Siria. Generare la Speranza (per crescere) al dopo-scuola di Homs
Al centro “Generazione della Speranza” di Homs, si vive come in una grande famiglia. I formatori e gli animatori sanno riconoscere i bisogni dei ragazzi, interpretare le loro paure e offrire supporti concreti sia a loro che alle loro famiglie.
Molto spesso, infatti, i ragazzi portano la loro casa, ovvero i loro fratelli e i loro genitori, al centro. Per condividere la Speranza, per superare insieme la paura, per scoprire come guardare il futuro insieme, con occhi nuovi.
I ragazzi hanno storie diverse tra loro: chi ha visto in faccia gli aspetti peggiori della guerra, subendo i bombardamenti o trovandosi faccia a faccia con i cadaveri per strada, chi ha dovuto abbandonare la sua casa, i suoi affetti, le proprie abitudini.
I ragazzi hanno storie diverse, ma esprimono tutti lo stesso entusiasmo quando si riesce a dare loro spazio, tempo e un luogo sicuro dove crescere.
Per questo, il dopo-scuola di Homs è un posto speciale.
Qui si tengono corsi “sulla vita”, sulla capacità di pianificare le proprie attività e i propri risparmi, sul rispetto e sulla capacità di superare esperienze negative, sull’impegno nello svolgere lavori collettivi, per ricostruire la loro piccola comunità.
Una grande sfida, visto che attorno è ancora tutto macerie e difficoltà e la vita piano piano riprende con ritmi lenti e irregolari.
Anche il supporto psicologico e sociale che si riceve durante i corsi dopo-scuola è un aspetto fondamentale, specialmente per i ragazzi diversamente abili o con ritardi nell’apprendimento: l’attenzione che ricevono fa sì che possano registrare notevoli miglioramenti nelle materie scolastiche e, soprattutto, che possano sentirsi inseriti e autonomi nella loro comunità di pari di riferimento.
Il dopo-scuola di Homs è uno dei progetti supportati dal “Programma Emergenza Siria” che, oltre a un sostegno concreto e immediato alla vita quotidiana di moltissime famiglie, vuole costruire una “rinascita” psicologica, sociale e comunitaria.
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La scorsa domenica 5 giugno 2016 è stato inaugurato ad Aleppo un parco giochi per bambini finanziato dall’Associazione “Aiutiamo la Siria !” Onlus e realizzato dai Fratelli Maristi all’interno della loro struttura nel cuore della città siriana.
La data scelta per la cerimonia coincide con la festa di San Marcellino Champagnat, fondatore della Congregazione. In una giornata purtroppo caratterizzata da un fitto lancio di bombe – informa una nota della onlus – su vari quartieri della città, un numeroso gruppo di famiglie ha partecipato all’inaugurazione della struttura.
Il parco giochi vuole offrire qualche momento di svago ai bambini della martoriata città siriana che frequentano le attività dei Maristi, bambini che hanno assistito in questi ultimi giorni ad un intensificarsi del lancio di bombe e colpi di mortaio soprattutto sui quartieri abitati dai cristiani.
Nei primi giorni di questa escalation, è stato preso di mira il quartiere di Maidan (almeno 20 morti), abitato soprattutto da famiglie armene, nel quale tra l’altro è stata colpita e danneggiata la chiesa armena della SS. Trinità con annessa la scuola, che ha subito gravi danni. Delle cinque chiese armeno-cattoliche presenti ad Aleppo soltanto due sono state fino ad oggi risparmiate.
Proprio in collaborazione con P. Elias Janji della chiesa armena è stato approntato “Aleppo, progetto salute”, con l’obiettivo di finanziare almeno 100 (se possibile 150) polizze sanitarie a favore di altrettanti abitanti di Aleppo che non riescono a far fronte alle spese mediche; le polizze garantiranno per un anno visite mediche, analisi, eventuali ricoveri e acquisto di medicinali.
In Siria l'amore sconfigge la guerra: matrimonio tra le macerie
La sposa con l’abito bianco e sontuoso fa il suo ingresso in quel che rimane di una chiesa, percorre il tappeto bianco tra due ali di fiori e raggiunge lo sposo, il cui volto tradisce una comprensibile emozione. Assiepati tra i banchi, ad assistere alla cerimonia, parenti e amici agghindati come si conviene in una simile occasione. Tutt’intorno, le rovine dei bombardamenti che hanno colpito la città di Homs.
Un’immagine che è diventata virale sui social network e che rappresenta il simbolo della vita che continua, in Siria, nonostante la guerra. I protagonisti sono Fadi e Rana, entrambi ventottenni, i quali hanno scelto di sposarsi il 12 luglio scorso nella chiesa ortodossa di San Giorgio, la loro parrocchia, che non hanno voluto tradire nonostante il tetto sia crollato giù e le pareti appaiano fatiscenti a causa dei bombardamenti.
Correva l’anno 2010, degli spettri del conflitto non si avvertiva nemmeno l’ombra, la Siria era un Paese dinamico e felice per gran parte dei suoi abitanti. Il giovane Fadi, neo-laureato in chimica, aveva appena trovato lavoro in un’industria farmaceutica. “Era un’attività che mi piaceva fare. La vita per me era buona e tutto procedeva per il meglio. Un anno e mezzo dopo è arrivata la guerra in casa mia, ad Homs, e sono dovuto fuggire lasciandomi tutto alle spalle”, ha dichiarato Fadi all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr).
È proprio grazie al contributo dell’Unhcr che Fadi prova allora a rimettere insieme i tasselli della sua vita, dispersi dopo la fuga insieme a 12mila suoi concittadini. In un campo profughi gestito dall’organizzazione internazionale trova lavoro come insegnante ed è in questa nuova veste che incontra Rana, impegnata a seguire un corso sulle start-up di piccole imprese. Il destino è spesso rivestito di un’aurea di mistero: malgrado i due giovani siano entrambi originari del quartiere cristiano di Hamidiyah, non si erano mai incontrati prima del loro ingresso nel campo profughi.
In questo contesto, si sviluppa dapprima un’amicizia e poi subentrano anche i sentimenti. Fadi e Rana si fidanzano e tornano ad Homs nel maggio 2014. A metà mese, infatti, le forze militari governative sono riuscite a riappropriarsi della città - che era caduta in mano ai ribelli e agli jihadisti - consentendo a tanti rifugiati di far ritorno a casa e di provare a ricostruirsi una vita dignitosa.
Fadi riesce a riottenere il suo vecchio lavoro nel campo farmaceutico. La relazione con Rana si alimenta di giorno in giorno, fino a sbocciare nell’aprile scorso, con la richiesta accettata gioiosamente da lei di unirsi in matrimonio. Il 12 luglio è la data fatidica, che entra non solo nella loro storia personale, ma anche in quella di tutta la comunità cristiana di Homs: si tratta infatti del primo matrimonio celebrato nella chiesa di San Giorgio dopo il bombardamento che l’ha colpita ormai due anni fa.
Mai avrebbero immaginati, i due novelli sposi, che le foto della cerimonia sarebbero finite sugli schermi dei pc di tutto il mondo, diventando ben presto un messaggio di speranza per un Paese dilaniato da quattro anni di guerra civile.
Conflitto le cui conseguenze pesano come macigni sulle spalle dei cristiani. Homs è una delle città della Siria in cui più consistente è stato l’esodo dei cristiani per via degli attacchi da parte degli oppositori al Governo di Bashar al-Assad. Prima della guerra, l’antica Emesa (così i romani chiamavano Homs) era la casa di una delle maggiori comunità cristiane del Paese. Oggi, oltre ai lutti, rimangono gli scheletri delle dieci chiese della città colpite dai mortai. Ma anche le immagini del matrimonio di Fadi e Rana, simbolo dell’amore che vince l’odio della guerra.
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qui le foto della cerimonia e altre immagini della chiesa di San Giorgio.
Nella tradizione popolare, aprile e maggio sono spesso riservati alle celebrazioni nuziali. Entrando in una chiesa dove i due sposi stanno compiendo il loro atto sacramentale è facile che la seconda lettura sia il capitolo 5, nei versetti 21-33, della Lettera di Paolo agli Efesini, presente nel Lezionario liturgico del matrimonio.
Sullo sfondo domina l’amore del Cristo per la sua Chiesa, punto di riferimento capitale per la visione cristiana del matrimonio. L’insistenza è evidente: «...nel modo che anche Cristo vi ha amato... nel timore di Cristo... come al Signore... Cristo è capo della Chiesa... come la Chiesa è sottomessa a Cristo... come Cristo ha amato la Chiesa... come fa Cristo con la Chiesa... lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa...».
Riprendendo la tradizione profetica dell’Antico Testamento, Paolo vede nell’amore matrimoniale il segno dell’amore divino per l’uomo e, nell’infinito e perfetto amore di Dio e del Cristo, il modello verso cui deve tendere la coppia cristiana.
Su questo testo la tradizione cattolica ha fondato la sua fede nella grandezza sacramentale del matrimonio. Certo, Paolo è legato al suo tempo e alla cultura sia semitica sia greco-romana che concepiva la famiglia in chiave patriarcale. Il tema della «sottomissione» della moglie al marito riflette il diritto antico che considerava la donna un essere subordinato rispetto al primato del coniuge.
Tuttavia l’Apostolo apre nuovi orizzonti, sorprendenti per il suo mondo e radice della trasformazione cristiana. Inoltre Paolo sviluppa con un’ampiezza maggiore i doveri dei mariti verso le mogli, rifiutando la concezione secondo cui l’uomo è solo depositario di diritti nei confronti della donna.
E l’impegno dello sposo è alto: «Amate le vostre mogli... i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo». Un amore totale, spontaneo, simile a quello che si riversa sulla propria personalità (il corpo nella Bibbia è simbolo dell’«io»), anche perché «i due formano una carne sola» (Genesi 2,24). C’è, infine, un’ultima ragione che trasforma la tradizionale visione matrimoniale ed è quella, già indicata, del continuo riferimento a Cristo.
La donna si consacra al suo uomo nello spirito della donazione di Cristo verso la Chiesa e l’uomo ama sua moglie come il Cristo «che ha dato sé stesso» per la sua Chiesa. Ecco allora la celebre conclusione: «Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa».
La parola «mistero», tradotta dall’antica versione latina con sacramentum, aveva fatto concludere alla sacramentalità del matrimonio cristiano. In realtà il termine «mistero» indica solo il grande piano salvifico di Dio nella storia: il matrimonio ne è il grande simbolo, è la parabola luminosa dell’amore divino.
Tuttavia Paolo ci indica così il fondamento per scoprire il valore di salvezza racchiuso nel matrimonio cristiano, essendo il riflesso più alto dell’amore e della salvezza offerta da Dio all’umanità. In tal modo prelude alla qualità “sacramentale” del matrimonio, affermata dalla tradizione dottrinale della Chiesa.
card. Gianfranco Ravasi
(articolo tratto da www.famigliacristiana.it)
Carissimi fidanzati,
domani inizia la novena che si concluderà con la celebrazione nuziale, che unirà per sempre i vostri cuori in un’unica storia. Vorrei darvi alcuni suggerimenti per preparare il corredo nuziale. Vi consegno tre parole: preghiera, perdono e penitenza.
Vivete questi giorni con una preghiera più intensa, senza lasciarvi distrarre troppo dalle altre necessità materiali. Il primo giorno della novena iniziate con una buona confessione perché la purificazione del cuore è premessa indispensabile per vivere bene tutte le altre cose, senza Dio non possiamo essere graditi a Dio, senza la grazia non possiamo accogliere la grazia. Per riempire il cuore dobbiamo prima liberarlo da tutte le incrostazioni. Se il vaso è pieno di aceto non possiamo metterci il miele, diceva in santo vescovo dei primi secoli.
Per arrivare purificati al giorno delle nozze, eliminate tutti i debiti, perdonate di cuore se avete qualcosa da perdonare, chiedete perdono se avete fatto dei torti. Non state a misurare chi ha ragione, perdonate e basta. Così imparerete che il vero amore non calcola. Ed è questo l’amore che deve circolare tra di voi. Ricordate che questo amore appartiene alla condizione umana, ma non siamo in grado di attivarlo senza l’aiuto dello Spirito.
Un po’ di penitenza non guasta. Nelle apparizioni mariane – in tutte le apparizioni, da Lourdes a Fatima a Medjugorje – c’è un forte richiamo alla penitenza, anche quella corporale. Un cristianesimo senza penitenza non regge, non ha la forza di affrontare l’impatto con un mondo sempre più ostile al Vangelo. Nei prossimi giorni fate penitenza, quella che più costa sacrifici.
Ma tutto si riassume nell’amore, tutto dipende dall’amore, tutto si sopporta in forza dell’amore. È questo amore che dobbiamo invocare anzitutto come dono che viene dall’alto. Noi non possediamo l’amore, possiamo solo accoglierlo con umiltà. Vi consegno una preghiera che ho scritto per voi. Se volete, recitatela in questi giorni, aiuta il cuore a fissare lo sguardo sull’essenziale.
Vi benedico e vi affido all’intercessione di Santa Teresa che avete scelto come compagna di viaggio.
Camminate sulla sua piccola via.
Signore Gesù,
sei Tu l’Amore,
sei Tu la pienezza,
semina in noi desideri santi
che solo Tu puoi colmare.
E dona di sentire sempre quella nostalgia
che toglie valore alle cose
vissute senza di Te.
Spirito santo
sei Tu l’amore che si fa Dono
e ci fa diventare dono
l’uno per l’altro.
Accendi in noi il fuoco dell’amore,
fa’ che cerchino Te solo
e non ci fermiamo lungo il cammino,
distratti da altri beni
che sono solo un riflesso della tua bontà.
Padre santo,
principio di ogni bene,
attiraci a Te,
e donaci di cercare e trovare solo in Te
la gioia che il nostro cuore desidera.
Amen.
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