Martedì 24 Dicembre 2024

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A tu per tu


Tutta una vita per la vita degli altri

Ogni sospensione è sostenuta e assicurata al "chiodo" che Gesù, abbandonato e risorto, ha fissato in cielo per me e per te

Dicembre 2, 2015

 
 
 

“Tutta una vita per la vita, per la vita degli altri”. È la definizione dei missionari e delle missionarie, nell’omaggio che il Papa ha tributato loro al termine della catechesi dell’udienza generale di oggi pronunciato interamente a braccio. I missionari e le missionarie, ha esordito Francesco, sonno “uomini e donne che hanno lasciato tutto: la patria, da giovani e sono andati là, in uyna vita di tanto, tanto lavoro”. “A Bangui – ha raccontato ai fedeli – ho trovato una suora. Era italiana, si vedeva che era anziana. ‘Quanti anni hai?’, ’81’. ‘Non tanto, due più di me’. Era con una bambina, e la bambina in italiano gli diceva nonna. 81 anni, era là da quando aveva 23-24 anni: tutta la vita, e come lei tante e tanti missionari. ‘Ma io non sooi di qua, sono del Paese viccino, il Congo: sono venuta in canoa con questa bambina’”. “Così sono i missionari, coraggiosi”, ha commentato il Papa: “Cosa fa, suora? Sono infermiera, ho studiato un po’ e sono diventa ostetrica, ho fatto nascere più di 3.200 bambini”. “È bello vedere questo!”, ha esclamato Francesco: “Come questa suora, tanti preti, religiosi, religiose, che bruciano la vita per annunciare Cristo”.

FONTE – SIR

 

 

 

Due viti a espansione abbastanza robuste, inserite con il trapano nella roccia, sono capaci di reggere più di una tonnellata.

Abbiamo costruito –racconta Hermes - un'autostrada di corda lungo tutta la parete rocciosa.

Alla fine del giorno, stremati, abbiamo montato le tende pensili "Portaledge", che sarebbero state la nostra casa fino alla fine dell'impresa. Per quanta paura possa fare la sola idea di dormire in parete, io ero felicissimo di arrampicare.

Chiusa la cerniera, la mia fantasia mi conduceva nel mio letto e a casa mia.Non pensi più di essere attaccato a una corda, non vedi più il chiodo e l’abisso che si spalanca sotto di te, a milleduecento metri a strapiombo sul mare.

 

Ho confidato a Hermes che tutta la mia vita,come la sua, è comunque quasi un dormire in parete. E’ attaccata ad un chiodo, sospesa ad un filo…Ma ho fugato ogni paura e ho assicurato la mia vita appena ho capito che proprio in quel vuoto, in quello strapiombo sta la mia salvezza.

 

Ho capito la frase di Rahner: “La fede è un invito alla follia: trovare il proprio fondamento fuori di sé. La propria sicurezza nell’affidarsi all’ineffabile affidabile”.

Quella precarietà contiene tutta la mia sicurezza perché genera in me una fiducia tale che riempie ogni abisso, tanto da renderlo più saldo della roccia.

 

Ogni sospensione è sostenuta e assicurata al “chiodo” che Gesù, abbandonato e risorto, ha fissato in cielo per me e per te. Ci invita alla fiducia e ci ripete: “la tua fede è il chiodo che ti salva”.

 

p. Andrea



 

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Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE - Aula Paolo VI Mercoledì, 18 Dicembre 2024

Ciclo – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. I. L’infanzia di Gesù. 1. Genealogia di Gesù (Mt 1,1-17). L’ingresso del Figlio di Dio nella storia

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi iniziamo il ciclo di catechesi che si svolgerà lungo tutto l’Anno giubilare. Il tema è “Gesù Cristo nostra speranza”: è Lui, infatti, la meta del nostro pellegrinaggio, e Lui stesso è la via, il cammino da percorrere.

La prima parte tratterà l’infanzia di Gesù, che ci viene narrata dagli Evangelisti Matteo e Luca (cfr Mt 1–2; Lc 1–2). I Vangeli dell’infanzia raccontano il concepimento verginale di Gesù e la sua nascita dal grembo di Maria; richiamano le profezie messianiche che in Lui si compiono e parlano della paternità legale di Giuseppe, che innesta il Figlio di Dio sul “tronco” della dinastia davidica. Ci è presentato Gesù neonato, bambino e adolescente, sottomesso ai suoi genitori e, nello stesso tempo, consapevole di essere tutto dedito al Padre e al suo Regno. La differenza tra i due Evangelisti è che mentre Luca racconta gli eventi con gli occhi di Maria, Matteo lo fa con quelli di Giuseppe, insistendo su una paternità così inedita.

Matteo apre il suo Vangelo e l’intero canone neotestamentario con la «genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo» (Mt 1,1). Si tratta di una lista di nomi già presente nelle Scritture ebraiche, per mostrare la verità della storia e la verità della vita umana. In effetti, «la genealogia del Signore è costituita dalla storia vera, dove sono presenti alcuni nomi a dir poco problematici e si sottolinea il peccato del re Davide (cfr Mt 1,6). Tutto, comunque, finisce e fiorisce in Maria e in Cristo (cfr Mt 1,16)» (Lettera sul rinnovamento dello studio della storia della Chiesa, 21 novembre 2024). Appare poi la verità della vita umana che passa da una generazione all’altra consegnando tre cose: un nome che racchiude un’identità e una missione uniche; l’appartenenza a una famiglia e a un popolo; e infine l’adesione di fede al Dio d’Israele.

La genealogia è un genere letterario, cioè una forma adatta a veicolare un messaggio molto importante: nessuno si dà la vita da sé stesso, ma la riceve in dono da altri; in questo caso, si tratta del popolo eletto e chi eredita il deposito della fede dei padri, nel trasmettere la vita ai figli, consegna loro anche la fede in Dio.

Diversamente però dalle genealogie dell’Antico Testamento, dove appaiono solo nomi maschili, perché in Israele è il padre a imporre il nome al figlio, nella lista di Matteo tra gli antenati di Gesù compaiono anche le donne. Ne troviamo cinque: Tamar, la nuora di Giuda che, rimasta vedova, si finge prostituta per assicurare una discendenza a suo marito (cfr Gen 38); Racab, la prostituta di Gerico che permette agli esploratori ebrei di entrare nella terra promessa e conquistarla (cfr Gs 2); Rut, la moabita che, nel libro omonimo, resta fedele alla suocera, se ne prende cura e diventerà la bisnonna del re Davide; Betsabea, con cui Davide commette adulterio e, dopo aver fatto uccidere il marito, genera Salomone (cfr 2Sam 11); e infine Maria di Nazaret, sposa di Giuseppe, della casa di Davide: da lei nasce il Messia, Gesù.

Le prime quattro donne sono accomunate non dal fatto di essere peccatrici, come a volte si dice, ma di essere straniere rispetto al popolo d’Israele. Ciò che Matteo fa emergere è che, come ha scritto Benedetto XVI, «per il loro tramite entra … nella genealogia di Gesù il mondo delle genti – si rende visibile la sua missione verso ebrei e pagani» (L’infanzia di Gesù, Milano-Città del Vaticano 2012, 15).

Mentre le quattro donne precedenti sono menzionate accanto all’uomo che è nato da loro o a colui che l’ha generato, Maria, invece, acquista particolare risalto: segna un nuovo inizio, è lei stessa un nuovo inizio, perché nella sua vicenda non è più la creatura umana protagonista della generazione, ma Dio stesso. Lo si vede bene dal verbo «è nato»: «Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo» (Mt 1,16). Gesù è figlio di Davide, innestato da Giuseppe in quella dinastia e destinato ad essere il Messia d’Israele, ma è anche figlio di Abramo e di donne straniere, destinato quindi ad essere la «Luce delle genti» (cfr Lc 2,32) e il «Salvatore del mondo» (Gv 4,42).

Il Figlio di Dio, consacrato al Padre con la missione di rivelare il suo volto (cfr Gv 1,18; Gv 14,9), entra nel mondo come tutti i figli dell’uomo, tanto che a Nazaret sarà chiamato «figlio di Giuseppe» (Gv 6,42) o «figlio del falegname» (Mt 13,55). Vero Dio e vero uomo.

Fratelli e sorelle, risvegliamo in noi la memoria grata nei confronti dei nostri antenati. E soprattutto rendiamo grazie a Dio, che, mediante la madre Chiesa, ci ha generati alla vita eterna, la vita di Gesù, nostra speranza.

Papa Francesco