"A nome della nostra famiglia desidero esprimere tutta la nostra gratitudine al Papa per l’appello che ha rivolto ieri all’Angelus per la liberazione di nostro fratello Paolo, a due anni dal suo rapimento in Siria. Vorrei sottolineare che è stato per noi fonte di grande consolazione e nello stesso tempo di emozione e di speranza". Lo ha detto, in un'intervista alla Radio Vaticana, Francesca Dall'Oglio, sorella di padre Paolo Dall'Oglio, il sacerdote gesuita italiano rapito in Siria il 29 luglio 2013.

 

Rifondatore, negli anni '80, del monastero cattolico siriaco Deir Mar Musa al-Habashi (Monastero di san Mosè l'Abissino), nel deserto a nord di Damasco, in Siria, padre Dall'Oglio era stato espulso dal Paese nel 2012 a seguito di una lettera aperta spedita all'inviato speciale in Siria delle Nazioni Unite, Kofi Annan in cui chiedeva un intervento dei caschi blu per dirimere l'intricata matassa della guerra civile siriana. Dal giorno della sua scomparsa, si sono rincorse di frequente voci sul suo destino: sovente è stato dato per morto, tuttavia è ancora alta la fiducia che sia vivo e che possa essere liberato.

 

Come lui, l'auspicio è che vengano liberati anche i vescovi ortodossi rapiti in Siria, "e tutte le altre persone che, nelle zone di conflitto, sono state sequestrate”, come ha scandito ieri papa Francesco. Una vicinanza, quella del Santo Padre, che è proprio anche ai familiari di padre Dall'Oglio. "La nostra famiglia è vicina alla sofferenza dei familiari di tutti gli altri sequestrati in Siria e non solo", dice la sorella Francesca.