Venerdì 8 Novembre 2024
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Africa di ieri e di oggi


Padre Cipriano Vigo: 61 anni di missione in Centrafrica!

A 50 anni dalla fondazione di Ngaoundaye - Rep. Centrafricana

 

Sabato e domenica 6 giugno sono andato a Bocaranga per un'occasione speciale. P.Cipriano Vigo, cappuccino, festeggiava 61 anni di missione in Centrafrica! È arrivato qui nel 1960, quando il Centrafrica nasceva, con l'indipendenza appena conquistata. Ha lavorato molto, e continua ancora a lavorare!

 

Il viaggio (210 km da Baoro) è andato bene. Ma la tensione resta alta. In un punto era anche segnalata una mina… Ma la gioia di stare vicino a un confratello fa dimenticare molte cose!

 

In questo fine settimana mi sono dedicato ai villaggi più lontani. Sono partito giovedì mattina, e sono rientrato domenica pomeriggio. Mi sono dedicato soprattutto alla preparazione dei battesimi nei villaggi di Yoro, Bayanga Didi e Sinaforo. Ma c'è stato il tempo anche per riparare una pompa, visitare e consigliare qualche malato, e il tutto su strade piuttosto impercorribili…

 

Domenica mattina sono partito verso le 6.30 da Yoro per Sinaforo (una buona mezz'ora, per 7 km). Qui la chiesetta è una tettoia coperta da alcune lamiere (ricavate da bidoni di benzina). Proprio mentre sto per iniziare la Messa, è iniziata la pioggia. Per fortuna, nella cappella, pioveva poco!

 

Ma è stata una liturgia molto molto bella. Abbiamo celebrato 9 battesimi, 2 prime comunioni e un matrimonio. Nonostante la pioggia, c'era molta festa in quella capanna!

 

Sono poi ripartito verso le 13, e temevo di non riuscire ad arrivare, proprio a causa delle condizioni della strada.

 

Alle 15 sono finalmente arrivato a Baoro.

Dove il silenzio stampa continua, e continuerà ancora per qualche giorno (o qualche settimana!)

 Aurelio Gazzera

 

L’Ex riassume la storia di Ngaoundaye … seguendo i suoi ricordi  

 

Nel 1961 il superiore della missione P. Ernesto Rebagliati ed io, l’Ex, con una vettura Renault 1400 guidata da p. Giusto Burla, abbiamo lasciato Bocaranga per fare una visita al nord, verso Ngaoundaye e Mann,  vedere il paesaggio e conoscere la gente, in modo da farci un’idea generale. P. Ernesto, lasciando Kunang per discendere verso la piana del corso d’acqua LIM, passando a zig-zag attraverso i Monti Bakore, la cui cima più alta è il Monte Panà,  era sempre più affascinato dai villaggi lungo la strada, che gli ricordavano Fiambiro in Etiopia, dove i villaggi erano immersi tra le piantagioni di mais e di miglio, cosa che, al contrario, non si osservava a Bocaranga e dintorni. Perciò Ernesto perciò giudicò questa popolazione molto lavoratrice e portata ai lavori agricoli. Avendo fatto sosta a Ngaoundaye, il superiore manifestò il suo pensiero a p.Giusto che sedeva al volante, accanto a lui, mentre io stavo dietro e ascoltavo le loro parole. Una frase in particolare irritò p. Giusto: “Tu dovresti venire ad abitare qui e mettere su una nuova Missione …”. La risposta non tardò a venire: “Io non so bene il sango e non me la sento …”. Silenzio … Proseguimmo il cammino per qualche decina di km fino a Mann. Anche questo grosso centro urbano era immerso tra le piantagioni di mais e di miglio. In una sosta prolungata, dissi a p. Ernesto di aver ascoltato la proposta che aveva fatto a p. Giusto; e mi offrii di andare a Ngaoundaye  con un compagno, per organizzare una nuova Missione. P. Ernesto mi ringraziò. Con p. Cipriano iniziai i preparativi per andare a Ngaoundaye.

 

Ma il mio rientro in Italia per le vacanze era prossimo; ed ero impegnato nella realizzazione di un grande sogno: preparare una “band” formata da 4 danzatori (i catechisti sposati GANGBORO, KOANE, GASTON e WIKANGUELE) e da un ragazzo di dieci anni, SARA Giuseppe …  Trascorsi un mese occupato a radunare il necessario per le varie danze locali dei Panà … I quattro adulti sarebbero venuti con l’aereo da Bangui a Nizza, mentre io sarei partito dal porto di Douala, nel Cameroun, con un grosso camion carico di casse per le danze dei 4 danzatori/catechisti, e avrei portato con me il ragazzo.  Saremmo sbarcati a Marsiglia e quindici giorni dopo da Genova sarei andato a ricevere la “Banda” all’aeroporto di Nizza. Pensato, detto e fatto … 

 

Nei sedici giorni di viaggio in mare ebbi del tempo a mia disposizione per preparare il piano per la fondazione della nuova Missione. Perciò, terminato il periodo delle vacanze in patria, dopo qualche giorno trascorso a Bocaranga, p. Carlos RAFFO mi condusse, con il grosso camion Ford canadese, a Ngaoundaye, portando con me gli indumenti personali e le tavole, il cemento e gli utensili necessari per le costruzioni. Dopo 4-5 ore di viaggio sui monti Panà, eccoci alla meta. Scaricato tutto nella Casetta/ex-bottega CATTIN, lo stesso giorno Carlos ripartì per Bocaranga. Cipriano sarebbe arrivato qualche giorno dopo, con la Renault 1400 assegnata alla nostra missione.

 

Che fare? Subito, venuto a conoscenza che nel centro del villaggio c’era in vendita una vecchia bottega  di CATTIN, commercianti portoghesi che da poco avevano chiuso i battenti, l’abbiamo comprata per 10.000 cfa = 30.000 lire di allora (= 15 euro attuali!). Ed è stato proprio qui il nostro “inizio”. La casetta di circa 4 m. X 8 era in legno, ricoperta di lamiere zincate, e quindi era un ottimo affare! P. Ernesto decise che io mi sarei stabilito nel centro, per la formazione dei catechisti e il ministero apostolico tra i Bum del Canton di Mann /Laolinga e dintorni. P. Cipriano era incaricato di tutto il resto: del Canton di Nzakundu /LAERE, dei Panà/Pondo di Kounang, dei Karré di Kompara (SIKUM) e di parte dei villaggi verso le cascate di Lancrenon che appartenevano al Canton di DEGAULLE. Così l’avventura tra i Panà di NGAOUNDAYE è cominciata.

 

Ma per la nuova Missione avevamo bisogno di un ampio spazio, al margine del villaggio; infatti, dovevamo prenderci cura della formazione dei catechisti di tutta la futura diocesi. Occorreva un piccolo villaggio di 20/35 casette. E poi bisognava costruire la Chiesa e la casa/dimora definitiva dei missionari. I primi giorni, da solo in attesa dell’arrivo di Cipriano, ebbi la possibilità di dare un ampio colpo d’occhio, da vero “stratega”.

 

Innanzi tutto dovevo procurarmi la casa che fungeva da Municipio. Si trovava un po’ appartata;  misurava metri 3X6 metri ed era coperta in lamiere di zinco. A ovest e a sud non c’erano abitazioni, ma in gran parte semplice boscaglia. Era l’ideale! Avrei dovuto parlare con il sindaco PUN-ILE, il grande capo dei Panà! Era il secondo giorno dal mio arrivo in loco e andai a far visita al Sindaco nel suo municipio, ove si trovava con la sua guardia del corpo, Gaston SAPU, e il suo segretario JEAN. Gli dissi che, con la venuta della Missione Cattolica, il Villaggio avrebbe acquistato importanza e sarebbe divenuto un grosso centro; per questo avevo bisogno della sua autorizzazione a utilizzare un terreno ampio per varie attività, specie per il villaggio dei catechisti in formazione, che sarebbero stati scelti nei numerosi Canton di Bocaranga … per cui tutti avrebbero “invidiato” il sindaco di Ngaoundaye … Gli avanzai la proposta di costruire un nuovo Municipio in cambio di quello attuale. Proposta che subito accettò, sapendo bene che con l’Amministratore Coloniale di Bocaranga noi missionari eravamo in buoni rapporti e che ogni difficoltà per le costruzioni l’avremmo appianata facilmente …

 

E’ bastato il suo “sì” per … “mettere in azione” il sottoscritto, che immediatamente si è dato da fare per la realizzazione del nuovo municipio, situato nel centro del villaggio e leggermente più ampio. Ci vollero dieci giorni per la costruzione, che venne inaugurata con un buon bicchiere di birra locale di miglio!

 

Finalmente, arrivato Cipriano, ci siamo trasferiti dalla bottega/CATTIN al vecchio/Municipio. Eravamo a casa nostra e la Chiesa Cattolica poteva avere una sede! Le due camerette dell’ex Municipio erano piccole ma sufficienti per noi, per la nostra privacy; poco distante il water, a forma di “sedia gestatoria”…  In una cameretta era appesa al muro una “scicotte” = sorte di staffile fatto di brandelli di pelle di ippopotamo …

 

In attesa di costruire la casa definitiva, il mio compagno Cipriano visitava la sua ampia zona di “brousse”, per varie centinaia di km, verso Nzakondu, Kunang, Kompara e “piste” secondarie. Il sottoscritto invece cercava di comprare e mettere da parte tanti blocchetti di argilla seccati al sole, per costruire la chiesina di 5m.X 7, con tre finestre ovali; il tetto fu fatto in una giornata sola, avendo utilizzato la paglia “imperata” già pronta, legata assieme (si chiamava “nonongo”= pronta ad essere stesa sul tetto fatto di “bacchette” attaccate con le liane). In questa chiesetta ogni sera i catecumeni si radunavano per  il catechismo.

 

Nel frattempo avevo notato che tra la chiesina provvisoria e il vecchio municipio esisteva una bella e grande termitiera (residenza delle formiche bianche denominate “termiti”), segno evidente che nel sottosuolo c’era acqua in abbondanza. Chiamai subito un uomo pratico a scavare pozzi per l’acqua necessaria al nostro servizio; l’acqua potabile era ad una decina di metri di profondità.  Poco distante dal pozzo in due giorni feci la fossa per la vettura, per cui all’occasione la nostra Renault 1400 si poteva aggiustare. A pochi metri dalla fossa per la vettura fu costruita una casetta per gli utensili necessari al lavoro meccanico, sotto la direzione di Cipriano, che aveva sempre con sé il giovane GUM Alberto. Ben presto egli imparò il mestiere di meccanico e in poco tempo si fece una fama “universale”! In seguito Alberto sposò AVUNA Jeanne, che in una decina di anni gli diede sei figlie … per cui un giorno piangendo e lamentandosi venne a dirmi di difenderla presso Alberto perché se nascevano solo figlie … non era colpa sua … Infine arrivò anche il maschio!

 

Quando cominciai la costruzione della Chiesa dedicata all‘IMMACOLATA CONCEZIONE, il Superiore mi scrisse una lettera: “ Mi sembra che il piano della Chiesa sia molto difficile da essere realizzato, ed io come superiore dovrei esserne il garante di fronte al Vescovo e all’Amministratore Coloniale … Se la costruzione cedesse per il peso … sarebbe un bel fallimento e cosa direbbero i nostri superiori ecclesiastici e civili?”. Risposi che mi sarei impegnato in quel lavoro e, proprio perché era arduo, vi avrei dedicato tutte le mie energie … P. Ernesto mi rispose: “Se te la senti, sono d’accordo; però desidero che tu presenti il tuo piano a un ingegnere e che lo faccia firmare da lui! Allora avrai la mia autorizzazione ai lavori”.

 

Con Cipriano ne abbiamo parlato a lungo e finalmente abbiamo preso la decisione di recarci nel vicino Ciad, a KELO, nella Missione Cattolica tenuta dai Cappuccini canadesi, dove abitava un volontario di professione “ingegnere”!

 

Ed eccoci in viaggio. Ma ad una ventina di km da NGAOUNDAYE il ponte sul grosso torrente MINI, già in Ciad, non c’era più! L’unica cosa da fare fu passare lentamente a guado, con circa 60/80 centimetri di acqua, e mettere l’argano che sempre portavamo nella vettura, attaccandolo ad un tronco d’albero dall’altra parte della riva, e far avanzare la vettura con una leva. Dopo un’oretta di lavoro, rieccoci sulla strada sterrata per riprendere il cammino verso nord. In due o tre ore siamo arrivati a MOUNDOU. Qui abbiamo pensato di rivolgerci al meccanico dell’Amministrazione, per cercare un ingegnere e vedere assieme la nostra costruzione:  per un sacchetto di cemento quante carrette di sabbia occorrono; e per le colonne e i “linteaux” quale ferro e di quale misura metterlo … Lui (l’ingegnere) parlava ed io dicevo sempre di sì con la testa … Per l’ingegnere la costruzione si poteva fare facilmente e ci ha dato qualche consiglio. 

 

Più fiduciosi siamo ripartiti per la Missione Cattolica di Kelo, per incontrare l’ingegnere che cercavamo. Avendo presentato il piano, questi lo ha subito confermato e di cuore lo ha firmato  -  manu propria  - . Al ritorno abbiamo di nuovo passato a guado il torrente MINI … e finalmente con un ouff siamo arrivati sulla strada maestra.

 

Dopo un sonno ristoratore, il mattino seguente con la prima occasione ho inviato lo scritto firmato dall’ingegnere canadese al mio superiore che mi ha risposto … non troppo convinto: “Se proprio è così come mi scrivi … inizia pure la costruzione”.

 

Immediatamente mi sono messo al lavoro e in poco più di cinque mesi la Chiesa è stata terminata e inaugurata il 17 marzo 1965.  Mi sembra che questa festa del 50° sia un miracolo di  sussistenza … Infatti la chiesa si trova su una collina in bella vista, ma esposta al vento e alle forti piogge. Se ha resistito per cinquant’anni agli elementi scatenati … resisterà ancora per un bel po’ di tempo!

 

Il primo lavoro da fare da un’équipe di manovali è stato quello di preparare una grande quantità di blocchetti di cemento “bucati”, per farvi entrare i ferri di sostegno; avendo trovato in una lontana Missione una macchina a mano di marca “ROSA COMETA” me la feci inviare. Subito il lavoro non riuscì dato che erano necessari supporti in ghisa e non in legno come mettevamo noi, poiché il cemento fresco li faceva piegare e tutto cadeva … Solo in occasione del mio viaggio in patria nel 1964, a Milano, in un viottolo dietro il DUOMO, ho potuto trovare la “ROSA COMETA” e così comprare una macchina con tanti supporti in ghisa.

 

Abbiamo dovuto attendere sei mesi per preparare i blocchetti, che nel mio piano dovevano essere alcuni ricurvi, chiamati “bul” (per intendermela con i manovali), altri frastagliati, chiamati “Kaiman”, altri ancora lisci, “polelele = lisci” … La Chiesa ha la sua originalità nel mettere assieme iquesti tre segni differenti. L’équipe dei tre manovali faceva una cinquantina di blocchetti al giorno. Il giorno dopo venivano tolti dal loro supporto e messi vicino all’acqua del fiume perché prendessero consistenza.

 

Aggiungo confidenzialmente che, se per la mia santificazione avessi messo tutta la testardaggine che ho impiegato nella costruzione della Chiesa dell’Immacolata Concezione di NGAOUNDAYE, a quest’ora sarei beato! 

 

L’Ex

 

 



 

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Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE Piazza San Pietro - Mercoledì, 30 Ottobre 2024

Ciclo di Catechesi. Lo Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza. 11. “Ci ha conferito l’unzione e ci ha impresso il sigillo”. La Cresima, sacramento dello Spirito Santo

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi proseguiamo la riflessione sulla presenza e l’azione dello Spirito Santo nella vita della Chiesa mediante i Sacramenti.

L’azione santificatrice dello Spirito Santo giunge a noi anzitutto attraverso due canali: la Parola di Dio e i Sacramenti. E tra tutti i Sacramenti, ce n’è uno che è, per antonomasia, il Sacramento dello Spirito Santo, ed è su di esso che vorrei soffermarmi oggi. Si tratta del Sacramento della Cresima o della Confermazione.

Nel Nuovo Testamento, oltre il battesimo con l’acqua, si trova menzionato un altro rito, quello della imposizione delle mani, che ha lo scopo di comunicare visibilmente e in modo carismatico lo Spirito Santo, con effetti analoghi a quelli prodotti sugli Apostoli a Pentecoste. Gli Atti degli Apostoli riferiscono un episodio significativo a questo riguardo. Avendo saputo che in Samaria alcuni avevano accolto la parola di Dio, da Gerusalemme inviarono Pietro e Giovanni. «Essi scesero – dice il testo – e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora disceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo» (8,14-17).

A ciò si aggiunge quello che San Paolo scrive nella Seconda Lettera ai Corinzi: «È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo e ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori» (1,21-22). La caparra dello Spirito. Il tema dello Spirito Santo come “sigillo regale” con cui Cristo contrassegna le sue pecorelle è alla base della dottrina del “carattere indelebile” conferito da questo rito.

Con il passare del tempo, il rito dell’unzione si configurò come Sacramento a sé stante, assumendo forme e contenuti diversi nelle varie epoche e nei diversi riti della Chiesa. Non è qui il luogo per ripercorrere questa storia assai complessa. Quello che il Sacramento della Cresima è nella comprensione della Chiesa, mi sembra descritto, in modo semplice e chiaro, dal Catechismo degli adulti della Conferenza Episcopale Italiana. Esso dice così: «La confermazione è per ogni fedele ciò che per tutta la Chiesa è stata la Pentecoste. […] Essa rafforza l’incorporazione battesimale a Cristo e alla Chiesa e la consacrazione alla missione profetica, regale e sacerdotale. Comunica l’abbondanza dei doni dello Spirito [...]. Se dunque il battesimo è il sacramento della nascita, la cresima è il sacramento della crescita. Per ciò è anche il sacramento della testimonianza, perché questa è strettamente legata alla maturità dell’esistenza cristiana». [1]

Il problema è come fare perché il Sacramento della Cresima non si riduca, in pratica, a una “estrema unzione”, cioè al sacramento della “dipartita” dalla Chiesa. Si dice che è il “sacramento dell’addio”, perché una volta che i giovani la fanno se ne vanno, e torneranno poi per il matrimonio. Così dice la gente. Ma dobbiamo far sì che sia il sacramento dell’inizio di una partecipazione attiva alla vita della Chiesa. È un traguardo che ci può sembrare impossibile vista la situazione in atto un po’ in tutta la Chiesa, ma non per questo dobbiamo smettere di perseguirlo. Non sarà così per tutti i cresimandi, ragazzi o adulti, ma è importante che lo sia almeno per alcuni che poi saranno gli animatori della comunità.

Può servire, a questo scopo, farsi aiutare, nella preparazione al Sacramento, da fedeli laici che hanno avuto un incontro personale con Cristo e hanno fatto una vera esperienza dello Spirito. Alcune persone dicono di averla vissuta come uno sbocciare in loro del Sacramento della Cresima ricevuto da ragazzi.

Ma questo non riguarda solo i futuri cresimandi; riguarda tutti noi e in ogni momento. Insieme con la confermazione e l’unzione, abbiamo ricevuto, ci ha assicurato l’Apostolo, anche la caparra dello Spirito che altrove chiama “le primizie dello Spirito” (Rm 8,23). Dobbiamo “spendere” questa caparra, gustare queste primizie, non seppellire sotto terra i carismi e i talenti ricevuti.

San Paolo esortava il discepolo Timoteo a «ravvivare il dono di Dio, ricevuto mediante l’imposizione delle mani» (2 Tm 1,6), e il verbo usato suggerisce l’immagine di chi soffia sul fuoco per ravvivarne la fiamma. Ecco un bel traguardo per l’anno giubilare! Rimuovere la cenere dell’abitudine e del disimpegno, diventare, come i tedofori alle Olimpiadi, portatori della fiamma dello Spirito. Che lo Spirito ci aiuti a muovere qualche passo in questa direzione!

[1] La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti. Libreria Editrice Vaticana 1995, p. 324.

Papa Francesco