A tutto campo


Thailandia: a Mae-Sot è arrivata la scuola

Da alcuni anni è nata un´amicizia che lega i bambini Karen, una delle etnie perseguitate, con i bambini di una scuola italiana.

 

13 ottobre 2015

 

Grandi campi profughi a nord della Thailandia ospitano migliaia di persone in fuga dal Myanmar.  Il commosso racconto di Luigi Butori, mediatore di questo ponte.
 

DSC_0761«È mattino molto presto, dopo una notte di pioggia, al confine (labile) tra Thailandia e Myanmar. Stiamo facendo colazione con uova sode ed un po’ di caffè. È l’inizio della nostra avventura: quattro giorni a Mae Sot, insieme ad un sacerdote che si occupa dei profughi, tra gli ultimi degli ultimi, quelli che non entrano nei campi ufficiali delle Nazioni Unite, di cui nessuno si occupa e che spesso non vengono pagati dai datori di lavoro per il loro lavoro settimanale: non hanno documenti e non possono protestare con nessuna autorità, perché nessuno li difenderà. Molti di loro sono stati per anni nella foresta e finalmente ce l’hanno fatta a venirne fuori. Stanno tra le fosse ed i muri delle fabbriche, in capanne di fortuna e sono vivi per miracolo. Di loro non si parla, ma qui si conosce questa realtà: valgono oro! Sono una forza lavoro a bassissimo costo, persone disposte a lavorare anche a poco prezzo: quanto basta per vivere. Ed è per questa ragione che Mae Sot diventerà una zona economica speciale, con la presenza di molte industrie.

 

Noi vogliamo essere qui almeno per alcuni di loro. Abbiamo iniziato un progetto per aiutare i bambini di una scuola che fino a poco tempo fa non esisteva, se non nei sogni dei bambini di Latina e dei loro compagni rifugiati a Mae Sot.

 

20151013-02Ora questa scuola esiste e si chiama ‘Goccia dopo goccia’. Un gemellaggio incredibile tra Latina ed il fango di Mae Sot: ingiustizie, malattie, soprusi, stupri e via dicendo; chi sta bene e chi ringrazia Dio d’essere vivo ogni mattina… ed ogni sera! Come uno dei bimbi della scuola. Chiedo alla sua mamma : “Come si chiama il tuo bambino?” e lei: “Chit Yin Htoo, che vuol dire Se mi ami rispondimi”. “E la data di nascita?” domando. “Forse 3 o 4 anni fa, forse 5 o 6. Era la stagione del raccolto, nel pieno dell’offensiva militare, dovevamo scappare: solo scappare”. A questo punto io mi fermo e non riesco più a scrivere, ma prego solo di non piangere di fronte a questa mamma. Com’è possibile?

 

Questo progetto è una “pazzia d’amore” che solo dei bambini potevano pensare. E l’amore è così: fa fiorire il deserto, ti fa fare cose impossibili e ti fa felice! Noi grandi seguiamo questi bimbi, con rispetto e sacro timore, direi: “I loro angeli vedono il Padre nei cieli”. Stando con “Se mi ami rispondimi”, difficilmente riesco a farlo sorridere. È schivo, riservato e solo dopo molto tempo riesco a prenderlo in braccio: 6 anni, o forse 5…nessuno lo sa di preciso; fragile e leggero che sembra una foglia. Questi occhi… cos’hanno visto? Con un filo di voce riesce a registrare un messaggio. Sembra un cristallo. Distribuiamo cibo, latte, e soprattutto pupazzetti e giochi a tutti i presenti: lanterne, poi anche vestiti che fanno felici tutti. “Non ne abbiamo per tutti, ma chiediamo un miracolo”, dico ai presenti “che riusciamo ad amarci e a preoccuparci degli altri, come di noi stessi” Gli occhi si illuminano quando vedono il pallone e le tute da calcio offerte da una Scuola calcio di Priverno (LT). Quanto amore che arriva; e questi bimbi sono felici perché sentono il ‘calore’ che c’è sotto. Quello cambia i loro occhi tristi.

 

20151013-01La scuola non ha veri muri: le lavagne un po’ rotte; i maestri, sono volontari ai quali riusciamo a dare solo 50 € al mese di stipendio; poi la rete, i gabinetti…Mi sembra d’essere in un santuario d’amore, in una cattedrale forse come la sogna anche Papa Francesco? Anni fa feci una promessa: che questa era la mia gente e che non l’avrei abbandonata, mai. Di fronte a questa scuola, a questa ‘Goccia d’amore’ nell’oceano del male che ci circonda, rinnovo quella promessa».

 

Luigi Butori

 



 

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Messaggio Cristiano
CATECHESI DEL SANTO PADRE PREPARATA PER L'UDIENZA GENERALE DEL 5 MARZO 2025

Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. I. L’infanzia di Gesù. 8. «Figlio, perché ci hai fatto questo?» (Lc 2,49). Il ritrovamento di Gesù nel Tempio


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

In quest’ultima catechesi dedicata all’infanzia di Gesù, prendiamo spunto dall’episodio in cui, a dodici anni, Egli rimase nel Tempio senza dirlo ai genitori, i quali lo cercarono ansiosamente e lo ritrovarono dopo tre giorni. Questo racconto ci presenta un dialogo molto interessante tra Maria e Gesù, che ci aiuta a riflettere sul cammino della madre di Gesù, un cammino non certo facile. Infatti Maria ha compiuto un itinerario spirituale lungo il quale è avanzata nella comprensione del mistero del suo Figlio.

Ripensiamo alle varie tappe di questo percorso. All’inizio della sua gravidanza, Maria fa visita a Elisabetta e si ferma da lei per tre mesi, fino alla nascita del piccolo Giovanni. Poi, quando è ormai al nono mese, a causa del censimento, con Giuseppe va a Betlemme, dove dà alla luce Gesù. Dopo quaranta giorni si recano a Gerusalemme per la presentazione del bambino; e quindi ogni anno ritornano in pellegrinaggio al Tempio. Ma con Gesù ancora piccolo si erano rifugiati a lungo in Egitto per proteggerlo da Erode, e solo dopo la morte del re si erano stabiliti di nuovo a Nazaret. Quando Gesù, divenuto adulto, inizia il suo ministero, Maria è presente e protagonista alle nozze di Cana; poi lo segue “a distanza”, fino all’ultimo viaggio a Gerusalemme, fino alla passione e alla morte. Dopo la Risurrezione, Maria resta a Gerusalemme, come Madre dei discepoli, sostenendo la loro fede in attesa dell’effusione dello Spirito Santo.

In tutto questo cammino, la Vergine è pellegrina di speranza, nel senso forte che diventa la “figlia del suo Figlio”, la prima sua discepola. Maria ha portato al mondo Gesù, Speranza dell’umanità: lo ha nutrito, lo ha fatto crescere, lo ha seguito lasciandosi plasmare per prima dalla Parola di Dio. In essa – come ha detto Benedetto XVI – Maria «è veramente a casa sua, ne esce e vi rientra con naturalezza. Ella parla e pensa con la Parola di Dio […]. Così si rivela, inoltre, che i suoi pensieri sono in sintonia con i pensieri di Dio, che il suo volere è un volere insieme con Dio. Essendo intimamente penetrata dalla Parola di Dio, ella può diventare madre della Parola incarnata» (Enc. Deus caritas est, 41). Questa singolare comunione con la Parola di Dio non le risparmia però la fatica di un impegnativo “apprendistato”.

L’esperienza dello smarrimento di Gesù dodicenne, durante il pellegrinaggio annuale a Gerusalemme, spaventa Maria al punto che si fa portavoce anche di Giuseppe nel riprendere il figlio: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,48). Maria e Giuseppe hanno provato il dolore dei genitori che smarriscono un figlio: credevano entrambi che Gesù fosse nella carovana dei parenti, ma non avendolo visto per un’intera giornata, incominciano la ricerca che li porterà a fare il viaggio a ritroso. Tornati al Tempio, scoprono che Colui che ai loro occhi, fino a poco prima, era un bambino da proteggere, è come cresciuto di colpo, capace ormai di coinvolgersi in discussioni sulle Scritture, reggendo il confronto con i maestri della Legge.

Di fronte al rimprovero della madre, Gesù risponde con disarmante semplicità: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49). Maria e Giuseppe non comprendono: il mistero del Dio fatto bambino supera la loro intelligenza. I genitori vogliono proteggere quel figlio preziosissimo sotto le ali del loro amore; Gesù invece vuole vivere la sua vocazione di Figlio del Padre che sta al suo servizio e vive immerso nella sua Parola.

I Racconti dell’Infanzia di Luca si chiudono, così, con le ultime parole di Maria, che ricordano la paternità di Giuseppe nei confronti di Gesù, e con le prime parole di Gesù, che riconoscono come questa paternità tragga origine da quella del Padre suo celeste, del quale riconosce il primato indiscusso.

Cari fratelli e sorelle, come Maria e Giuseppe, pieni di speranza, mettiamoci anche noi sulle tracce del Signore, che non si lascia contenere dai nostri schemi e si lascia trovare non tanto in un luogo, ma nella risposta d’amore alla tenera paternità divina, risposta d’amore che è la vita filiale.

Papa Francesco

AUDIO del 6 MARZO "Agradezco de todo corazón las oraciones que hacen por mi salud desde la Plaza, los acompaño desde acá. Que Dios los bendiga y que la Virgen los cuide. Gracias", dice in spagnolo.