Venerdì 19 Aprile 2024
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Vivere il Rosario

"Da Missioni OMI. Rivista mensile di attualità missionaria - www.missioniomi.it"

 

Riflessioni missionarie sui misteri del Rosario

 

di Bruno Favero OMI, Missionario in Senegal

 

Non si tratta di recitare il Rosario, ma di viverlo, seguendo i passi di Gesù che ci chiama alla missione. Lasciamo che Maria sia la nostra compagna di viaggio alla scoperta dei misteri della vita di suo Figlio. Con lei potremo avanzare con fiducia e costanza nel cammino della fede e diventare testimoni del dono d’amore che Gesù e sua Madre continuano a farci, gratuitamente, ogni giorno.

 

MISTERI DELLA GIOIA    

   
Quando Dio entra nella tua vita le cose cambiano, non sei più quello di prima, non ti accontenti più della realtà superficiale e scontata, senti dentro di te fiorire qualcosa di nuovo per cui vale la pena vivere. Maria è così coinvolta nel progetto di Dio, si lascia sorprendere nella calma tranquillità di Nazareth, un progetto scontato, matrimonio in vista, figli, focolare domestico, tutto normale all’apparenza. Quando Dio entra nella sua vita tutto cambia e si ritrova ad entrare in un progetto nuovo, dove nulla sarà più come prima.

 

L'annuncio dell'Angelo a Maria

 

La novità del divino investe Maria e l’ombra dello Spirito la copre. Madre di Dio, Madre del Verbo incarnato, Madre del Figlio dell’uomo, perché figlio della donna. “Eccomi, sono la serva del Signore”. Quante volte abbiamo paura di dire eccomi, eccoci! Siamo pronti a rischiare la nostra esistenza per compiere il progetto di Dio? L’Annunciazione è il mistero del sì, sì a Dio e sì all’umanità, senza questo sì, il no del rifiuto e della morte avrebbe invaso il mondo. Nel sì di Maria il nostro sì per compiere insieme con Dio l’opera della salvezza di tutti.

 

La visita di Maria ad Elisabetta

 

Con Gesù dentro, Maria parte per annunciare a sua volta il mistero della presenza di Dio nel mondo. Parte in fretta per servire l’anziana cugina, coinvolta alla sua età in una storia d’amore senza tempo. Eccole le due donne nuove, eccole le madri per grazia esultare di gioia, ecco quei grembi traboccanti di vita incontrarsi e gioire. Donna della missione, Maria, insegnaci ad essere, come te, coloro che partono per portare la vita, la gioia, il gusto immenso dell’incontro, la novità assoluta di un Dio vicino.

 

La nascita di Gesù a Betlemme

 

Il Dio-Bambino entra nel tempo e la sua nascita rinnova la faccia della terra. Siamo chiamati tutti a vivere questa maternità, generare Dio in noi stessi per poterlo dare agli altri. Essere madri e padri di quel Dio che si fa piccolo per entrare discretamente nel mondo e continuare, attraverso noi, la sua opera di salvezza. Il mistero del Natale continua fino alla fine dei tempi, perché Dio non cessa di farsi creatura; per noi, come noi, per insegnarci a diventare come Lui e riconoscerlo in ogni fratello.

 

La presentazione di Gesù al Tempio

 

Simeone ti ha chiamato “segno di contraddizione”, un nome non certo lusinghiero. Ed anche a Maria ha predetto un sacco di noie. Certamente non si può incontrarti davvero e restare indifferenti, come assopiti davanti alle esigenze che ci mostri continuamente per essere tuoi discepoli. E’ necessaria una scelta, bisogna prendere posizione, bisogna schierarsi, o con te o contro di te, non ci sono altre possibilità. Non farci restare indifferenti Signore, non lasciarci tiepidamente sospesi, ma insegnaci a comprometterci per te.

 

Il ritrovamento di Gesù nel Tempio

 

“Figlio ti stavamo cercando angosciati”, dicono i genitori! Perché avete paura sono nella casa del Padre, risponde il Figlio. Quante volte abbiamo l’impressione di aver perso Gesù, ci sentiamo lontani da lui e incapaci di riconoscerlo. E lui ci riporta all’essenziale, la casa del Padre, il luogo dove riconoscersi figli e condividere insieme la gioia di essere membri della stessa famiglia. Come abbiamo bisogno di ritrovati Signore? Come poter vivere lontani da te? Insegna anche a noi ad occuparci delle cose del Padre.

 

 

MISTERI DELLA LUCE

 

“Veniva nel mondo la luce vera quella che illumina ogni uomo” (Gv 1, 9). Per noi uomini e donne “underground” la luce rischia di essere solo quella psichedelica, quella delle insegne luminose, luci che servono a nascondere e non a rischiarare. La vita di Gesù è un sorprendente mistero di luce, perché dove entra lui, la realtà si illumina, le tenebre fuggono e l’uomo si ritrova nella bellezza del suo essere immagine di Dio. La missione entra nel vivo e Gesù stesso ci insegna a fare di tutta la nostra vita un dono senza condizioni.       

 

Il battesimo di Gesù al Giordano

 

Come le grandi teofanie dell’Antico Testamento la scena del Battesimo di Gesù ci svela il progetto missionario della Trinità, associare tutti gli uomini al meraviglioso disegno di adozione di tutta l’umanità, farci diventare figli nel Figlio. Forse non ci rendiamo conto del dono inestimabile del nostro Battesimo, diventare figli di quel Dio che ci ama alla follia e che per noi si è donato interamente senza risparmiarsi. Ripensiamo al nostro Battesimo, viviamo secondo le esigenze del nostro Battesimo, per imparare ad essere figli e fratelli.

 

L'auto-rivelazione di Gesù alle nozze di Cana

 

Se non fosse stato per Maria, la Madre attenta e premurosa, la festa si sarebbe trasformata in una noia mortale, un fiasco senza precedenti. Per fortuna Gesù è presente, non oppone resistenza, anzi rilancia l’esultanza delle nozze. Se manca il vino dell’amore la gioia si spegne. L’atmosfera si fa grigia quando viviamo rinchiusi nel nostro io, senza lasciarci coinvolgere dalla gioia degli altri. Nelle nostre famiglie manca il vino dell’amore, nella società manca il vino del rispetto e dell’accoglienza, anche nella nostra chiesa può venir meno il vino dell’ospitalità e dell’incontro. Facciamo quello che il Figlio ci dirà, lasciamo che la Madre ci mostri la bellezza di aderire alle Parole del Figlio suo.

 

L'annuncio del Regno di Dio con l'invito alla conversione

 

“Il Regno di Dio è vicino, convertitevi” - andava ripetendo Gesù tra i villaggi di Galilea; e ancor oggi risuona lo stesso invito per la stessa conversione da rinnovare costantemente. La missione spinge alla conversione e la conversione è già un frutto della missione. E’ importante far risuonare oggi nelle nostre case, sulle nostre strade, questo invito incessante alla conversione, al cambiamento di stile. Abbiamo bisogno di sentire che il Regno è vicino, che il nostro Dio non è lontano, ma che continua a piantare la sua tenda tra gli uomini. Entriamo allora in questa dinamica missionaria: diventare annunciatori con la vita, del Dio vicino.

 

La trasfigurazione di Gesù sul Tabor

 

Come nel Battesimo, la parola Figlio risuona autorevole dalla nube della Trasfigurazione. Il Padre vuole a tutti i costi farci entrare nel suo disegno di amore, come ama il Figlio, così ama anche noi e ci chiama ad ascoltarlo e a lasciarci trasfigurare in lui. La nostra umanità sfigurata, deturpata, ha bisogno di ritrovare lo splendore originario, è in cammino verso la metamorfosi definitiva nella quale ritrovare la dignità di figli e figlie di Dio. Un cammino che passa dal monte della Croce verso il monte della gloria.

 

L'istituzione dell'Eucaristia

 

Il mondo ha fame di Dio e anche se afferma il contrario, non riesce a farne a meno. Ecco perché Gesù, la sera della cena, ha detto: “Questo è il mio corpo”, pane spezzato per amore, corpo donato per la vita di tutti e noi ci ostiniamo a nutrirci di ciò che non fa bene, di ciò che non serve alla vita. Il dono dell’Eucarestia è veramente il dono per eccellenza di un Dio che non ha paura di farsi mangiare e offre spontaneamente il suo sangue per noi. Ma attenzione, anche noi dobbiamo diventare Eucarestia, vite donate per amore, mani tese per liberare e non per condannare, cuori aperti per far vivere chi manca d’amore. Il dono di Gesù ci spinge a fare di tutta la nostra vita un dono.           

 


MISTERI DEL DOLORE 


Il Rosario non è una messa in scena per anime pie, il Rosario parla di vita, ma anche di morte, parla di gioia, ma anche di sofferenza, parla certo di amore, ma anche di dolore. Questi sono i misteri più difficili da digerire, quelli che urtano la nostra sensibilità di uomini e donne perbene. Entriamo nelle sofferenze dell’uomo Dio per cogliere la verità di un amore incredibile.

 

Gesù nell'orto degli ulivi

 

Arriva l’ora della prova, come per noi, come per ogni uomo è il momento della verità. Davanti alle difficoltà ci si scopre per ciò che si è, senza maschere e senza illusioni. Gesù sapeva di avere dei nemici e che nessuno sarebbe stato pronto a difenderlo, solo, si affida al Padre, disposto a compiere la sua volontà. Certamente un boccone amaro da ingoiare, “ma per quest’ora sono venuto” - dice Gesù. Impariamo anche noi a riconoscere l’ora della sofferenza nostra e degli altri, impariamo soprattutto il valore straordinario della sofferenza, cammino di redenzione e di salvezza.

 

Gesù flagellato alla colonna

 

Quante volte nel corso della storia si sono ripetute (e si ripetono ancora) quelle scene di violenze gratuite inflitte ad uomini e donne di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Quanto sa essere crudele l’uomo accecato dall’odio o dall’ignoranza. Gesù è uno dei tanti uomini che soffrono ingiustamente. Ecco perché il Calvario è sempre attuale, la Croce non passa mai di moda, perché si continua a soffrire ingiustamente, a condannare, a flagellare, ad uccidere tanti poveri cristi, come il Cristo.

 

Gesù è coronato di spine

 

Come se si trattasse di un accessorio dell’orrore, la corona di spine definisce la regalità di Cristo. “Sei re?”, domanda indispettito Pilato. “Lo sono”, risponde Gesù. Ma certamente di un altro mondo, non di questo, dove spesso il valore si confonde con l’arroganza e la semplicità con la manipolazione. E noi sempre a caccia di corone, di palmares, di titoli ed attribuzioni per emergere ed imporsi sugli altri. Insegnaci a considerare le cose di questo mondo per il valore che hanno e rendici consapevoli della tua regalità

 

Gesù sale al Calvario portando la croce

 

Quei passi trascinati, quelle cadute rovinose, grida, spinte, insulti; sei veramente la nostra immagine, quella di tanti uomini e donne di oggi esausti della vita, schiacciati dal peso degli eventi ed ormai soli a tentare di resistere, a lottare fino allo stremo e spesso a soccombere senza speranza. Eppure ci insegni la necessità di portare la nostra croce quotidiana, ci insegni a lottare ed a resistere, ci insegni che oltre il limite c’è ancora la speranza perché la croce è l’albero della promessa che non delude. Portare la croce con te e sapere che in fondo è proprio la tua croce che ci porta.

 

Gesù muore in croce

 

Sei morto per darci la vita. Che dono stupendo la tua morte sulle Croce, ti sei spogliato di tutto ed ora non resta che quel tenue soffio languido che ormai lentamente si spegne. Tutto è compiuto! Ecco dove porta l’amore, al dono totale, al dono della vita, all’annientamento di tutto sé stessi, perché l’altro sia. Un amore folle quello di Dio per l’uomo. Per mezzo della tua morte ci fai rinascere e spalanchi le porte del tuo cuore infinito, perché ognuno possa trovare riparo all’ombra della tua misericordia.

 

 

MISTERI DELLA GLORIA


Il Rosario non è una favola a lieto fine dove i personaggi “vissero felici e contenti”. No! Il Rosario ci invita a contemplare un progetto che ci supera e che, nello stesso tempo, ci invita ad entrare in una logica nuova, la logica di Dio. La morte non ha mai l’ultima parola, Dio costruisce con pazienza il suo disegno, a noi diventare protagonisti e non spettatori, per scoprirne la bellezza e la ricchezza. I misteri della gloria sono l’ultimo atto di una storia meravigliosa nella quale siamo chiamati tutti a vivere.


Gesù risorge da morte

 

L’alba del terzo giorno si illumina di una luce nuova, il sole non serve più a diradare le ombre della notte, una luce sfolgorante s’irradia dal sepolcro vuoto. L’ultimo nemico ad essere sconfitto è la morte. La resurrezione di Cristo cambia il corso della storia e ci lancia con chiarezza verso un nuovo corso, quello della vita, quello dell’eternità. Come è difficile credere alla resurrezione quando si è invischiati nel marasma dei nostri limiti, del nostro quotidiano oscuro e crudele. La tomba vuota è la risposta eloquente alle miriadi di tombe nelle quali ci chiudiamo per paura o per necessità.

 

Gesù ascende al cielo

 

Missione compiuta! Gesù ha terminato il suo compito, ma è ben consapevole che l’essersi fatto uomo l’ha compromesso per sempre con la nostra storia. Torna dal Padre, ma non ci lascia orfani, è sempre con noi. Anzi, ce lo dice lui stesso: “Vado a prepararvi un posto”. Il mistero dell’Ascensione coincide con quello della missione, a noi affida il compito di continuare la sua opera, di portare avanti il suo progetto. A noi, di raccontare con la vita che amare è possibile, che sperare è necessario, che credere è la sola via d’uscita per vivere in pienezza.


La discesa dello Spirito Santo

 

Il vento impetuoso della Pentecoste scuote finalmente l’incertezza degli Apostoli. Ieri come oggi, lo Spirito deve scuotere la nostra chiesa dal suo torpore e lanciarla sulle strade della missione. Vento che ci liberi dai condizionamenti del passato, uragano che sradichi le nostre sicurezze umane, fuoco che bruci gli altari dei falsi dei che ci siamo costruiti nei secoli. Una chiesa missionaria capace di camminare con umiltà e empatia sulle strade dei poveri, degli ultimi, dei non credenti, del dialogo interreligioso, una chiesa libera sganciata dal carro del potere e dei soldi, capace di annunciare la libertà e l’amore. Vieni Spirito Santo.

 

L'assunzione di Maria al cielo

 

Anche per lei il compimento della sua avventura con Dio. Maria ritrova il suo posto in cielo, con suo Figlio, nella gioia del Padre. Dall’annunciazione all’assunzione, in ogni attimo della sua vita Maria è stata colei che ha saputo ascoltare il progetto di Dio, scorgere nella fede le linee curve di una storia singolare ed unica. Ora anche per lei tutto è compiuto, perché tutto è stato vissuto. Maria ti vediamo come la donna realizzata, come la donna compiuta, la donna del sì, la donna che custodisce nel suo cuore ogni attimo di questa splendida storia che Dio ha saputo architettare con te.


Maria, Regina del cielo e della terra e Madre della chiesa

 

Dopo tutto quello che hai vissuto, Maria, vogliamo vederti così bella e radiosa, non una regina dispotica e prevaricatrice, ma una donna semplice senza trucco e senza sofisticazioni. Una di noi, come quelle mamme forti e generose preoccupate della vita, non degli artifici o delle minuzie. Una donna vera, madre e sposa feconda, una donna esperta della vita e del dolore, una donna che sa riunire i suoi figli e che ama ciascuno così come vuol essere amato. Una donna sincera che con tenerezza ci insegna a vivere la vita seguendo l’esempio di suo figlio. Maria Madre di una chiesa in uscita, di una chiesa povera, che sa farsi compagna di viaggio come lo sei Tu.

 

Il Rosario ci rimanda automaticamente alla vita, la vita di tutti i giorni, con le sue tristezze ed angosce, con le sue gioie e sorrisi. Tutta la nostra vita è presa in conto nell’esperienza di Gesù e di sua Madre, nulla sfugge di ciò che è tipicamente umano dalla meditazione dei misteri di Cristo. Per questo il Rosario è il compendio di tutto il Vangelo e nello stesso tempo una grande preghiera missionaria. Come Gesù siamo inviati nel mondo per annunciare l’amore del Padre, come Gesù siamo mandati a curare le piaghe della nostra umanità. Come Gesù e sua Madre siamo testimoni del grande amore che Dio continua a manifestare per ciascuno. Pregando il Rosario lasciamo scaturire dal cuore la gioia di essere salvati.

 



 

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Messaggio Cristiano
Udienza Generale, 17 Aprile 2024

Catechesi. I vizi e le virtù. 15. La temperanza

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi parlerò della quarta e ultima virtù cardinale: la temperanza. Con le altre tre, questa virtù condivide una storia che risale molto indietro nel tempo e che non appartiene ai soli cristiani. Per i greci la pratica delle virtù aveva come obbiettivo la felicità. Il filosofo Aristotele scrive il suo più importante trattato di etica indirizzandolo al figlio Nicomaco, per istruirlo nell’arte del vivere. Perché tutti cerchiamo la felicità eppure così pochi la raggiungono? Questa è la domanda. Per rispondere ad essa Aristotele affronta il tema delle virtù, tra le quali ha uno spazio di rilievo la enkráteia, cioè la temperanza. Il termine greco significa letteralmente “potere su sé stessi”. La temperanza è un potere su sé stessi. Questa virtù è dunque la capacità di autodominio, l’arte di non farsi travolgere da passioni ribelli, di mettere ordine in quello che il Manzoni chiama il “guazzabuglio del cuore umano”.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci dice che «la temperanza è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati». «Essa – prosegue il Catechismo – assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’onestà. La persona temperante orienta al bene i propri appetiti sensibili, conserva una sana discrezione, e non segue il proprio istinto e la propria forza assecondando i desideri del proprio cuore» (n. 1809).

Dunque, la temperanza, come dice la parola italiana, è la virtù della giusta misura. In ogni situazione, si comporta con saggezza, perché le persone che agiscono mosse sempre dall’impeto o dall’esuberanza alla fine sono inaffidabili. Le persone senza temperanza sono sempre inaffidabili. In un mondo dove tanta gente si vanta di dire quello che pensa, la persona temperante preferisce invece pensare quello che dice. Capite la differenza? Non dire quello che mi viene in mente, così… No, pensare a quello che devo dire. Non fa promesse a vanvera, ma assume impegni nella misura in cui li può soddisfare.

Anche con i piaceri, la persona temperante agisce con giudizio. Il libero corso delle pulsioni e la totale licenza accordata ai piaceri, finiscono per ritorcersi contro noi stessi, facendoci precipitare in uno stato di noia. Quanta gente che ha voluto provare tutto con voracità si è ritrovata a perdere il gusto di ogni cosa! Meglio allora cercare la giusta misura: ad esempio, per apprezzare un buon vino, assaporarlo a piccoli sorsi è meglio che ingurgitarlo tutto d’un fiato. Tutti sappiamo questo.

La persona temperante sa pesare e dosare bene le parole. Pensa a quello che dice. Non permette che un momento di rabbia rovini relazioni e amicizie che poi solo con fatica potranno essere ricostruite. Specialmente nella vita famigliare, dove le inibizioni si abbassano, tutti corriamo il rischio di non tenere a freno tensioni, irritazioni, arrabbiature. C’è un tempo per parlare e un tempo per tacere, ma entrambi richiedono la giusta misura. E questo vale per tante cose, ad esempio lo stare con gli altri e lo stare da soli.

Se la persona temperante sa controllare la propria irascibilità, non per questo la vedremo perennemente con il volto pacifico e sorridente. Infatti, qualche volta è necessario indignarsi, ma sempre nella giusta maniera. Queste sono le parole: la giusta misura, la giusta maniera. Una parola di rimprovero a volte è più salutare rispetto a un silenzio acido e rancoroso. Il temperante sa che nulla è più scomodo del correggere un altro, ma sa anche che è necessario: altrimenti si offrirebbe libero campo al male. In certi casi, il temperante riesce a tenere insieme gli estremi: afferma i principi assoluti, rivendica i valori non negoziabili, ma sa anche comprendere le persone e dimostra empatia per esse. Dimostra empatia.

Il dono del temperante è dunque l’equilibrio, qualità tanto preziosa quanto rara. Tutto, infatti, nel nostro mondo spinge all’eccesso. Invece la temperanza si sposa bene con atteggiamenti evangelici quali la piccolezza, la discrezione, il nascondimento, la mitezza. Chi è temperante apprezza la stima degli altri, ma non ne fa l’unico criterio di ogni azione e di ogni parola. È sensibile, sa piangere e non se ne vergogna, ma non si piange addosso. Sconfitto, si rialza; vincitore, è capace di tornare alla vita nascosta di sempre. Non cerca gli applausi, ma sa di avere bisogno degli altri.

Fratelli e sorelle, non è vero che la temperanza rende grigi e privi di gioie. Anzi, fa gustare meglio i beni della vita: lo stare insieme a tavola, la tenerezza di certe amicizie, la confidenza con le persone sagge, lo stupore per le bellezze del creato. La felicità con la temperanza è letizia che fiorisce nel cuore di chi riconosce e dà valore a ciò che più conta nella vita. Preghiamo il Signore perché ci dia questo dono: il dono della maturità, della maturità dell’età, della maturità affettiva, della maturità sociale. Il dono della temperanza.

Papa Francesco