mi sono avvicinata, mi ha scompigliato i capelli e mi ha detto: “mamma, sii felice, perché io lo sono”».

 

La prof.ssa Elisa Rotriquenz, coordinatrice delle attività didattiche dell’Istituto, ha voluto, dunque, concludere il toccante incontro riprendendo e rilanciando agli studenti l’invito della beata: «Spero che ognuno di voi sappia far tesoro del dono di questa giornata e prendere questa fiaccola, per continuare a correre come ha fatto Chiara».

 

 

Domenica 10 aprile Il Comune di Arnasco ha dedicato una fontana annessa ad una piccola edicola votiva a Chiara Luce Badano. L’iniziativa è stata portata avanti dal gruppo di volontari che ha restaurato l’antico fontanile, ma ha subito coinvolto l’Amministrazione e la comunità di Arnasco, che non ha fatto mancare al sua presenza alla cerimonia, assieme a tanti rappresentanti della Comunità dei focolari nel Ponente ligure.

 

Pubblichiamo un breve commento alla giornata di Marita Vignola.

 

images (10)Per me è stato un momento molto forte. Il mio paese Natale dove per 36 anni ho cercato di far conoscere l’ideale……Non avrei MAI pensato che un giorno sarebbe arrivato l’ideale sarebbe arrivato tramite Chiara Luce, la mia amica di giochi…di ideale, appunto.
Quando mamma Teresa è entrata in Chiesa, piccola e già piena di gente, i nostri sguardi si sono incrociati ed è stato un momento profondissimo.
Una commozione certo ma tanta gioia, quella vera.
Le parole del sindaco….Si, è una persona sensibile ma, non pensavo toccassero così gli animi di tanti.
Al momento della Comunione, quanta gente, sono mancate le ostie……non so se rendo l’ idea, in un paesino dove la domenica in chiesa ci saranno si e no 20 persone, anziane, sempre le stesse……

Non è facile scrivere ciò che ho provato e provo nel ricordo di domenica.
Tanti momenti durante la celebrazione. Quando ho letto le letture e mamma  Teresa mi guardava sempre fissa, con una luminosità soprannaturale davvero. Quanti momenti di fuoco, semplici ma veri, intensi.

 

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Una ragazza, presente alla cerimonia, ha lasciato questo commento:

Ieri ad Arnasco è stata inaugurata un’ edicola votiva dedicata a Chiara Luce Badano. In questa festa bellissima ho avuto l’ onore di conoscere i genitori di Chiara. La mamma stringendomi le mani mi ha raccontato diversi aneddoti sulla vita, la malattia e la morte della sua ragazza. Non ho saputo dire molto perché le lacrime hanno iniziato a scendere ma la forza della straordinaria sig.ra Teresa mi ha dato una serenità incredibile. Non posso descrivere a parole quello che ho percepito di chi è stata Chiara Luce… perchè parole per descrivere tanta grandiosità non esistono. Porterò sempre con me questo incontro emozionante.E da stasera guarderò il cielo in modo diverso… Teresa mi ha suggerito di guardare le stelle : Chiara è la sicuramente.

 

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Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE - Aula Paolo VI Mercoledì, 11 Dicembre 2024

Ciclo di Catechesi. Lo Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza. 17. Lo Spirito e la Sposa dicono: “Vieni!”. Lo Spirito Santo e la speranza cristiana

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Siamo arrivati al termine delle nostre catechesi sullo Spirito Santo e la Chiesa. Dedichiamo quest’ultima riflessione al titolo che abbiamo dato all’intero ciclo, e cioè: “Lo Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il Popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza”. Questo titolo si riferisce a uno degli ultimi versetti della Bibbia, nel Libro dell’Apocalisse, che dice: «Lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni!”» (Ap 22,17). A chi è rivolta questa invocazione? È rivolta a Cristo risorto. Infatti, sia San Paolo (cfr 1 Cor 16,22), sia la Didaché, uno scritto dei tempi apostolici, attestano che nelle riunioni liturgiche dei primi cristiani risuonava, in aramaico, il grido “Maràna tha!”, che significa appunto “Vieni Signore!”. Una preghiera al Cristo perché venga.

In quella fase più antica l’invocazione aveva uno sfondo che oggi diremmo escatologico. Esprimeva, infatti, l’ardente attesa del ritorno glorioso del Signore. E tale grido e l’attesa che esso esprime non si sono mai spenti nella Chiesa. Ancora oggi, nella Messa, subito dopo la consacrazione, essa proclama la morte e la risurrezione del Cristo “nell’attesa della sua venuta”. La Chiesa è in attesa della venuta del Signore.

Ma questa attesa della venuta ultima di Cristo non è rimasta l’unica e la sola. Ad essa si è unita anche l’attesa della sua venuta continua nella situazione presente e pellegrinante della Chiesa. Ed è a questa venuta che pensa soprattutto la Chiesa, quando, animata dallo Spirito Santo, grida a Gesù: “Vieni!”.

È avvenuto un cambiamento – meglio, uno sviluppo – pieno di significato, a proposito del grido “Vieni!”, “Vieni, Signore!”. Esso non è abitualmente rivolto solo a Cristo, ma anche allo Spirito Santo stesso! Colui che grida è ora anche Colui al quale si grida. “Vieni!” è l’invocazione con cui iniziano quasi tutti gli inni e le preghiere della Chiesa rivolti allo Spirito Santo: «Vieni, o Spirito creatore», diciamo nel Veni Creator, e «Vieni, Spirito Santo», «Veni Sancte Spiritus», nella sequenza di Pentecoste; e così in tante altre preghiere. È giusto che sia così, perché, dopo la Risurrezione, lo Spirito Santo è il vero “alter ego” di Cristo, Colui che ne fa le veci, che lo rende presente e operante nella Chiesa. È Lui che “annuncia le cose future” (cfr Gv 16,13) e le fa desiderare e attendere. Ecco perché Cristo e lo Spirito sono inseparabili, anche nell’economia della salvezza.

Lo Spirito Santo è la sorgente sempre zampillante della speranza cristiana. San Paolo ci ha lasciato queste preziose parole: «Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo» (Rm 15,13). Se la Chiesa è una barca, lo Spirito Santo è la vela che la spinge e la fa avanzare nel mare della storia, oggi come in passato!

Speranza non è una parola vuota, o un nostro vago desiderio che le cose vadano per il meglio: la speranza è una certezza, perché è fondata sulla fedeltà di Dio alle sue promesse. E per questo si chiama virtù teologale: perché è infusa da Dio e ha Dio per garante. Non è una virtù passiva, che si limita ad attendere che le cose succedano. È una virtù sommamente attiva che aiuta a farle succedere. Qualcuno, che ha lottato per la liberazione dei poveri, ha scritto queste parole: «Lo Spirito Santo è all’origine del grido dei poveri. È la forza data a quelli che non hanno forza. Egli guida la lotta per l’emancipazione e per la piena realizzazione del popolo degli oppressi» [1].

Il cristiano non può accontentarsi di avere speranza; deve anche irradiare speranza, essere seminatore di speranza. È il dono più bello che la Chiesa può fare all’umanità intera, soprattutto nei momenti in cui tutto sembra spingere ad ammainare le vele.

L’apostolo Pietro esortava i primi cristiani con queste parole: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi». Ma aggiungeva una raccomandazione: «Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto» (1 Pt 3,15-16). E questo perché non sarà tanto la forza degli argomenti a convincere le persone, quanto l’amore che in essi sapremo mettere. Questa è la prima e più efficace forma di evangelizzazione. Ed è aperta a tutti!

Cari fratelli e sorelle, che lo Spirito ci aiuti sempre, sempre ad “abbondare nella speranza in virtù dello Spirito Santo”!

[1] J. Comblin, Spirito Santo e liberazione, Assisi 1989, 236.

Papa Francesco