Martedì 16 Dicembre 2025


Buon Natale!
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Africa di ieri e di oggi


Prendersi cura del mondo

Cantieri aperti e cantieri che chiudono

Fine maggio

Eccoci alla fine di maggio (di già?!?!).

Mercoledì ho festeggiato il compleanno, e anche l’anniversario di ordinazione. 58 anni, di cui la metà passata in questa bella parte del mondo, che è il Centrafrica.
In questi giorni siamo molto presi con la prevenzione e la preparazione per cercare di contrastare l’epidemia di Coronavirus, che ha già contagiato 755 persone, qui in Centrafrica.
Grazie a Dio, la generosità di tante persone e di tanti paesi è molto grande. Tra Conferenza Episcopale Italiana e Caritas Italiana, CRS (Caritas degli Stati Uniti), e paesi vari (Inghilterra, Olanda, Germania, Irlanda), organismi e fondazioni, stiamo lavorando molto per sensibilizzare le città e piccoli villaggi, e per comperare materiale di protezione per il personale, sistemi per lavare le mani, e materiale per la cura degli ammalati.
Questa mattina, 28 maggio, sono partito alle 4 da Baoro, proprio per organizzare gli acquisti e la preparazione di questi progetti.
Arrivando a Bangui, dopo 400 km di strada, siamo stati fermati ad una barriera: e qui ci hanno misurato la temperatura, e fatto il tampone per il depistaggio del coronavirus. Il tutto fatto in modo molto serio e professionale.
 

25 anni (e un po’ di più)

Giovedì 20 maggio, qui in Centrafrica, si è celebrata la festa dell’Ascensione. E nel pieno di una pioggia fortissima, ho celebrato la Messa, questa mattina, con meno di una decina di persone. Ma siamo ormai in stagione delle piogge, e il temporale ha scoraggiato un po’ i cristiani.
I lavori di costruzione della cappella di Bokongo proseguono, e speriamo di poter mettere presto il tetto, e finire i lavori entro un mese o due.
Il coronavirus, in Centrafrica, continua ad aumentare seriamente. Da 260 casi la settimana scorsa, siamo giunti a 436 oggi.
 
Ma lunedì ho ricevuto una bella notizia. Anzi, 4! La chiesa italiana, grazie all’8 x mille, ha destinato dei fondi per l’emergenza covid19 in Africa. Abbiamo presentato 4 progetti alla Caritas Italiana, per aiutare gli ospedali di Ndim, Niem, Maigaro e Wantigera, e sono stati tutti accettati. Con questo aiuto possiamo comprare mascherine, tute, guanti per la protezione, ma anche attrezzature per le analisi e per le cure.
 
E ieri, mercoledì 19 maggio, p.Norberto Pozzi celebrava 25 anni di sacerdozio. Abbiamo potuto, nonostante tutto, fargli un po’ di festa. Sono venuti alcuni confratelli dalle altre comunità, facendo molta attenzione e con molte precauzioni. Alle 10.30 abbiamo celebrato la Messa, presieduta dal Mgr.Mirek Gucwa, il vescovo di Bouar: una bella occasione per ringraziare Dio per il dono del sacerdozio, ma anche per ringraziare p.Norberto per la sua fedeltà e il suo lavoro.
 
P.Norberto, di Lecco, è venuto in Centrafrica come volontario, nel 1980. Geometra, costruttore, ma anche meccanico e gran lavoratore, ha poi preso la strada del Carmelo, e nel 1995 è diventato sacerdote, lavorando soprattutto nei villaggi intorno a Bozoum.
 

 

La vita prosegue, a ritmi un po’ diversi, a causa del Coronavirus. In Centrafrica i casi sono saliti a oltre 250 (da 119 una settimana fa). La paura si fa un po’ più palpabile (anche se le attività gli spostamenti, le feste e riunioni si avvicendano, sfidando spesso le regole di distanze e di igiene).

In questi giorni, come Caritas, siamo riusciti a comprare dei termometri ad infrarossi, che abbiamo messo a disposizione di alcuni ospedali e dispensari. E domani lanciamo un ordine di 6.000 maschere, che saranno fabbricate localmente, e daranno sicurezza e lavoro.

In parrocchia, pur non potendo fare le celebrazioni dei Battesimi e sacramenti, continuiamo con gli esami di catechismo.

La grande notizia è la partenza delle ditte cinesi da Bozoum!

Da alcuni giorni si sussegue il passaggio di camion carichi di ruspe e scavatrici, che lasciano Bozoum soprattutto in direzione sud (probabilmente verso Yaloke e Bambari).

Lasciano, purtroppo, un disastro! Anzi: parecchi disastri:

·         L’inquinamento del fiume, e delle falde della zona con il mercurio (che rimarrà per decenni nell’acqua, nella terra, nella vegetazione, e in tutta la catena alimentare)

·         Un fiume disastrato, con mucchi di ghiaia e terra, e pozze d’acqua profonde: la settimana scorsa 7 persone vi sono annegate!

·         Una scia di malattie e malformazioni: ci sono già casi di neonati con spina bifida e macrocefalia.

·         Un corteo di violenze e soprusi, con feriti, morti e un disprezzo per ogni giustizia.

·         Un paese più povero: mentre le ditte hanno speso, in un anno, oltre 7 milioni di euro (più di 4.700.000.000 f cfa), hanno dichiarato di estrarre oro per poco più di 4.680.000 euro (3.065.000.000 di f CFA)! È strano che delle ditte vengano a lavorare in perdita! E, secondo i bilanci ufficiali dello Stato, non c’è stato nessun aumento delle entrate!

·         Una regione più povera: per colpa di autorità molto corrotte, le comunità locali non hanno avuto nessun beneficio (a parte il mercurio, l’acqua inquinata, malformazioni, violenze e ingiustizie). Le ditte cinesi avevano promesso 36 mila euro (24 milioni di f cfa) per costruire scuole e dispensari. Li hanno dati, ma solo una parte è stata usata (e non per fare le scuole, ma una tribuna per le autorità per la festa nazionale del 1° dicembre). La scuola non è mai stata costruita. Dei 2 dispensari ne è stato costruito poco meno di mezzo (e mai terminato). La ditta che ha costruito la tribuna ha ricevuto 9,5 milioni di f cfa (e 2,5 milioni sono evaporati), mentre per i due dispensari (non costruiti) sono stati spesi meno di  2 milioni cfa.
Morale della favola: alcune autorità locali hanno intascato più di 12 milioni di f cfa (circa 18.000 euro), che erano destinati a risarcire almeno in parte la popolazione locale!

 

 

Coraggio!

Il tempo passa. Ormai le scuole sono chiuse da oltre un mese, e la situazione, lentamente, tende verso il peggioramento. Ad oggi i casi di coronavirus in Centrafrica sono 119. Il governo, o almeno, una parte, sta facendo seri sforzi, aiutato dalla comunità internazionale, per verificare e seguire le persone positive e identificare quelle che potrebbero esserlo.

Gli spostamenti tra la frontiera con il Camerun e la capitale, Bangui, sono un po’ diminuiti, ma ci sono pochissimi controlli. Questa mattina, giovedì 7 maggio, sono partito da Baoro alle 5, e lungo i 400 km di strada non sono mai stato controllato nella dozzina abbondante di posti di blocco sparsi lungo la strada.
Le scuole rimangono chiuse, ma con le trasmissioni alla radio cerchiamo di continuare, almeno in parte le lezioni.
 
 La situazione è già difficile a Bangui, dove era stato allestito un reparto per il covid-19 per 13 persone. In tutta fretta se ne sta preparando un altro. Ma nel resto del paese non c’è ancora niente.
Ieri, mercoledì, sono andato a Bouar, dove abbiamo fatto una riunione con il Vescovo, Sr Marie Thérèse (responsabile della Farmacia diocesana) ed i dottori Ione Bertocchi e p.Tiziano. Aspettando le risposte alle varie domande di finanziamento che abbiamo lanciato, come Caritas stiamo preparando i nostri ospedali e centri sanitari con l’acquisto di materiale di protezione, di terapia e di medicinali.
 
È un grande cantiere… e faremo tutto il possibile.
 
 
Piano piano (yeke yeke, di dice in Sango) il coronavirus, arrivato in Centrafrica in marzo, sta crescendo.
All’inizio pochi casi, legati piuttosto a persone arrivate dall’Europa. Poi, purtroppo, sono apparsi i primi malati “locali”: persone che si sono infettate qui nel paese. Anche perché, nel frattempo, l’aeroporto di Bangui è stato chiuso. Purtroppo non sono state chiuse le frontiere con il Camerun. O meglio, sono state chiuse, ma le decisioni non sono state rispettate. E il continuo viaggiare di persone tra i due paesi (il Camerun ha ormai quasi 2.000 persone positive) ha scatenato l’inevitabile. Oggi sono stati identificati i primi casi fuori da Bangui, a Bouar, a 110 k da Bozoum!
Ad oggi i casi sono 64. Pochi, rispetto ai numeri dell’Europa. Ma tanti per un paese con una struttura sanitaria fragilissima.
 
 
In settimana sono stato a Bouar, mercoledì. In mattinata sono passato nel nostro seminario della Yolé. Qui le suore indiane seguono un dispensario, ed abbiamo visto insieme cosa fare per curare gli ammalati, senza far correre rischi a loro e al personale.
A Bouar ho anche incontrato i responsabili della Commissione Sanitaria della diocesi, con i quali abbiamo preparato un programma di sostegno di materiale e medicinali, che proprio in questi giorni abbiamo inviato alla Caritas Italiana. La CEI ha stanziato degli aiuti per l’emergenza Covid-19 in Africa, e speriamo di poter aiutare molta gente nei nostri ospedali.
 
 
Qui a Bozoum, per ora, è tutto tranquillo. Forse troppo.
La questione del virus non è presa molto sul serio, e mercati, commerci e spostamenti continuano senza troppi problemi. Per ora.
In questi giorni le ditte cinesi stanno spostando parte dei macchinari per l’estrazione dell’oro verso altri siti. In teoria avrebbero l’obbligo di ripristinare il letto del fiume com’era prima del loro arrivo. In realtà, dopo aver distrutto il fiume, lasciano praticamente tutto all’aria, con montagne di ghiaia e buche piene d’acqua. Purtroppo in questi ultimi 10 giorni, sette persone sono morte annegate!

 

È una delle prime volte, da quando sono in Centrafrica, che la situazione si capovolge così! In genere è il resto del mondo che si preoccupa per noi. In queste settimane, invece, siamo noi che ci preoccupiamo per il resto del mondo. La crisi del coronavirus sta sconvolgendo paesi e continenti, uccidendo persone, e colpendo pesantemente tantissima gente.

Mentre pensiamo alle nostre famiglie, ai nostri amici in tutto il mondo, ci rendiamo conto di quanto siamo fragili, ma anche di come siamo legati nell’avventura della vita, genti e paesi di ogni angolo di questo pianeta.
 
In Centrafrica, per ora, sembra che ci siano tre casi.
Ma la preoccupazione è grande: se il virus arriva qui, sarà una cosa gravissima! C’è un solo laboratorio dove effettuare le analisi, ed è a Bangui, la capitale. Non ci sono praticamente strutture di rianimazione, e nessuna possibilità di assistenza respiratoria. Le misure di contenimento sono molto difficili, in un paese dove non si vive in casa, ma piuttosto fuori…
 
In questi giorni non manca la preghiera, la simpatia e la convinzione di vivere un momento molto difficile. Questa mattina la Radio di Bozoum, “la Voix de Koyale” ha trasmesso l’inno italiano, in segno di solidarietà e simpatia. Qui un piccolo video:
 
La settimana scorsa abbiamo vissuto un momento di formazione, con gli altri sacerdoti della diocesi.
Lunedì sono sceso a Bangui per accompagnare Alban, un giovane belga che è stato con noi 2 mesi. Arrivati a Bangui, ci dicono che il volo AirFrance, previsto in pomeriggio, è annullato! Riusciamo a trovare un posto l’indomani, martedì: partenza verso Douala, in Camerun, e la speranza di partire per Parigi o Bruxelles la sera. Martedì mattina, alle 5, sembra che il volo per Bruxelles sia stato annullato. Ma poi riappare nella programmazione, e Alban parte. A Douala, dove deve passare tutta la giornata, riesco a trovare un amico che lo accoglie, e la sera lo riporta in aeroporto.
 
Finalmente, con un paio di ore di ritardo, riesce a partire verso l’Europa.
E nel frattempo io rientro a Bozoum, passando da Baoro e Bouar. Sono quasi 600 km, e alla fine trovo anche due mucche che hanno deciso di sedersi su un ponte, e non c’è verso di farle alzare e spostarsi finchè non si decidono loro, dopo una ventina di minuti.
E vado avanti piano piano, fino a casa. Come tutti.
 
Coraggio!
Anche se turbata dal coronavirus, la vita va comunque avanti!
Domenica 15 marzo celebriamo il matrimonio di Jean Louis e Natasha, consapevoli che il virus, presto, verrà a sconvolgere anche le nostre vite. Preghiamo per tutti i paesi colpiti, per i malati, i morti e le loro famiglie, e per tutti quelli che curano, servono, soffrono e amano in questo tempo difficile.  E alla fine delle Messe che celebro, prendo tempo per spiegare cosa sta succedendo nel mondo, cos’è il virus, e cosa si può fare e cosa è bene evitare.
 
Martedì prepariamo dei bidoni, con dei rubinetti, e li posizioniamo nelle nostre scuole, perché i bambini e gli insegnanti si possano lavare le mani, prima di iniziare le lezioni, e durante la giornata. Per i bambini è un po’ un gioco, ma è molto utile iniziare da questa regola elementare di igiene.
 
Proprio in queste ore aspettiamo le decisioni del governo (che prevedono la chiusura di scuole e di riunioni e di celebrazioni).
Per ora i casi ufficiali sono solo 5, e piuttosto limitati alla capitale, Bangui. Vedremo se e, soprattutto come, evolverà la situazione.
 
Mercoledì’ e giovedì vado a Bouar, proprio per vedere cosa fare. Come Caritas, siamo molto preoccupati per quello che potrebbe succedere. In particolare per le persone più povere e deboli.
Ci stiamo preparando, pensando soprattutto agli ultimi. La settimana prossima passeremo in tutte le 12 parrocchie della diocesi (distanti, in media, tra i 70 e i 100 km) per aiutare i parroci e i vari movimenti e volontari a prepararsi al peggio.
Stiamo preparando guanti, ma anche cibo, per poter stare vicino a chi rischia di essere abbandonato (anziani, poveri, persone con handicap).
 
E ci saranno anche le mascherine. Dato che è molto difficile trovarle, le stiamo facendo con la stoffa locale. Qui le spiegazioni:

 


 

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Messaggio Cristiano
UDIENZA GIUBILARE, Piazza San Pietro, 6 Dicembre 2025

CATECHESI DEL SANTO PADRE LEONE XIV

Catechesi. 10. Sperare è partecipare – Alberto Marvelli

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Siamo da poco entrati nel periodo liturgico dell’Avvento, che ci educa all’attenzione ai segni dei tempi. Noi infatti ricordiamo la prima venuta di Gesù, il Dio con noi, per imparare a riconoscerlo ogni volta che viene e per prepararci a quando tornerà. Allora saremo per sempre insieme. Insieme con Lui, con tutti i nostri fratelli sorelle, con ogni altra creatura, in questo mondo finalmente redento: la nuova creazione.

Questa attesa non è passiva. Infatti, il Natale di Gesù ci rivela un Dio coinvolgente: Maria, Giuseppe, i pastori, Simeone, Anna, e più avanti Giovanni Battista, i discepoli e tutti coloro che incontrano il Signore sono coinvolti, sono chiamati a partecipare. È un onore grande, e che vertigine! Dio ci coinvolge nella sua storia, nei suoi sogni. Sperare, allora, è partecipare. Il motto del Giubileo, “Pellegrini di speranza”, non è uno slogan che tra un mese passerà! È un programma di vita: “pellegrini di speranza” vuol dire gente che cammina e che attende, non però con le mani in mano, ma partecipando.

Il Concilio Vaticano II ci ha insegnato a leggere i segni dei tempi: ci dice che nessuno riesce a farlo da solo, ma insieme, nella Chiesa e con tanti fratelli e sorelle, si leggono i segni dei tempi. Sono segni di Dio, di Dio che viene col suo Regno, attraverso le circostanze storiche. Dio non è fuori dal mondo, fuori da questa vita: abbiamo imparato nella prima venuta di Gesù, Dio-con-noi, a cercarlo fra le realtà della vita. Cercarlo con intelligenza, cuore e maniche rimboccate! E il Concilio ha detto che questa missione è in modo particolare dei fedeli laici, uomini e donne, perché il Dio che si è incarnato ci viene incontro nelle situazioni di ogni giorno. Nei problemi e nelle bellezze del mondo, Gesù ci aspetta e ci coinvolge, ci chiede che operiamo con Lui. Ecco perché sperare è partecipare!

Oggi vorrei ricordare un nome: quello di Alberto Marvelli, giovane italiano vissuto nella prima metà del secolo scorso. Educato in famiglia secondo il Vangelo, formatosi nell’Azione Cattolica, si laurea in ingegneria e si affaccia alla vita sociale al tempo della seconda guerra mondiale, che lui condanna fermamente. A Rimini e dintorni si impegna con tutte le forze a soccorrere i feriti, i malati, gli sfollati. Tanti lo ammirano per questa sua dedizione disinteressata e, dopo la guerra, viene eletto assessore e incaricato della commissione per gli alloggi e per la ricostruzione. Così entra nella vita politica attiva, ma proprio mentre si reca in bicicletta a un comizio viene investito da un camion militare. Aveva 28 anni. Alberto ci mostra che sperare è partecipare, che servire il Regno di Dio dà gioia anche in mezzo a grandi rischi. Il mondo diventa migliore, se noi perdiamo un po’ di sicurezza e di tranquillità per scegliere il bene. Questo è partecipare.

Chiediamoci: sto partecipando a qualche iniziativa buona, che impegna i miei talenti? Ho l’orizzonte e il respiro del Regno di Dio, quando faccio qualche servizio? Oppure lo faccio brontolando, lamentandomi che tutto va male? Il sorriso sulle labbra è il segno della grazia in noi.

Sperare è partecipare: questo è un dono che Dio ci fa. Nessuno salva il mondo da solo. E neanche Dio vuole salvarlo da solo: Lui potrebbe, ma non vuole, perché insieme è meglio. Partecipare ci fa esprimere e rende più nostro ciò che alla fine contempleremo per sempre, quando Gesù definitivamente tornerà.