Sabato 6 Dicembre 2025


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A tutto campo


Céline Dion: devo la mia vita a quel sacerdote

Nel 1967 Thérèse Dion, madre di 13 figli, si rese conto di essere nuovamente incinta. La sua famiglia era povera e numerosa e lei non voleva avere altri figli. Per questo si recò angosciata dal sacerdote in cui riponeva la propria fiducia e gli disse che stava prendendo in considerazione l’idea di abortire.

 

 Il sacerdote le rispose che non doveva porre fine a una vita che non le apparteneva, che non aveva il diritto di andare contro la natura e soprattutto che non poteva andare contro la volontà di Dio.

 

 È così che il 30 marzo 1968 è nata Celine Dion, ultima di 14 fratelli e dotata di una voce spettacolare che l’ha portata ad essere una delle più grandi stelle del panorama musicale.

 

 “Ho 13 fratelli e io sono l’ultima, l’incidente… Devo ammettere che devo la vita a quel sacerdote. Appena mia madre si è ripresa dallo sconforto, non ha perso un solo minuto ad autocommiserarsi, e mi ha amato nel modo appassionato in cui aveva amato tutti”, ha confessato la cantante in un’intervista del 2001.

 

 Céline Dion, come Beethoven, è stata concepita in circostanze sfavorevoli. Entrambi avevano molti fratelli, sono nati in un contesto povero e da una madre disperata. La nascita dei due musicisti non era desiderata, ma nel momento di massima crisi le loro madri si sono rese conto che avevano un’altra opzione e hanno deciso di portare a termine la gravidanza.

 

 Grazie a questa decisione coraggiosa, l’umanità ha potuto avvalersi di nove sinfonie, meravigliose opere artistiche composte da Beethoven, e oggi possiamo godere le bellissime canzoni interpretate da Céline Dion.



 

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CATECHESI DEL SANTO PADRE LEONE XIV

Catechesi. 10. Sperare è partecipare – Alberto Marvelli

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Siamo da poco entrati nel periodo liturgico dell’Avvento, che ci educa all’attenzione ai segni dei tempi. Noi infatti ricordiamo la prima venuta di Gesù, il Dio con noi, per imparare a riconoscerlo ogni volta che viene e per prepararci a quando tornerà. Allora saremo per sempre insieme. Insieme con Lui, con tutti i nostri fratelli sorelle, con ogni altra creatura, in questo mondo finalmente redento: la nuova creazione.

Questa attesa non è passiva. Infatti, il Natale di Gesù ci rivela un Dio coinvolgente: Maria, Giuseppe, i pastori, Simeone, Anna, e più avanti Giovanni Battista, i discepoli e tutti coloro che incontrano il Signore sono coinvolti, sono chiamati a partecipare. È un onore grande, e che vertigine! Dio ci coinvolge nella sua storia, nei suoi sogni. Sperare, allora, è partecipare. Il motto del Giubileo, “Pellegrini di speranza”, non è uno slogan che tra un mese passerà! È un programma di vita: “pellegrini di speranza” vuol dire gente che cammina e che attende, non però con le mani in mano, ma partecipando.

Il Concilio Vaticano II ci ha insegnato a leggere i segni dei tempi: ci dice che nessuno riesce a farlo da solo, ma insieme, nella Chiesa e con tanti fratelli e sorelle, si leggono i segni dei tempi. Sono segni di Dio, di Dio che viene col suo Regno, attraverso le circostanze storiche. Dio non è fuori dal mondo, fuori da questa vita: abbiamo imparato nella prima venuta di Gesù, Dio-con-noi, a cercarlo fra le realtà della vita. Cercarlo con intelligenza, cuore e maniche rimboccate! E il Concilio ha detto che questa missione è in modo particolare dei fedeli laici, uomini e donne, perché il Dio che si è incarnato ci viene incontro nelle situazioni di ogni giorno. Nei problemi e nelle bellezze del mondo, Gesù ci aspetta e ci coinvolge, ci chiede che operiamo con Lui. Ecco perché sperare è partecipare!

Oggi vorrei ricordare un nome: quello di Alberto Marvelli, giovane italiano vissuto nella prima metà del secolo scorso. Educato in famiglia secondo il Vangelo, formatosi nell’Azione Cattolica, si laurea in ingegneria e si affaccia alla vita sociale al tempo della seconda guerra mondiale, che lui condanna fermamente. A Rimini e dintorni si impegna con tutte le forze a soccorrere i feriti, i malati, gli sfollati. Tanti lo ammirano per questa sua dedizione disinteressata e, dopo la guerra, viene eletto assessore e incaricato della commissione per gli alloggi e per la ricostruzione. Così entra nella vita politica attiva, ma proprio mentre si reca in bicicletta a un comizio viene investito da un camion militare. Aveva 28 anni. Alberto ci mostra che sperare è partecipare, che servire il Regno di Dio dà gioia anche in mezzo a grandi rischi. Il mondo diventa migliore, se noi perdiamo un po’ di sicurezza e di tranquillità per scegliere il bene. Questo è partecipare.

Chiediamoci: sto partecipando a qualche iniziativa buona, che impegna i miei talenti? Ho l’orizzonte e il respiro del Regno di Dio, quando faccio qualche servizio? Oppure lo faccio brontolando, lamentandomi che tutto va male? Il sorriso sulle labbra è il segno della grazia in noi.

Sperare è partecipare: questo è un dono che Dio ci fa. Nessuno salva il mondo da solo. E neanche Dio vuole salvarlo da solo: Lui potrebbe, ma non vuole, perché insieme è meglio. Partecipare ci fa esprimere e rende più nostro ciò che alla fine contempleremo per sempre, quando Gesù definitivamente tornerà.