Chiedere l´impossibile. La storia di Pietro Schilirò
I genitori di Santa Teresa di Lisieux saranno canonizzati nel cuore del Sinodo sulla famiglia: una luce per tutte le famiglie.
Ecco la storia del miracolo riconosciuto dalla Chiesa, operato da Dio
per intercessione di Luigi e Zelia Martin.
di Mariarosaria Petti
13 ottobre 2015
11:55, 25 maggio 2002. Una manciata di secondi. Quante emozioni possono chiudersi in una frazione di tempo così piccola. L’attimo prima ripercorri nove mesi trascorsi in una compagnia speciale e il momento dopo vedi per la prima volta il tuo bambino, ma non per stringerlo tra le braccia. Il tuo piccolo, legato così indissolubilmente a te per 280 giorni, in un battito di ciglia è portato via, lontano dalla sua mamma.
Le domande si susseguono e insieme fanno capolino le inquietudini e il dolore. Cosa non è andato? Il travaglio, il parto, il taglio del cordone ombelicale e poi un rantolo soffocante.
Appesi ad un filo
Dopo qualche ora dal parto la comunicazione di un’infermiera dell’Ospedale San Gerardo dei Tintori di Monza (Milano) informa Adele e suo marito Valter che il neonato ha una grave insufficienza respiratoria. Probabilmente, ha inalato del meconio, un liquido intestinale, e deve essere sottoposto alle cure necessarie.
In questo minuscolo spazio di tempo, intercorso tra la nascita e il trasferimento al reparto di terapia intensiva neonatale, inizia la partita di Pietro, quinto arrivato della famiglia Schilirò.
Il sabato trascorre nell’attesa di notizie. Il giorno seguente i genitori vedono Pietro: è intubato, gli è stato somministrato il 100% di ossigeno per la grave difficoltà di respirazione autonoma. Il piccolo è stato sottoposto a lavaggi polmonari. I medici, inoltre, comunicano la possibilità di un eventuale trasferimento a Bergamo, per un’ossigenazione extracorporea.
D’improvviso il vocabolario dei coniugi Schilirò si colora a tinte fosche. Alle parole di gioia e di festa che avrebbero voluto condividere con il resto della famiglia, subito si sostituiscono termini medici tecnici. Adele chiede di poter accarezzare suo figlio, ma non è possibile. Il tentativo di una madre di trasferire tutto l’amore possibile in una carezza potrebbe alterare gli equilibri che le macchine tentano di stabilire per Pietro.
Passano i giorni e la battaglia del piccolo Schilirò è sempre più ardua: la situazione si aggrava. Il 3 giugno viene presa in considerazione l’opportunità di eseguire una biopsia polmonare: si tratta di un’operazione molto complicata per le condizioni precarie di Pietro, ma rappresenta l’unica strada per fare chiarezza sul suo quadro clinico. È necessario appurare se il neonato sia stato colpito da un’infezione molto grave o sia invece affetto da una malformazione congenita. I medici sperano di scongiurare la seconda ipotesi. In questo ultimo caso non ci sarebbe più niente da fare per Pietro.
Ad Adele e Valter giunge dallo staff ospedaliero la richiesta ufficiale per procedere alla biopsia polmonare.
Il battesimo
Il 3 giugno arriva una telefonata a padre Antonio Sangalli, guida spirituale dei coniugi Schilirò. I medici hanno dichiarato il piccolo in pericolo di vita. Padre Sangalli è sorpreso, stenta a crederlo. Non c’è un minuto da perdere, il rito del battesimo è fissato per la sera stessa, alle ore 20:00.
Il 4 giugno viene effettuata la biopsia sui piccoli polmoni di Pietro. Il risultato dell’esame istologico non tarda ad arrivare: “malformazione congenita maturativa del polmone”. Una diagnosi infausta che non lascia posto ad alcuna speranza. Tutto sembra giunto al termine.
Chiedere l’impossibile
Qualche ora prima della celebrazione del battesimo, padre Antonio aveva consegnato ad Adele e Valter un’immaginetta dei coniugi Martin, i genitori di Santa Teresa di Lisieux. Il religioso aveva posto nelle mani dei genitori di Pietro l’esperienza degli allora Venerabili Zelia e Luigi. Lungo il tragitto di ritorno verso il Carmelo, la guida spirituale degli Schilirò invita la famiglia a iniziare subito la novena ai Martin. I coniugi di Monza accolgono l’invito. Al rientro a casa la Fraternità ecclesiale di cui fanno parte, Comunione e Liberazione, attende tutti loro per la recita del Santo Rosario.
Quella notte il loro sguardo sulla vicenda che li ha colpiti cambia. Il giorno seguente al primario che li riceve diranno: «Noi poniamo la nostra speranza nel Signore e osiamo chiedere il miracolo. Vi chiediamo di sostenere, con la vostra professionalità, i macchinari e la tecnologia la condizione di Pietro, perché ci sia un tempo ragionevole in cui il Signore ci faccia comprendere cosa abbia deciso. Noi chiediamo il miracolo per intercessione di Zelia e Luigi Martin».
E così nella fede e nella preghiera s’instaura un dialogo profondo tra due coppie di coniugi lontane nel tempo ma vicino nello spirito.
La macchina della speranza
Il conforto che i coniugi Schilirò ricevono li ammanta e mette in moto una “macchina della speranza”: le persone che incontrano, i conoscenti, tutti vengono spronati a recitare la novena per i Martin. Un vero e proprio popolo in cammino.
La cosa giusta per Pietro
Due occhi piccoli e sgranati su una vita a cui ci si aggrappa con tutta la forza che si ha. È lo sguardo di Pietro, nella culla della terapia intensiva neonatale. Quando l’azione dei farmaci andava scemando, spalancava le palpebre per dialogare con il mondo circostante. In quegli attimi non si poteva distogliere la vista dal suo volto. Pietro non poteva fare niente. Fermo, immobile. Lo confermava anche una delle dottoressa: «Questo bambino ha uno sguardo così forte, che mi giudica in modo tale che io non posso non fare quello che devo fare». Lui c’era.
Un giorno un’altra dottoressa continuava a passare davanti alla culla di Pietro. Dalle sue movenze era chiaro che in lei ci fosse confusione. Una divisione interna tra l’umanità di chi non registrando nessuna ripresa non sa come agire e la professionalità di chi – affidandosi alla scienza – propende per la sospensione degli interventi di salvataggio della vita di Pietro.
Alla perplessità della specialista si impone la fiducia di Valter: «Stia serena, qualunque cosa decida di fare sarà la cosa giusta per Pietro». Non è la risposta che immaginava, ma è lo sprone a seguire la luce della speranza. La dottoressa interviene immediatamente per l’ennesimo drenaggio al polmone del neonato. Ancora una volta la mano della scienza segue sentieri inediti.
È un miracolo!
Nel frattempo è trascorso circa un mese dalla nascita di Pietro. È il 26 giugno e il bambino ha delle forti crisi respiratorie, che si protraggono per il giorno successivo. Il primario dell’ospedale, il dottore Paolo Tagliabue, convoca Adele e Valter. Il colloquio ha il sapore dell’epilogo. I polmoni di Pietro resistono più ai macchinari, bisogna prepararsi alla sua morte. Adele chiama tutti i conoscenti a raccolta: è necessario intensificare la preghiera. Nessun cedimento alla speranza. Il 28 giugno il quadro clinico resta grave, seppure stazionario.
Con tre giorni simili alle spalle, il timore blocca ogni passo che conduce gli Schilirò all’ospedale. Le ore di agonia di Pietro raggelano pian piano le loro flebili attese. Ormai era necessario aspirare continuamente dai polmoni del neonato: un’operazione difficile e molto dolorosa. Il 29 giugno, giorno del primo onomastico di Pietro, Adele e Valter varcano la soglia della terapia intensiva: è sabato e sono insieme per fronteggiare il peggio. Sul volto la tensione. «Perché fate quella faccia?». L’infermiera continua: «Per me oggi è già successo un miracolo!».
L’ossigeno era stato ridotto dal 100% al 70%: Pietro iniziava a dare i primi segni di voler respirare da solo. Lo shock è grande. L’emozione immensa. Tre giorni dopo Pietro viene estubato, comincia a respirare autonomamente: i suoi polmoni funzionano.
Dopo un mese, il 27 luglio, Pietro torna a casa, tra lo stupore di tutti.
Chiamati alla santità
«Quando sono nato avevo una brutta malattia e i miei genitori hanno domandato a Luigi e Zelia, che sono andati da Gesù e gli hanno chiesto: “Guarisci Pietro?”. E io sono guarito».
È così che Pietro racconta il miracolo che ha ricevuto dal Signore, per intercessione dei coniugi Martin.
Dopo 33 giorni di permanenza in ospedale, Pietro, il 27 luglio 2002, è dimesso. La sua condizione era migliorata giorno dopo giorno: il 2 luglio è rimosso definitivamente il respiratore. Nulla ostacolava l’ingresso a casa Schilirò. Il 14 settembre, Pietro riceve i riti complementari del battesimo, alla presenza di 400 persone, tra amici, parenti e anche solo conoscenti. Un coro per rendere grazie del duplice dono ricevuto: la vita del piccolo e la sua guarigione.
Il 10 giugno il cardinale Tettamanzi, allora arcivescovo della Diocesi di Milano, chiude la fase diocesana del processo sul miracolo. Hanno assistito il sacerdote postulatore carmelitano della causa dei Martin; Simeone della Sacra Famiglia; mons. Angelo Amadeo, istruttore del processo; mons. Guy Gaucher, vescovo ausiliare di Bayeux e Lisieux; la famiglia Schilirò, con Pietro e un centinaio di persone.
Il cardinale informava la Congregazione per le Cause dei Santi e il 7 luglio 2003 Papa Giovanni Paolo II veniva a conoscenza dei fatti. Il processo è così consegnato a Roma: ci vorranno 5 anni di ulteriori indagini della Congregazione per la Causa dei Santi per appurare la veridicità delle testimonianze raccolte.
Per diventare beati non era sufficiente dimostrare di aver invocato singolarmente Luigi o Zelia, ricevendo dall’uno o dall’altra il miracolo. L’elemento che si andava ricercando era l’invocazione di entrambi, in quanto coppia. Insieme, come sposi, hanno interceduto per Pietro.
Il riconoscimento del miracolo apre le porte alla beatificazione, che avverrà il 19 ottobre 2008 a Lisieux.
Roma, 29 Settembre 2015 (ZENIT.org)
Dal 4 al 25 ottobre 2015, durante tutta la durata dell’imminente Sinodo ordinario dei Vescovi dedicato alla famiglia, le Urne contenenti le reliquie di Santa Teresa del Gesù Bambino e dei suoi Beati Genitori saranno esposte alla venerazione dei fedeli nella Cappella della Vergine Salus Populi Romani nella Basilica papale di Santa Maria Maggiore.
I coniugi Louis Martin e Zélie Guérin saranno canonizzati il 18 ottobre da Papa Francesco in Piazza San Pietro. Si tratta dei primi sposi, non martiri, che nella storia della Chiesa giungono congiuntamente agli onori degli altari, ed è rilevante come proprio nel corso del Sinodo sulla famiglia il Santo Padre abbia deciso di canonizzarli.
“Louis e Zélie hanno dimostrato con la loro vita che l’amore coniugale è uno strumento di santità, è un camino verso la santità compiuto insieme da due persone – ha dichiarato in proposito il Vice Postulatore della Causa di Canonizzazione dei coniugi Martin, il padre carmelitano Antonio Sangalli -. Questo, secondo me, è oggi l’elemento più importante per valutare la famiglia. C’è un bisogno enorme di una spiritualità semplice realizzata nella vita quotidiana”.
Anche l’esposizione delle reliquie in Santa Maria Maggiore assume un significato particolare, dato che è proprio davanti alla Vergine Salus Populi Romani – da lui veneratissima – che il Papa ha chiesto di pregare per i frutti dei lavori sinodali e per tutte le famiglie del mondo.
Le reliquie potranno essere venerate durante il normale orario di apertura della Basilica: tutti i giorni, dalle 7 alle 19.
Di un’altra loro figlia, la Serva di Dio Suor Francesca Teresa (Leonia Martin), sorella della Santa di Lisieux, si è aperta la causa di canonizzazione il 2 luglio scorso a Caen in Francia.
Grande gioia per l’annuncio di Papa Francesco: il 18 ottobre i genitori di Santa Teresa di Lisieux, Luigi e Zelia Martin, saranno canonizzati. La prima coppia di santi moderni, innalzata agli onori degli altari nel cuore del Sinodo sulla famiglia.
di Mariarosaria Petti
La famiglia avrà finalmente un faro nella compagnia dei Santi, presto sarà innalzata agli onori degli altari la prima coppia dell’epoca moderna: Luigi e Zelia Martin, genitori di Santa Teresa di Lisieux, saranno canonizzati il prossimo 18 ottobre. L’annuncio è arrivato pochi minuti fa dal Santo Padre, nel seno del Concistoro in corso.
«Sono molto contento per questa notizia ora ufficiale e molto grato a Papa Francesco che ha voluto fortemente questa canonizzazione, informandosi poco più di un anno fa presso la Congregazione delle Cause dei Santi se ci fosse qualche presunto miracolo di una coppia da studiare, per poterla poi presentare come modello e dare concretezza a quanto il Sinodo sulla famiglia andrà delineando» è il commento a caldo, dopo l’annuncio del Papa, di padre Romano Gambalunga, postulatore generale dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, che ha seguito da vicino nei mesi scorsi il cammino verso la canonizzazione di Luigi e Zelia.
La canonizzazione di una coppia di santi nel cuore del Sinodo ordinario sulla famiglia, scelta che padre Gambalunga spiega così: «È la prima coppia di sposi canonizzati in quanto coppia e questo è un bel segno soprattutto per le famiglie cristiane, che spesso sono lasciate senza sostegno e devono andare controcorrente, specialmente nel mondo occidentale, per vivere ed educare i figli nella verità della creazione con quell’amore che Dio ci ha donato in Cristo».
Nonostante diverse agenzie abbiano nei giorni scorsi lanciato notizie poco precise, annunciando per oggi la canonizzazione, dopo le parole di Papa Francesco possiamo affermare con certezza che la canonizzazione avverrà il 18 ottobre, nel cuore del Sinodo.
Luigi e Zelia Martin, dopo un discernimento religioso, si sono sposati il 13 luglio del 1858, a mezzanotte a Notre Dame d’Alençon. Dalla loro unione nasceranno nove figli, quattro volati in Cielo in tenera età. Tra loro la piccola Teresa, Santa e Dottore della Chiesa, maestra di spiritualità. In casa Martin si sperimenterà la felicità dell’unione familiare, ma anche il dolore per la perdita dei bambini prima e per la morte di Zelia dopo, avvenuta nel 1877, quando Teresa aveva solo quattro anni. Luigi vivrà il tempo della vedovanza e anche quello della malattia. Tutto è impastato con il motto che da sempre ha animato la loro famiglia “Dio primo servito”.
«La santità è sempre qualcosa di straordinario. Ma in questo caso possiamo intravedere un particolare segno della Provvidenza, che invita la Chiesa a comprendere e a valorizzare la vocazione al matrimonio e il ruolo della famiglia» afferma don Silvio Longobardi, custode della Fraternità di Emmaus, realtà ecclesiale che ha eretto la prima Chiesa al mondo dedicata a Luigi e Zelia Martin, vero Santuario per tutte le famiglie. «L’esperienza di Luigi e Zelia – prosegue il sacerdote – potrebbe sembrare molto lontana e troppo diversa da quella che oggi vivono le famiglie. Ma l’autentica santità è una parola universale che può essere da tutti compresa, una moneta che non perde valore con il passare del tempo. I Martin hanno molto da dire e da insegnare agli sposi di oggi».
Dopo la guarigione di Pietro Schilirò, il bambino di Monza nato con una grave malformazione congenita ai polmoni, primo miracolo che ha condotto i Martin alla beatificazione, Luigi e Zelia hanno scelto ancora una volta un neonato, prediligendo nuovamente un contesto familiare ferito per il dolore di una malattia. Infatti, il secondo miracolo operato dai genitori di Santa Teresa e riconosciuto dalla Chiesa riguarda Carmen, la bambina di Valencia, nata prematura dopo una gravidanza difficile, vittima di molte patologie, tra cui una emorragia celebrale e una doppia setticemia. Punto Famiglia pubblicherà nei prossimi giorni un’intervista in esclusiva ai genitori di Carmen.
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Da Alençon a Lisieux. Cronaca dell’ultimo giorno del nostro viaggio in Normandia. A colloquio con padre Olivier Ruffray il giorno dopo la notizia della firma di papa Francesco al miracolo per la canonizzazione di Luigi e Zelia Martin.
di Giovanna Abbagnara
L’ultima tappa del viaggio che ci ha spinti nella terra dei Martin, ci conduce da Alençon a Lisieux. Percorriamo gli 80 km che separano le due cittadine, di corsa. Siamo in ritardo e il rettore del Santuario di Lisieux, padre Olivier Ruffray, ci attende per le 09.30. Durante il viaggio è naturale pensare a Luigi, al giorno in cui per amore delle figlie, con la morte nel cuore, ha dovuto lasciare Alençon e la casa condivisa con la sua sposa, per trasferirsi con le figlie a Lisieux. Nella valigia, non solo il ricordo di una grande storia d’amore ma la certezza di vivere in collocazione provvisoria. Un giorno, dopo aver accompagnato ogni figlia al matrimonio con lo sposo più bello, Gesù, avrebbe percorso l’ultimo tratto, il passaggio dalla morte alla vita eterna, verso la sua amata Zelia.
Intanto c’era un’altra quotidianità familiare da vivere ai Buissonnets. Quella che lo vede armonizzare la fortezza di un padre e la dolcezza di una madre. La fermezza di un uomo che non ha potuto conservare niente per sé ma ha dovuto lasciare tutto davanti all’altare dell’offerta: non solo la sposa amica che ha amato per la vita ma una ad una tutte le sue figlie. La vita di quest’uomo è certamente una parabola di fiducia e di obbedienza a Dio che ci lascia attoniti e commossi.
Nel rettorato di Lisieux, c’è ancora l’aria incandescente e frizzante che la firma di papa Francesco al riconoscimento del miracolo dei Martin, ha portato con sé. Padre Oliver conferma che la notizia lo ha trovato molto stupito. “Si attendeva la firma ma nessuno sapeva quando. Poi ieri mi ha telefonato un giornalista di Radio Vaticana per chiedermi un parere al riguardo ed io sorpreso e felice, ho cominciato a capire che era avvenuto qualcosa di importante”. Gli occhi lucidi, lo sguardo penetrante. Mi piace pensare che forse alla notizia della firma si sia recato di corsa al Carmelo che confina con la sede del Rettorato per rivolgere a Teresa, che serena riposa tra le mura del monastero, un sorriso di gioia. Ora forse l’instancabile giovane monaca, che aveva promesso di passare il suo cielo a fare del bene sulla terra, avrebbe avuto degli alleati in più, i suo santi genitori.
Padre Olivier ci ricorda subito il motivo di tanta gioia. Il miracolo riconosciuto da papa Francesco porta il nome di una bambina spagnola nata prematura e con gravi problemi. I medici riscontrarono alla neonata subito dopo la nascita, un’emorragia cerebrale di quarto grado che dava poche speranze per un avvenire normale, qualora la piccola fosse sopravvissuta. Consigliate dalle monache di un Carmelo vicino alla città, alle quali la famiglia si era rivolta per invocare Teresa d’Avila poiché Carmen era nata il 15 ottobre, tutta la famiglia, nonni e fratellino compresi, invocarono non solo la salvezza da morte, ma pure la guarigione completa della bimba attraverso una novena ai beati genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino. “Da pochi mesi sono stato a Valencia” dice padre Olivier “e nella mia mente custodisco l’immagine bellissima di questa bambina che balla davanti alla cattedrale”. “Non solo Carmen sta benissimo ma è anche una bambina molto intelligente cresciuta con la coscienza che Dio le ha riservato una grazia particolare”, aggiunge ancora il rettore e ricordando un episodio divertente ma emblematico della piccola guarita, ha detto: “I genitori di Carmen mi hanno detto che la bambina desidera conoscere il medico che le ha salvato la vita su questa terra. Esprimendo di avere già chiaro che su di lei, solo Dio poteva operare”.
Dopo questo scorcio meraviglioso di ricordi e immagini circa il miracolo, la nostra curiosità si mette in moto e chiediamo al rettore quali sono adesso i passi da fare. “Abbiamo formato una commissione unica tra la Diocesi di Séez e quella di Bayeux, tra il rettorato di Lisieux e quello di Alançon per cercare insieme le forme più opportune per canalizzare adeguatamente questo fiume di grazia per le famiglie del mondo che la canonizzazione dei Martin reca con sé”.
Ci congediamo dal rettore non prima di aver sostato per un momento davanti all’urna di Luigi e Zelia. Quella che gira il mondo intero e porta un messaggio di speranza e un’iniezione di fiducia a tutte le famiglie. È tempo di recarci anche noi da Teresa. Ma il racconto si conclude qui, sulla soglia dell’ingresso al Carmelo. Non è tempo più di dedicarci alla cronaca del nostro viaggio. Ora è tempo di dare la mano a Teresa e di vivere il nostro kairos.
Per approfondire
http://www.acidigital.com/noticias/canonizacao-dos-pais-de-santa-teresinha-do-menino-jesus-sera-no-mes-do-sinodo-da-familia-76389/
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